I bandi Gse hanno superato il giro di boa, ma i risultati continuano a peggiorare
Incentivi fantasma per le rinnovabili, gli impianti non si autorizzano e il Fer 1 gira a vuoto
Su oltre 4800 MW finora messi a gara, oltre la metà non è stata assegnata. Elettricità futura: «La burocrazia del permitting è un disastro, semplificazioni ora o addio investimenti e target del Green deal»
[28 Gennaio 2021]
Gli ingenti incentivi stanziati dal Governo per le energie rinnovabili con il decreto Fer 1, pubblicato in Gazzetta ufficiale ormai nel 2019, si stanno purtroppo rivelando un buco nell’acqua. Su sette bandi previsti entro settembre 2021 ne sono già stati pubblicati quattro e i risultati continuano costantemente a peggiorare: su 4.824,9 MW finora messi a gara, 2.816,5 – ovvero il 58% circa – non sono stati assegnati.
Solo nell’ultimo bando, documenta il Gse, su un contingente a disposizione pari a 1.881,6 MW solo 465,5 MW sono relativi a richieste d’incentivazione risultate in condizione utile: ovvero, i MW non assegnati (1.416,1) sono oltre il triplo. Come ricordano da Quotidiano energia, il declino è stato costante: nel primo bando non sono stati assegnati 142,5 MW, nel secondo 350,86 MW, nel terzo 907,04 MW. Ma lo stallo delle rinnovabili italiane prosegue da molto più tempo.
Poco prima che il Fer 1 venisse pubblicato, l’allarme era arrivato dallo stesso Gse: «Negli ultimi 5 anni – osservava già nel 2019 – si è assistito a una crescita media annua di 0,3 punti percentuali dei consumi energetici soddisfatti dalla produzione da rinnovabili favorita, in parte, anche da una diminuzione tendenziale dei consumi stessi per la congiuntura economica internazionale. Continuando in questa direzione, al 2030 il Paese raggiungerebbe un obiettivo del 22%, ben lontano dal 30% che si pone il Piano energia e clima». Da allora la situazione non è affatto migliorata e, dato che ora il Pniec dovrà essere riscritto per soddisfare i più ambiziosi target europei, continuando così la distanza si allargherà ancora.
Eppure le premesse sembravano rosee. Secondo le stime diffuse a suo tempo dal Mise, l’attuazione del Fer 1 dovrebbe portare alla realizzazione di impianti per una potenza complessiva di circa 8.000 MW, con un aumento della produzione da fonti rinnovabili di circa 12 miliardi di kWh e con investimenti attivati stimati nell’ordine di 10 miliardi di euro.
Del resto le risorse stanziate dal Governo, entro una soglia massima di 5,8 miliardi euro/anno (fotovoltaico escluso), non sono poche: le tariffe incentivanti arrivano fino a 105 euro a MWh per il fotovoltaico e per 20 anni. Ad accedervi possono candidarsi impianti fotovoltaici, eolici, idroelettrici e a gas residuati da processi di depurazione, attraverso i meccanismi delle aste al ribasso e dei registri, ma come visto entrambi gli strumenti si stanno dimostrando fallimentari. Gli incentivi ci sono ma non vengono assegnati: perché?
«La burocrazia del permitting è un disastro, semplificazioni ora o addio investimenti e target del Green deal», riassume il presidente di Elettricità futura Agostino Re Rebaudengo. Per poter partecipare ai bandi del Gse è infatti necessario sottoporre al vaglio una corposa documentazione, dove spiccano tutte le autorizzazioni necessarie a costruire l’impianto da incentivare. Che le autorità preposte rilasciano però con crescente difficoltà, e non a caso.
Paradossalmente le fonti rinnovabili sono infatti l’elemento più colpito dalle numerosissime sindromi Nimby e Nimto che dilagano lungo lo stivale, tra comitati “ambientalisti” contrari alla realizzazione di qualsivoglia impianto sul “loro” territorio ed enti locali sempre pronti a cavalcare la protesta se non direttamente a solleticare e guidare la marea montante del disagio.
Come abbiamo più volte argomentato, alla base di questa svilente situazione c’è la sfiducia dei cittadini verso imprese ed istituzioni, alimentata da delusioni storiche quanto da profonde lacune sotto il profilo della comunicazione e dell’informazione ambientale. Per provare a risalire la china occorre battere più strade contemporaneamente: detto della comunicazione e dell’informazione, restano essenziali una maggiore partecipazione della cittadinanza grazie a dibattiti pubblici, oltre che una più ampia condivisione dei benefici economici legati alla presenza dell’impianto a fonti rinnovabili. Al contempo, una robusta semplificazione nell’iter per il permitting emerge come fondamentale. Soprattutto, dopo una fase di ascolto più ampia e partecipata possibile, le istituzioni devono prendersi la responsabilità di decidere se autorizzare o meno l’impianto in una logica di sviluppo sostenibile a lungo termine, e non di mero inseguimento del consenso elettorale nel breve.
Altrimenti, anche l’atteso decreto Fer 2 che dovrebbe andare a completare il quadro dell’incentivazione per tecnologie come quelle geotermiche, a biogas o solare termodinamico, rischierebbe di essere poco più che l’ennesimo buco nell’acqua.