Rinnovabili, queste sconosciute: solo il 6% degli italiani le conosce davvero
Ferrante: «Un quarto dei cittadini ritiene non ci sia la possibilità di sostituire davvero in un orizzonte temporale plausibile i fossili, c’è ancora molto lavoro da fare per convincere»
[3 Dicembre 2020]
Come già emerso anche sul fronte dell’economia circolare, la scarsa conoscenza da parte dei cittadini italiani rappresenta un importante elemento di freno per lo sviluppo delle fonti rinnovabili nel nostro Paese, come mostra il sondaggio Gli italiani e l’energia che Ipsos ha condotto per Legambiente e presentato oggi nel corso del Forum QualEnergia.
Per essere più precisi a difettare non è una superficiale familiarità col tema – che viene ormai dichiarata da oltre la metà degli intervistati – ma una dimestichezza più radicata, il che sposta il livello del dibattito su un terreno assai più scivolosa. L’illusione della conoscenza può essere più pericolosa dell’ignoranza, contribuendo ad alimentare il circolo vizioso di sindromi Nimby e Nimto che rappresentano uno dei principali ostacoli all’installazione di nuovi impianti alimentati da fonti rinnovabili.
Secondo le rilevazioni messe in fila dall’Ipsos, infatti, mostra che la maggioranza degli italiani (55%) ha familiarità con il tema delle energie rinnovabili (un dato che sale al 68% tra i laureati); il 49% dichiara di conoscerle abbastanza, il 37% poco, il 6% per nulla, il 2% non ne ha mai sentito parlare. Di riflesso anche la conoscenza declinata tra le varie fonti rinnovabili mostra di muoversi per stereotipi: solo quella solare, ovvero la fonte rinnovabile universalmente più nota, viene ritenuta anche la più adatta alla produzione di energia su vasta scala e con minor impatto su ambiente e società (è questa la prima citazione nel 51% del campione intervistato), staccando di gran lunga biomasse (12%), eolico a terra (10%), idroelettrico (9%), geotermia (7%), eolico offshore (6%) ed energie marine (5%).
Solo il 6% dei 1000 italiani intervistati dichiara di avere un livello di conoscenza elevato in fatto di energie rinnovabili. Un’ammissione che lascia spazio alla speranza: rovesciando il concetto significa che il 94% degli intervistati riconosce che le sue competenze in materia non sono così solide, e sta in primis agli operatori dell’informazione e della comunicazione impegnarsi per provare a colmare queste lacune. L’obiettivo naturalmente non può essere quello di trasformare 60 milioni di italiani in tecnici specializzati, ma di mettere a disposizione le competenze adeguate per poter partecipare attivamente e in maniera informata al dibattito, pubblico e politico, sulla transizione ecologica che siamo tutti chiamati a compiere.
I progressi compiuti negli ultimi anni sul fronte dei cambiamenti climatici incoraggiano a provarci. Ad oggi circa 4 italiani su 5 (l’84% degli intervistati, contro il 77% registrato a livello globale) si dicono “pienamente d’accordo” sul fatto che l’attività umana contribuisca al cambiamento climatico. Sul da farsi la frattura rimane però ancora ampia: per oltre un italiano su tre (il 36% degli intervistati) il settore energetico potrebbe essere quello trainante nella transizione verso uno sviluppo sostenibile, al contempo più di un cittadino su quattro (il 26%) teme che la transizione energetica non avrà mai luogo. Tra gli ottimisti che fissano invece un orizzonte temporale per l’abbandono delle fossili (il 71% degli intervistati), la maggior parte (il 57%) ritiene che questo avverrà entro il 2050.
«Il sondaggio – commenta Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club – conferma che in questi anni si sono fatti grandissimi passi avanti nella consapevolezza dei cittadini italiani sia sulla gravità e le responsabilità della crisi climatica sia sul ruolo che la transizione energetica, con la rivoluzione delle rinnovabili e in particolare del fotovoltaico, può avere per cambiare strada e creare nuove opportunità di nuova economia e di lavoro. Un risultato ottenuto grazie anche all’Europa, più marcato proprio con il lancio di Next Generation Eu in seguito alla crisi pandemica. Ma c’è ancora molto lavoro da fare per convincere che si tratta di un obiettivo perseguibile e realistico e vincere la diffidenza di chi ritiene (almeno un quarto dei cittadini secondo il sondaggio) che invece non ci sia la possibilità di sostituire davvero in un orizzonte temporale plausibile i fossili».