Il Governo cerca porti per l’eolico offshore, ma si è dimenticato il resto
Le candidature sono demandate alle singole Autorità di sistema portuale, quando ancora non c’è il Piano di gestione degli spazi marittimi
[26 Aprile 2024]
Il ministero dell’Ambiente ha pubblicato un avviso pubblico per raccogliere le manifestazioni d’interesse, da parte delle Autorità portuali presenti lungo le coste del Paese, volte alla scelta dei porti per la realizzazione delle opere da installare nei parchi eolici offshore che, allo stato attuale, risultano essere ancora in fase di definizione della procedura Via.
Una procedura per “alzata di mano” da parte dei presidenti delle Autorità di sistema portuale potrebbe però avere importanti risvolti negativi, per almeno due ordini di motivi.
In primo luogo, la necessaria scelta dei porti per dare corpo a una filiera industriale nell’eolico offshore dovrebbe essere conseguente alla scelta delle aree dove poter installare i parchi eolici, da individuarsi nel Piano di gestione degli spazi marittimi, di cui però non si sa ancora nulla, nonostante a giugno si “festeggi” l’anniversario della relativa procedura d’infrazione inflitta al nostro Paese dalla Commissione europea.
In secondo luogo, le infrastrutture dei porti italiani da attrezzare per l’eolico offshore non dovrebbero dipendere dalla richiesta delle singole Autorità, ma dovrebbe essere dettata dalla reale situazione esistente negli scali nazionali; ad esempio, tenendo in debita considerazione la disponibilità di superfici, i pescaggi, la lunghezza delle banchine portuali, la reale distanza esistente tra il porto e le aree in cui verranno poi posizionati gli aerogeneratori, che ogni singola pala eolica che arriva a toccare l’altezza della torre Eiffel (circa 300 metri dalla superficie del mare).
L’Italia ha bisogno di un coordinamento nazionale su un tema tanto complesso quando di grande attualità, come quello delle energie rinnovabili proveniente dallo sfruttamento del vento che spira in mare, costante e di intensità decisamente superiore a quello che si rinviene a terra.
Non può certo bastare il coordinamento incerto e a singhiozzi, che arriva dal neoistituito ministero per la Protezione civile e le Politiche del mar, che arranca a fatica, spesso perdendo di vista le reali problematica che investono tutto il settore.
Una per tutte, manca ancora la cosiddetta “Autorizzazione unica” che dovrebbe rilasciare il ministero dell’Ambiente, contenente anche la concessione demaniale marittima delle aree utilizzate per la realizzazione degli impianti. Com’è noto, si sta infatti ancora aspettando l’emanazione del decreto attuativo, previsto dal D.Lgs 199/2021: speriamo ardentemente che, dopo quasi tre anni, possa finalmente vedere la luce.