Il divieto del Governo mette a rischio decarbonizzazione e sicurezza energetica del Paese
Fotovoltaico, ecco quanti sono davvero i terreni agricoli italiani occupati dai pannelli
Ad oggi si tratta dello 0,13%, e per raggiungere gli obiettivi al 2030 non si supererebbe lo 0,5-1%
[9 Maggio 2024]
Su quasi 12,8 milioni di ettari disponibili, in Italia la percentuale di terreni agricoli dove è ad oggi presente il fotovoltaico si ferma allo 0,13%, ovvero circa 16mila ettari.
A livello regionale, secondo i dati Gse, la superficie agricola che ospita pannelli è compresa tra lo 0,1% e lo 0,2% del totale: 0,17% in Abruzzo, 0,13% in Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Piemonte, 0,12% in Sicilia e Basilicata, 0,11% in Molise e Umbria, 0,10% in Veneto, 0,07% in Campania e 0,05% in Lombardia.
Eppure il Governo Meloni ha approvato il decreto legge Disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale – ribattezzato decreto Agricoltura –, che vieta l’installazione di nuovi pannelli fotovoltaici a terra sui terreni agricoli.
Sono fatti salvi gli impianti finanziati dal Pnrr, quelli relativi a progetti di agrivoltaico e quelli da realizzare in cave, miniere, aree in concessione a Ferrovie dello Stato e ai concessionari aeroportuali, aree di rispetto della fascia autostradale, aree interne ad impianti industriali.
In particolare, per quanto riguarda l’agrivoltaico sono permessi gli impianti fotovoltaici sollevati almeno due metri da terra. Una soluzione che incide non poco sotto il profilo dei costi, nonostante gli incentivi previsti dal Pnrr.
Di per sé l’agrivoltaico rappresenta la soluzione d’elezione per promuovere la diffusione dei pannelli sui terreni agricoli, dato che produrre energia rinnovabile e coltivare sullo stesso fazzoletto di terra porta mutui benefici alle due attività.
Dal punto di vista tecnico, un recente rapporto del Joint research center (Jrc) della Commissione Ue ha già chiarito che il solo agrivoltaico sarebbe sufficiente a garantire il necessario sviluppo del fotovoltaico al 2030. Ma c’è un problema di sostenibilità economica.
«Con lo stop al fotovoltaico annunciato dal Governo sarebbero a rischio i target rinnovabili al 2030 – spiega nel merito Elettricità futura, l’associazione confindustriale che rappresenta il 70% del mercato elettrico nazionale – Potrebbe infatti innescarsi un effetto domino con rialzi dei costi di realizzazione dei nuovi impianti e un aggravamento normativo e amministrativo, oltre alla difficoltà di raggiungimento dei target. Con questa decisione si renderebbe più cara l’energia che costa meno in assoluto, quella prodotta dal fotovoltaico a terra. L’elettricità prodotta con gli impianti fotovoltaici utility scale, infatti, costa un terzo dell’elettricità generata dagli impianti fotovoltaici residenziali sui tetti.
Questo finirebbe col danneggiare anche le imprese energivore, perché servono i grandi impianti rinnovabili per stipulare contratti di lungo periodo».
Per questo i contenuti del decreto Agricoltura sono «in contrasto con l’impegno di triplicare le rinnovabili al 2030 assunto dal Governo al G7 appena lo scorso 30 aprile. Oggi in Italia abbiamo 66 GW di rinnovabili installate. Triplicarle, significa 66 per 3 = 198 GW installati entro 7 anni».
Per raggiungere il target al 2030 del RePowerEu (installare nuovi 84 GW di rinnovabili) servirebbe «solo lo 0,5% dei terreni agricoli e, ovviamente, si installerebbero gli impianti nei terreni agricoli non di pregio – evidenziano da Elettricità futura – Per raggiungere il target sottoscritto dall’Italia al G7 di triplicare le rinnovabili (installare nuovi 140 GW) servirebbe meno dell’1% dei terreni agricoli, sempre evitando le aree agricole di pregio».
Per questo non solo gli industriali ma anche le principali associazioni ambientaliste nazionali, come Legambiente, hanno condannato apertamente il decreto Agricoltura approvato dal Governo, sostenendo da tempo la piena compatibilità (anche sotto il profilo paesaggistico) di rinnovabili e agricoltura.
Che fare dunque? Autorevoli istituzioni internazionali come Iea, Bce e Bei chiedono di accelerare la transizione verso le energie rinnovabili, ovvero le fonti più economiche e sostenibili (oggi come fino al 2050). Una spinta che si traduce nella necessità di accelerare, e non frenare le nuove autorizzazioni.
«A nostro avviso gli sforzi si dovrebbero concentrare sulla stesura di un Testo unico per le autorizzazioni – provvedimento atteso da giugno 2023 – per rendere organiche le varie semplificazioni introdotte in questi anni e sulla individuazione strutturata delle aree idonee», concludono nel merito da Elettricità futura.