Presentati oggi a Roma i rapporti 2019 e 2020
Accordo Anci-Conai, il punto su performance e costi della raccolta differenziata in Italia
Resta la necessità di «ridurre il grave problema legato alla carenza impiantistica per il trattamento dei rifiuti»
[4 Maggio 2021]
I rapporti 2019 e 2020 sulla banca dati Anci-Conai sono stati presentati oggi nella sede dell’Anci a Roma, e mostrano come la raccolta differenziata in Italia non sia ancora arrivata all’obiettivo fissato per legge al 2012: quasi dieci anni fa avrebbe dovuto raggiungere il 65%, ma l’ultimo dato censito (2019) arriva a 61,69% sebbene in crescita del +3,5% sull’anno precedente.
Il vero obiettivo però è quello del riciclo effettivo e non della semplice raccolta, come ribadito dal recepimento delle ultime direttive Ue sull’economia circolare, e qui il gap si amplia ulteriormente.
Ma andiamo con ordine: i dati presentati fanno riferimento agli ultimi anni del periodo di vigenza dell’Accordo quadro Anci-Conai 2014-2019 – coi relativi consorzi di filiera Cial, Comieco, Corepla, Coreve, Ricrea e Rilegno – e sono dunque particolarmente utili per fare il punto della situazione.
Dai report emerge in primis come la diffusione dell’accordo Anci-Conai sia sempre più capillare: i Comuni coperti da almeno una convenzione sono stati 7.847 nel 2019, pari al 99,15% del totale, e sempre nel 2019 sono in crescita anche «le quantità gestite dai Consorzi di filiera che sfiorano i 6,4 milioni di tonnellate di materiali, con un aumento di oltre il 18% sul 2018». Un dato peraltro in crescita anche nel 2020: i primi dati a disposizione rivelano che i Comuni hanno conferito ai Consorzi circa 6,7 milioni di tonnellate di rifiuti di imballaggio e frazioni merceologiche similari.
I protagonisti assoluti qui sono infatti gli imballaggi, una frazione del tutto minoritaria dei rifiuti che generiamo (l’8% sul totale, contando anche gli speciali) ma in assoluto la più visibile. Anche perché raccoglierli in modo differenziato permette di avviarli a riciclo per recuperare preziose materie prime seconde, ma è un’operazione che ha un costo economico rilevante che pesa sulle tasche dei Comuni (e dunque dei cittadini).
Quanto? Di preciso non è dato sapere. I rapporti presentati oggi fotografano un aumento dei corrispettivi riconosciuti convenzionati dai Consorzi di filiera: «Nel 2019 sono stati in tutto oltre 601 milioni di euro, con un incremento del 15,49% rispetto al 2018. Oltre il 61% del totale degli importi è stato riconosciuto per le raccolte della plastica, mentre la filiera che registra il maggiore incremento dei corrispettivi fatturati rispetto all’anno precedente è quella della carta».
Il problema però è che l’Accordo Anci-Conai regola proprio l’entità dei corrispettivi da riconoscere ai Comuni convenzionati (o ai soggetti da questi delegati) a fronte dei “maggiori oneri” sostenuti per l’effettuazione della raccolta differenziata dei rifiuti da imballaggio, ma per questi “maggiori oneri” non c’è mai stata una definizione univoca. Il Ref ricerche stima che possano arrivare a 1 miliardo di euro l’anno, e dato che entro la fine del 2024 – secondo quanto stabilito nel recepimento delle direttive Ue sopra richiamate – il contributo Conai dovrà coprire il 100% dei costi efficienti di raccolta, trasporto, trattamento, informazione e comunicazione, quei 600 milioni di euro dovranno presumibilmente quasi raddoppiare.
Da qui alla fine del 2024, a regolare i rapporti Anci-Conai c’è però già l’Accordo sottoscritto nel gennaio 2020. «Come Associazione abbiamo garantito il rispetto delle condizioni previste dall’Accordo Quadro Anci Conai appena concluso, e faremo lo stesso per il nuovo Accordo 2020-2024, firmato lo scorso anno – dichiara Enzo Bianco, presidente del Consiglio nazionale Anci – Tuttavia per perseguire i benefici dell’economia circolare serve uno sforzo congiunto visto che dai rapporti emerge a livello nazionale, la convivenza di due macroaree: Nord e Centro-Sud. La prima continua ad avere ottimi livelli di raccolta sia quantitativa che qualitativa, il Centro ha fatto passi avanti mentre il Sud sconta carenze e ritardi. Colmare il gap non è solo possibile ma necessario al sistema Paese: auspichiamo che il Pnrr con le sue risorse, su questa misura 52,7 miliardi di euro, contribuisca a colmare il divario. Con questi interventi si potrà recuperare il gap di impianti che aggrava la distanza tra le due macroaree».
In realtà nel Pnrr la voce “realizzazione di nuovi impianti di gestione rifiuti e ammodernamento di impianti esistenti” prevede investimenti da 1,5 miliardi di euro contro 10 stimati come necessari, ed è dunque naturale che le speranze maggiori si concentrino sulle annunciate riforme di semplificazione nel permitting degli impianti e in una puntuale programmazione della dotazione impiantistica necessaria a sostenere davvero l’economia circolare del Paese.
«Ridurre il grave problema legato alla carenza impiantistica per il trattamento dei rifiuti» è non a caso tra le principali esigenze sottolineate nei rapporti presentato oggi a Roma, contando però che non si tratta dell’unica criticità aperta: «Molto deriverà dalla concreta attuazione del Green public procurement e dai nuovi provvedimenti sull’End of Waste, parti integranti delle recenti normative di recepimento delle principali direttive europee sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, che si ripercuotono significativamente sul sistema del riciclo sia in termini di competenze e responsabilità, sia in termini di organizzazione e gestione del sistema integrato dei rifiuti».