Stop alla retorica isolazionista, mentre continua quella rifiuti zero
Dopo quasi vent’anni Capannori farà l’impianto per i rifiuti organici… a Livorno
Un biodigestore da 60mila tonnellate/anno alla base del “nuovo e realistico piano industriale di Aamps”. In attesa di conoscere quello di RetiAmbiente, per una logica d’area vasta
[7 Luglio 2020]
Dopo i rifiuti urbani non avviabili al riciclo e diretti al termovalorizzatore, arriveranno da Capannori a Livorno anche i rifiuti organici, con l’obiettivo però di sostenere quella che sulla carta si presenta come una vera operazione di economia circolare: dare continuità ad Aamps con i relativi posti di lavoro, fare investimenti e gestire sul territorio rifiuti altrimenti destinati all’export. Ma con quale progetto di dettaglio e con quale coordinamento (almeno) a livello di Ato Toscana Costa ancora una volta non è dato sapere.
Prima infatti è arrivato l’annuncio: le due città sarebbero pronte “a sottoscrivere un importante e storico accordo per la progettazione e la realizzazione di un nuovo impianto per il trattamento dei rifiuti organici, al servizio dei cittadini dei rispettivi territori”.
Ovviamente greenreport non può che essere d’accordo con la realizzazione di un impianto di questo tipo, in quanto essenziale per un’economia che voglia dirsi veramente circolare.
Sul piano comunicativo (che poi diventa politica e quindi decisione per il bene della polis) c’è, però, molto da dire. Innanzitutto un po’ di storia: Capannori ha (aveva) in testa di costruire un impianto per gestire l’organico da quasi vent’anni e chi ha seguito come noi le vicende sa bene delle infinite diatribe locali legate soprattutto alla localizzazione che portò anche a uno scontro istituzionale nel 2011 tra Comune e Provincia.
Fin dai tempi del sindaco Del Ghingaro e della genesi di Rifiuti Zero si è sempre detto della necessità di un impianto come questo nel territorio di Capannori/Lucca per tutta una serie di ritenuti buoni motivi, a partire dal trasporto dei rifiuti in altre città ritenuto costoso e inquinante. Ma mai è stato realizzato alcunché. Per 20 anni quindi Capannori ha portato in giro i suoi rifiuti organici.
Ricordiamo ancora che il trattamento dei rifiuti organici è ambientalmente importantissimo, ma quando vai a portare questa frazione in un impianto di gestione paghi, non riscuoti, come ci spiegò anni fa anche Franco Borchi, direttore di Ato Costa e come conferma oggi il sindaco di Capannori Menesini: «A Capannori chiudiamo la questione dello smaltimento dei rifiuti organici che è molto costosa, riuscendo a conferirli a prezzi agevolati a Livorno. Accanto a questo, Capannori è pronto a nuove sfide perché la Toscana sia sempre più rifiuti zero e modello di gestione in questo ambito». I guadagni sono dunque per i territori che gestiscono, non solo per quelli che si limitano a fare la raccolta differenziata; anche attraverso la produzione di biogas, energia rinnovabile che si ottiene sempre dagli scarti organici tramite moderni biodigestori. Altro che rifiuti zero.
Ma come è ovvio, e dovrebbero ricordarselo tutti gli attori quando parlano molto di raccolta differenziata e poco di impianti al servizio della gestione integrata dei rifiuti, non si può fare un’operazione di questo tipo – un impianto simile a quello pensato a Livorno significa investimenti nell’ordine delle decine di milioni di euro – con i soli rifiuti della città che li produce. Una retorica autarchica ancora molto diffusa, che richiama nei fatti però la logica dei decenni scorsi, quelle delle micro e insostenibili discariche per ogni Comune. Per questo oggi occorre una visione integrata e garanzie sui flussi di rifiuti da gestire, altro che sterili polemiche sull’arrivo di rifiuti “da fuori”.
«Superando la logica isolazionista che aveva contraddistinto la precedente amministrazione – spiega Gianfranco Simoncini, assessore alle Società partecipate del Comune di Livorno – siamo riusciti a raggiungere un accordo con il Comune di Capannori che ci permetterà di realizzare un impianto nell’area dell’ex discarica a Vallin dell’Aquila che, nei volumi, sta già nella pianificazione territoriale e darà una risposta alla chiusura dell’inceneritore, rappresentando la base del nuovo e realistico piano industriale di Aamps. Inoltre il lavoro che stiamo portando avanti per uscire anticipatamente dal concordato ci permetterà di rendere bancabile l’investimento».
A Livorno si parla di un impianto che “avrà una capacità di trattamento di 60.000 tonnellate/anno avvalendosi delle migliori tecnologie per la realizzazione di compost di qualità e bio-metano”. Bene, Livorno come Comune produce 12.918,45 tonnellate di rifiuti organici (dati certificati Arrr, 2018) e la provincia invece 23.024,62 ton (Arrr 2018), invece a Capannori 4.470,34 ton/anno e la Provincia di Lucca invece 40.937,22 ton/anno.
«Questa operazione – aggiunge Giovanna Cepparello, assessora all’Ambiente del Comune di Livorno – rappresenta una svolta green per il futuro di Aamps e, quindi, anche per i cittadini livornesi. Il nuovo impianto farà di Aamps un’azienda modello dell’economia circolare, garantendole un ruolo da protagonista nella gestione complessiva dei rifiuti a livello regionale. In vista dello spegnimento dell’inceneritore del Picchianti saremo quindi pronti con valide soluzioni alternative sia sul piano prettamente ambientale sia su quello della riduzione dei costi di gestione aziendali. Invece di spendere due milioni di euro ogni anno per mandare l’organico nel nord Italia, sull’organico costruiremo il futuro dell’azienda».
E in tutto questo Capannori che fa? Ascit (società affidataria del servizio pubblico di raccolta e smaltimento dei rifiuti per il Comune di Capannori) metterà “a disposizione di Aamps l’esperienza maturata nell’applicazione di sistemi di tariffazione puntuale, nell’ottica di favorirne la progressiva introduzione anche a favore dei cittadini livornesi”. Sarà Livorno però, evidentemente, ad insegnare a Capannori come i rifiuti raccolti poi si gestiscono.
Viene scritto poi nel comunicato che “il Comune di Capannori, rinunciando alla realizzazione di tale impianto nella sua area di competenza, potrà conferire i rifiuti nel nuovo impianto, avvalendosi per lo smaltimento di tariffe agevolate”. E qui qualche riflessione, comunicativa, dovrebbe essere fatta: la rinuncia sembra un favore a Livorno, quando, dopo anni di retorica “Rifiuti zero” senza riuscire a realizzare un impianto simile a km zero, la soluzione arriva in una logica d’area più vasta.
Rimane però ancora da capire con quale organicità. Vale la pena ricordare peraltro che è previsto un biodigestore a Rosignano Marittimo da 90mila tonnellate, mentre quello di Geofor in grado di trattare 44mila ton/anno di Forsu è in dirittura d’arrivo. Il Comune di Livorno spiega che quella con Capannori “è un’operazione avallata proprio quest’oggi dalle rispettive Giunte, dall’alto valore strategico industriale-ambientale, in linea con quanto già sancito dall’Ato Toscana Costa per la definizione del servizio nel suo complesso, e con la redazione del piano industriale di RetiAmbiente in fase di ultimazione”. Forse prima di annunciare l’accordo sarebbe stato dunque opportuno renderli noti, i contenuti del piano.
Dunque, rimettendo in fila le cose: i rifiuti anche una volta raccolti in modo differenziato non si azzerano assolutamente e vanno gestiti. La gestione dell’organico, che a Livorno raccogliamo faticosamente – e giustamente – ogni giorno in casa, fino ad oggi è costata 2 milioni di euro all’anno solo in termini di export perché di impianti adeguati sul territorio ancora non ce ne sono. Da qui l’idea che costruendone uno a Livorno, invece, si possa far soldi e contemporaneamente chiudere l’inceneritore.
Quindi messa così sembrerebbe che l’inceneritore lo chiudi grazie al nuovo impianto, ma come è noto i rifiuti che oggi vengono inceneriti non sono quelli che verranno gestiti in un impianto per l’organico: forse se ne occuperà il nuovo gassificatore previsto nella raffineria Eni, ma anche in questo caso ad oggi c’è solo un grande punto interrogativo.