Nel mentre sulla costa di Piombino il Sin attende bonifiche da 22 anni
In Toscana le ecoballe riemergono dal mare, ma gli impianti per gestire i rifiuti restano tabù
Il ministro Costa in un incontro elettorale col M5S, contrario al gassificatore Eni che potrebbe ricavare biometanolo da plastiche non riciclabili e Css: gli stessi materiali che oggi si trovano sui fondali
[12 Agosto 2020]
Le vicende delle ecoballe finite sul fondo del golfo di Follonica nel 2015 dimostrano che in alcuni casi volere è davvero potere: dopo cinque anni di ignavia, in meno di una settimana dall’avvio dell’operazione Cerboli pulita ne sono state recuperate già 6 delle 40 rimaste disperse, grazie alla sinergia tra la Marina militare, la Guardia costiera, il dipartimento di Protezione civile e il ministero dell’Ambiente.
Ognuna di queste ecoballe pesa 1,2 tonnellate ed è composta da Css, combustibile solido secondario (in questo caso prevalentemente rifiuti plastici) che in Toscana evidentemente non si sapeva come gestire: per questo il 23 luglio 2015 la motonave Ivy salpa da Piombino diretta a Varna, in Bulgaria, con un carico di 1.888 di queste ecoballe di rifiuti da bruciare. Dopo un’ora di navigazione, 56 ecoballe finirono però in mare e lì sono rimaste nel corso degli anni: 16 sono state recuperate incidentalmente da pescatori nel corso degli anni o si sono piaggiate.
Per tirare fuori le 40 ecoballe rimanenti, il Governo ha dichiarato lo “stato di emergenza” esattamente cinque anni più tardi dall’incidente, prevedendo 4 milioni di euro e sei mesi di tempo per la conclusione delle operazioni.
La Marina ha schierato nelle acque del Golfo di Follonica tre navi specialistiche e il gruppo operativo subacquei del Comsubin sta operando con sonar per la ricerca subacquea, sottomarino a comando remoto, gru di sollevamento, camera di decompressione e sistemazioni logistiche, in grado di garantire, dopo il recupero in mare delle ecoballe, lo stoccaggio del materiale recuperato in attesa delle procedure di smaltimento. Tra militari, protezione civile e altro personale sono circa 160 le persone si stanno occupando del problema, e i risultati stanno arrivando prima del previsto.
È direttamente il ministero dell’Ambiente a fare il punto della situazione dopo le prime sei ecoballe recuperate: «Complessivamente si tratta di quasi 50 tonnellate di rifiuti e le ecoballe finora recuperate sono risultate in buono stato di conservazione. In un caso l’imballaggio si è rivelato provato ed eroso dai fenomeni marini, ma non ha generato alcun problema all’ecosistema. Una volta a terra, le ecoballe finiscono al vaglio di una società specializzata, individuata dalla Regione Toscana, che si occuperà poi del conferimento in discarica».
Torniamo così al nodo centrale dell’intera vicenda: la mancata gestione dei rifiuti che produciamo. Se ci fossero stati impianti adeguati a gestire quelle ecoballe secondo logica di sostenibilità e prossimità, non avremmo dovuto spedirle in Bulgaria per bruciarle dietro lauto compenso (un iter in ogni caso insostenibile, al di là dell’incidente sulla motonave Ivy); 5 anni e 4 milioni di euro dopo, adesso dovrà essere individuata comunque una discarica dove conferirle, che possa smaltirle in sicurezza.
Ma nonostante tutto sugli impianti di gestione rifiuti, che potrebbero evitare la dispersione nell’ambiente della nostra spazzatura, continua ad aleggiare un forte clima di sospetto come mostra l’incontro elettorale che si è svolto proprio in questi giorni tra il ministro Costa e il M5S livornese e toscano per sostenere la candidata alle elezioni regionali Irene Galletti.
«Abbiamo parlato anche – spiegano i pentastellati – della importante problematica relativa al nuovo progetto per un grande gassificatore di rifiuti in area Sin di proprietà Eni, per il quale la Regione Toscana ha firmato un Protocollo d’intesa assieme ad Eni e Alia, nel luglio dell’anno scorso. Su questo tema il Ministro ha espresso perplessità sul progetto, dicendo di non aver firmato ancora niente sulla questione e garantendo di essere al fianco della nostra candidata Irene Galletti, dei consiglieri comunali e degli attivisti del nostro territorio che si sono espressi con contrarietà verso un progetto che andrebbe ad impattare in un’area già fortemente stressata dal punto di vista ambientale».
In realtà il progetto – cui guardano con interesse da Legambiente alla Cgil –, a distanza di un anno, è un’ipotesi della quale si sa ancora pochissimo e per la quale restano dunque necessari molti approfondimenti: tra le poche cose note c’è che, se verrà realizzato, il gassificatore ricaverà biometanolo a partire da plastiche non riciclabili e Css. Ovvero proprio quei materiali che oggi si trovano in fondo al nostro mare a causa della mancanza di impianti adeguati a gestirli in Toscana. Così da un lato si loda (giustamente) il recupero delle ecoballe, dall’altro si rifiuta di affrontare il problema dell’export di rifiuti attraverso soluzioni strutturali. Un paradosso difficile da sciogliere, ma per la costa toscana non è certo una novità.
Basti osservare la storia dei due Siti d’interesse nazionale (Sin), dunque di competenza ministeriale, individuati proprio tra Livorno e Piombino: «Il Ministro ci ha informato – spiegano al termine dell’incontro dal M5S – che stanno chiudendo l’accordo di programma per il Sin di Livorno e che stanno andando avanti con la procedura per le bonifiche a Piombino, sbloccando le risorse che ci sono».
Vale la pena ricordare che secondo i dati aggiornati proprio dal ministero (febbraio 2020) la situazione è di blocco totale: nel Sin di Livorno, che è stato istituito nel 1998, quasi il 100% delle aree – sia per i terreni che per le acque di falda – sono state caratterizzate e presentano un progetto di bonifica in corso di valutazione, ma in più di vent’anni nessuno di questi progetti è stato approvato e le bonifiche sono state concluse sullo 0% dei terreni e lo 0% della falda. Va poco meglio per il Sin di Piombino: istituito anch’esso nel lontano 1998, secondo gli ultimi dati comunicati dal ministero dell’Ambiente risulta bonificato il 49% dei terreni e il 4% della falda, con i famosi 50 milioni di euro previsti dal 2014 ancora in attesa di essere spesi. Così, mentre 40 ecoballe verranno presto – si spera – recuperate dopo cinque anni in fondo al mare, 900 ettari di Sin da bonificare continuano ad aspettare da 22 anni.