Eurobarometro, l’89% degli italiani vuole investimenti «massicci» sulle energie rinnovabili
Birol: «Questa crisi è un chiaro promemoria dell'insostenibilità dell'attuale sistema energetico, dominato dai combustibili fossili»
[7 Settembre 2022]
Secondo l’indagine Eurobarometro standard dell’estate 2022, i cui risultati sono stati diffusi ieri dalla Commissione europea, la crisi energetica che sta attraversando tutto il Vecchio continente sta consolidando la posizione favorevole dei cittadini verso le energie rinnovabili.
La stragrande maggioranza degli europei concorda infatti sul fatto che l’Ue dovrebbe investire massicciamente nelle energie rinnovabili (87%), ridurre la sua dipendenza dalle fonti energetiche russe (86%) e che nei paesi dell’Ue si dovrebbe completare rapidamente lo stoccaggio di gas, per consentire la disponibilità ininterrotta di gas durante l’inverno (86%).
Inoltre, l’85% ritiene che l’aumento dell’efficienza energetica ci renderà meno dipendenti dai produttori di energia esterni all’Ue, mentre l’83% si dichiara favorevole a che gli Stati membri dell’Ue facciano acquisti congiunti di energia da altri Paesi per ottenere un prezzo migliore.
Il 78% degli intervistati afferma infine di aver recentemente preso misure per ridurre il proprio consumo di energia, o di avere intenzione di farlo nel prossimo futuro.
Si tratta di un sentiment popolare, ma in questo caso ben allineato al parere maturato anche dagli esperti, come mostra da ultimo la posizione espressa nei giorni scorsi da Fatih Birol – il direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) – sul Financial Times.
Birol ha sottolineato come l’idea che la crisi energetica in corso sia dovuta alle fonti rinnovabili sia «assurda» nei migliori dei casi, se non tendenziosa: «Quando le persone incolpano in modo fuorviante l’energia pulita e le politiche climatiche per l’odierna crisi energetica stanno, intenzionalmente o meno, allontanando i riflettori dai veri colpevoli: la crisi della fornitura di gas e la Russia».
Anzi, la crisi che stiamo attraversando ha ancora la possibilità di essere affrontata in modo da accelerare, e non frenare, la lotta contro la contemporanea crisi climatica.
«Questa crisi è un chiaro promemoria dell’insostenibilità dell’attuale sistema energetico, dominato dai combustibili fossili. Abbiamo la possibilità di compiere uno storico punto di svolta verso un sistema energetico più pulito, più conveniente e più sicuro. E questo sta già accadendo. Con il suo piano RePowerEu, l’Ue sta aumentando i suoi obiettivi in materia di energie rinnovabili ed efficienza energetica, e investendo risorse significative per raggiungerli», ha spiegato nel merito Birol.
In questo contesto, apparentemente l’Italia sembra ben posizionata per accogliere il vento del cambiamento. Come mostrano i dati raccolti nell’Eurobarometro, tra i cittadini italiani l’approvazione verso investimenti massicci sulle energie rinnovabili cresce ulteriormente rispetto alla media Ue, arrivando all’89%. Un livello lontano dalle vette raggiunte in altri due Paesi mediterranei come Malta (97%) e Cipro (96%) o alla scandinava Danimarca (95%), ma comunque di rilievo.
I problemi nascono però quando arriva il momento di passare dai sondaggi alla messa a terra degli investimenti, dato che le fonti rinnovabili stanno proseguendo a passo di lumaca: nei primi 4 mesi del 2022 sono stati installati 0,64 GW in Italia, mentre per seguire la tabella di marcia RePowerEu ne servirebbero circa 10 l’anno.
La complessità burocratica frena i progressi sul campo, ma ad alimentarla è un retroterra culturale che affonda le radici nelle sindromi Nimby&Nimto contro le rinnovabili, diffuse ovunque lungo lo Stivale. In teoria agli italiani le rinnovabili piacciono, ma solo una minoranza auto-dichiara di conoscerle davvero (il 9% secondo l’ultimo sondaggio Ipsos per Legambiente), e ciò che non si conosce fa paura.
Per provare ad andare oltre i sondaggi, installando davvero i nuovi impianti rinnovabili che servono, è dunque indispensabile promuovere un’informazione di qualità in materia, oltre a massimizzare la partecipazione delle comunità locali ai processi decisionali (ad esempio tramite dibattito pubblico) e – soprattutto – le ricadute socio-economiche dirette sui territori interessati (compensazioni ambientali, comunità energetiche, crowdfunding, accordi di acquisto a lungo termine dell’energia – Ppa, etc).