Confindustria, in Toscana aumenta l’ecotassa ma mancano gli impianti per gestire i rifiuti

Positivo rendere più costoso lo smaltimento in discarica, ma senza una filiera integrata che operi secondo logica di sostenibilità e prossimità a rimetterci è il territorio

[28 Gennaio 2019]

Se la legge di Bilancio 2017 varata a livello nazionale aveva bloccato per due anni gli incrementi dell’ecotassa – ovvero il tributo speciale per i conferimenti in discarica – la manovra del governo giallo-verde ha rinunciato a questo vincolo e in Toscana si prospettano adesso degli aumenti: ecco dunque che dalle imprese socie di Confindustria Toscana nord si levano «sconcerto e incredulità» di fronte «alle comunicazioni delle discariche che avvisano dell’aggravio», anche e soprattutto perché di impianti alternativi non ne trovano.

Come ricordano da Confindustria, l’ecotassa nasce nel 1995 gravando i conferimenti in discarica «per incoraggiare la minore produzione di rifiuti e per favorire altre modalità di smaltimento, meno impattanti dal punto di vista ambientale e orientate al recupero di materia ed energetico». Un obiettivo virtuoso dunque, per perseguire il quale occorrono però i necessari impianti industriali sul territorio per coprire la corretta gerarchia nella gestione dei rifiuti: dopo prevenzione e riuso ci sono – nell’ordine – recupero di materia, recupero di energia e smaltimento finale in discarica. Da tempo però le imprese del territorio lamentano – come già la scorsa estate – una grave carenza impiantistica, che non permette di gestire i rifiuti secondo logica di sostenibilità e prossimità, insieme ad ampi ritardi normativi (come sul fronte dell’end of waste) da parte del Governo nazionale.

Da Confindustria Toscana nord sottolineano infatti che da una parte sono «sempre rimasti a metà strada i provvedimenti per disciplinare il riutilizzo degli scarti industriali e quindi per trarne dei sottoprodotti o materie prime secondarie (limitando quindi la quota di materiali da smaltire)», e dall’altra «che non tutte le regioni abbiano avuto politiche di investimento in impianti di smaltimento, soprattutto diversi dalle discariche, primi fra tutti i termovalorizzatori che scarseggiano in tutto il territorio nazionale e sono pressoché assenti su quello toscano». Nei fatti, i termovalorizzatori ad oggi attivi sul territorio sono quattro (nel 2012 erano il doppio), ovvero Montale, Livorno, Arezzo e Poggibonsi, con i primi due che le rispettive amministrazioni comunali hanno dichiarato di voler chiudere in pochi anni.

Ma il problema non è legato alla mancanza di singoli impianti in sé, quanto piuttosto a una rete impiantisca che si presenta come insufficiente: «I termovalorizzatori in Toscana quasi non ci sono; le discariche sono largamente insufficienti e autorizzate a recepire solo alcune tipologie di rifiuti industriali e non altri; si dilatano i tempi per la definizione di modalità univoche per gestire la questione sottoprodotti e quindi ridurre la quantità di rifiuti».

Un deficit il nuovo Piano regionale rifiuti e bonifiche dovrà spiegare come colmare. Nel mentre però i rifiuti continuano ad essere prodotti da cittadini e imprese, e senza sapere dove smaltirli (legalmente) la sofferenza del territorio aumenta, anche dal punto di vista economico: «L’ecotassa – concludono da Confindustria Toscana nord – si applica a tutti i rifiuti solidi e ai fanghi cosiddetti palabili, conferiti in discarica e agli impianti di incenerimento senza recupero di energia; l’impatto è diversificato a seconda della tipologia di rifiuto, con casi di aumenti che possono raggiungere il 45%. Gli effetti si sentiranno anche sulla Tari sia delle imprese che dei cittadini stessi, visto che l’ecotassa grava anche sui rifiuti urbani e non solo sugli speciali».