A Larderello il punto sulle criticità da superare per lo sviluppo della geotermia in Italia
Le risorse geotermiche teoricamente accessibili entro i 5 Km di profondità sarebbero sufficienti a soddisfare il quintuplo dell’intero fabbisogno energetico nazionale, eppure la costruzione di nuovi impianti è ferma da un decennio
[18 Ottobre 2022]
Nel Comune toscano di Pomarance, e più precisamente a Larderello – dove le tecnologie geotermiche sono nate per la prima volta al mondo oltre due secoli fa – si è svolto nei giorni scorsi il workshop tecnico di due giorni The geothermal icon – organizzato dall’International geothermal association (Iga) in collaborazione con Enel green power (Egp) –, per accelerare a livello internazionale lo sviluppo sostenibile legato al calore rinnovabile della Terra.
La geotermia è una fonte rinnovabile da sempre presente nel sottosuolo italiano, e in particolare lungo tutta l’area peritirrenica, dove corpi magmatici relativamente poco profondi (4-6 Km) rappresentano una preziosa sorgente di energia cui attingere per produrre elettricità e calore.
Non a caso i campi geotermici dove sono attive delle centrali toscane sono localizzati vicino ad antichi sistemi vulcanici, caratterizzati da forte degassamento naturale di CO2, come evidenziato nel corso del workshop dalla ricercatrice Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) Monia Procesi.
Ecco anche perché la CO2 rilasciata (non prodotta) dalle centrali geotermiche rientra nel naturale ciclo del carbonio, senza gravare ulteriormente sulla crisi climatica.
L’impiego della geotermia per produrre energia rinnovabili è anzi un importante strumento da poter agire a tutela del clima così come della sostenibilità dello sviluppo nazionale. Il problema è che il comparto è sostanzialmente fermo.
«A Larderello la geotermia è stata impiegata per la prima volta per produrre energia elettrica, e il know-how che è nato qui – ha ricordato la sindaca di Pomarance, Ilaria Bacci – è stato poi esportato in tutto il mondo, permettendo di sviluppare una risorsa rinnovabile che può sicuramente essere una risposta per la transizione ecologica e lo sviluppo sostenibile, in Italia come altrove. Nel nostro Paese però la geotermia ad alta entalpia sta attraversando una fase piuttosto critica: nel 2024 scadono le concessioni geotermiche e ad oggi non sappiamo ancora cosa succederà, se ci sarà una proroga o una gara. Credo che la regolamentazione di settore vada ripensata per consentire uno sviluppo della geotermia: ora è il nostro turno di guardare al mondo per vedere come altrove viene normato il comparto. L’auspicio è che si possa trovare negli studi scientifici e nelle competenze riunite oggi a Larderello uno spunto per rispondere alla maggiore criticità oggi presente in Italia per la geotermia, la regolamentazione».
I dati portati alla luce dalle istituzioni scientifiche che si sono alternate sul palco del workshop mostrano che vale la pena percorrere questa strada.
Anche Manzella (Cnr) ha evidenziato come restino da rimuovere molti colli di bottiglia che frenano lo sviluppo della geotermia in Italia: procedure autorizzative complicate ed inefficienti, scarsità di fondi pubblici su ricerca e innovazione, scarsa consapevolezza delle tecnologie geotermiche – nonostante l’informazione in merito sui media sia in crescita – governance inefficace.
Eppure c’è un potenziale enorme da poter sviluppare per la geotermia italiana, nel breve come nel medio e lungo termine.
Dal teleriscaldamento geotermico potrebbero arrivare almeno 10 TWh di energia da destinare alla climatizzazione degli edifici, risparmiando 1 miliardo di Sm3 di gas fossile; al contempo, installando 100mila pompe di calore di geotermiche (circa l’8% di tutte le pompe di calore installate annualmente lungo lo Stivale) potremmo risparmiare altri 65 milioni di Sm3 di gas.
Sul fronte elettrico, invece, l’Unione geotermica italiana (Ugi) stima la concreta possibilità di installare centrali geotermiche per 240 MW entro il 2030 e altri 120 MW al 2035, ma le potenzialità offerte dalla risorsa sono ben più ampie: attingendo alle tecnologie attuali l’Rse parla di 40 TWh/a, che salgono a 170 TWh/a (stima Geolec) guardando alle tecnologie in fase di sviluppo. Più in generale, l’Ugi stima che le risorse geotermiche teoricamente accessibili entro i 5 Km di profondità sarebbero sufficienti a soddisfare il quintuplo dell’intero fabbisogno energetico italiano in termini di elettricità e calore. Con tutto ciò che questo comporta in termini di sicurezza energetica, bassa dipendenza dall’estero e lotta contro la crisi climatica.
Come argomentato direttamente dal presidente Ugi, Bruno Della Vedova, la produzione combinata di elettricità e calore resa possibile dalla geotermia conduce inoltre ad una maggiore efficienza, risparmi energetici e dunque minori impatti ambientali; senza contare che la produzione costante delle centrali geotermoelettriche – non influenzata da condizioni meteo, come accade ad eolico o fotovoltaico – assicura una fornitura di elettricità rinnovabile continua, contribuendo alla stabilità e affidabilità dell’intera rete.
Ad oggi la produzione di elettricità da geotermia in Italia si limita alla Toscana, dove si producono circa 5,6 GWh/a, quanto basta per coprire oltre il 30% della domanda regionale. Ma la geotermia è in grado di garantire un contributo importante anche al resto del Paese: installare i 360 MW di nuovi impianti pronti a partire significherebbe coprire il 3% circa dell’obiettivo nazionale richiesto all’Italia per rispettare i target europei Fit for 55 sulla decarbonizzazione.
Per raggiungere questi obiettivi la prima cosa da fare è però quella di rompere il muro dell’immobilismo: nessuna nuova centrale è stata realizzata in Italia negli ultimi 8 anni, dopo Bagnore 4.