Fotovoltaico, sui capannoni industriali italiani c’è spazio per ospitare fino a 30 GW di pannelli

Mignanelli (Cerved): «Molte aziende potrebbero produrre energia dal fotovoltaico ma non hanno idea del loro potenziale di produzione»

[26 Giugno 2023]

Lungo lo Stivale ci sono 300 kmq di tetti, sopra stabilimenti e capannoni industriali, idonei a ospitare fino a 30 GW di nuovi impianti fotovoltaici di taglia superiore ai 200 kW. Un potenziale che, se messo a frutto, potrebbe aiutare la transizione ecologica dell’Italia come anche a contenere il caro-bollette per le imprese.

«Molte aziende potrebbero produrre energia dal fotovoltaico ma non hanno idea del loro potenziale di produzione – spiega Andrea Mignanelli, ad di Cerved, la tech-company che ha prodotto la stima – le imprese energivore, ad esempio, che in questo momento stanno sostenendo degli elevati costi di approvvigionamento, potrebbero avere grandi benefici dall’installazione di impianti propri. Allo stesso tempo, anche le banche vorrebbero intercettare questi casi e sostenerli in maniera mirata. Cerved mette a disposizione tutti i dati per sostenere tale innovazione, e grazie all’elaborazione di specifici algoritmi ha stilato una mappa delle aziende, completa di indirizzo e ragione sociale, a cui proporre finanziamenti ad hoc».

Lo sviluppo dell’autoconsumo diffuso, infatti, è un’opportunità per il settore industriale, in particolare per le Pmi, che possono partecipare alle Comunità energetiche rinnovabili (Cer), per le quali però si attende ancora che arrivi il decreto ministeriale chiamato a regolarne l’incentivazione.

«Si tratta di realizzare 5 GW di potenza entro il 2027 – continuano da Cerved – questo permetterebbe incentivi in tariffa per energia condivisa tra i 60-120 €/kWh (fino a 5 GW per 20 anni) e incentivi in conto capitale (fondo perduto Pnrr) pari a 2,2 miliardi di euro, destinati alle Comunità energetiche rinnovabili per Comuni sotto i 5 mila abitanti».

Tra i fattori che frenano la diffusione delle rinnovabili, fotovoltaico compreso, c’è la falsa contrapposizione – rifiutata ormai anche da tutte le principali associazioni ambientaliste del Paese – tra produzione di energia pulita e tutela del paesaggio.

In realtà, come ricordato nei giorni scorsi dalla principale associazione confindustriale del comparto elettrico (Elettricità futura), il Piano 2030 del settore elettrico, elaborato da Elettricità Futura in coerenza con il RePowerEu e condiviso dal Governo, prevede 85 GW di rinnovabili, di cui 58 GW di fotovoltaico, 360 miliardi di benefici economici e 540.000 nuovi posti di lavoro in Italia. 85 GW di nuove rinnovabili richiederanno solo lo 0,3% del territorio italiano per essere installati. Secondo uno studio Terna-Snam, le aree potenzialmente idonee ad ospitare gli impianti sono circa il 27% della superficie italiana. Non c’è nessuna corsa ad accaparrarsi i terreni. L’unica corsa che avrebbe senso sarebbe quella che dovrebbero fare i sindaci per sviluppare le rinnovabili nei loro Comuni, accaparrandosi, e in questo caso calza il termine, più benefici economici e occupazionali possibili. Lo sviluppo del solare porterà sui territori italiani 300.000 nuovi posti di lavoro nel settore fotovoltaico e nella sua filiera industriale nel 2030, che si aggiungeranno ai circa 25.000 attualmente occupati».

Alla luce di questi dati, non avrebbe senso limitare l’istallazione dei pannelli fotovoltaici solo sui tetti, perché semplicemente si andrebbe a tradurre in un ulteriore vincolo allo sviluppo del comparto, che già procede al rallentatore rispetto all’esigenza di decarbonizzare l’economia nazionale.

Per quelle industrie che possono e vogliono investire sui propri tetti, l’occasione è però più che ghiotta: «Si tratta di un intervento in grado di attivare tra i 30 e i 36 miliardi di euro di investimenti e che porterebbe a un risparmio di emissioni di CO2 di circa 9.000 tonn/anno. Una manna dal cielo visto che la generazione da solare fotovoltaico in Italia dovrà triplicare nei prossimi 7 anni, passando dai circa 25 GW attuali a 75 GW», evidenziano da Cerved.

Più in dettaglio, la tech-company ha trovato 110mila tetti di industrie dove in teoria potrebbero dispiegarsi tali investimenti. Una stima arrivata a valle di un’accurata valutazione.

Attraverso dati satellitari e tecnologie di Image detection, Cerved ha geolocalizzato gli immobili e i siti produttivi con una copertura unitaria superiore ai 2.000 mq, sufficientemente ampi per installare impianti di almeno 200 KW, soglia che li rende attrattivi per gli operatori specializzati. Quindi sono stati selezionati i tetti piani oppure orientati a sud/sud ovest, ideali per l’irraggiamento, che rappresentano il 65% circa del totale e sono state tolte eventuali ostruzioni, in media il 3% delle superfici. Da ultimo si sono analizzate le caratteristiche del territorio (precipitazioni, distanza dalla rete elettrica, vincoli paesaggistici, rischio idrogeologico, comunità energetiche).

«In pratica – conclude Mignanelli – l’incrocio e l’elaborazione di tre dataset completamente diversi – dati satellitari, consumi energetici delle imprese, proiezioni dei bilanci per stabilirne la solidità – ci hanno restituito una lista di 110.000 imprese, con indirizzo e ragione sociale, su cui si possono installare 30 GW di potenza fotovoltaica, oltre la metà di quelli che occorrono all’Italia per centrare gli obiettivi al 2030, con investimenti per 30-36 miliardi di euro. Oltre ai fondi del Pnrr anche i privati sono chiamati a fare la loro parte per trovare i fondi necessari presso le banche e sfruttare gli incentivi più adeguati».