L’Italia si prepara all’inverno dell’energia: stoccaggi di gas pieni al 95% ma rinnovabili al palo

Snam: «Il risultato conseguito è essenziale per il prossimo inverno». Nel frattempo però ci sono 280 GW di impianti rinnovabili in attesa di autorizzazione

[3 Novembre 2022]

Al termine della campagna di iniezione conclusasi con ottobre, il livello di riempimento degli stoccaggi di gas gestiti da Snam ha raggiunto il 95,2%.

Significa avere in disponibilità di 11,2 miliardi di metri cubi di gas naturale, ai quali si sommano i 4,5 miliardi di metri cubi di stoccaggio strategico; il sistema energetico nazionale potrà inoltre disporre di ulteriori 1,1 miliardi di metri cubi accumulati negli stoccaggi degli altri operatori. Un dato significativo in vista del periodo invernale, considerato che gli stoccaggi potranno così far fronte a circa il 25%-30% della domanda giornaliera del mese di gennaio.

«Il risultato conseguito è essenziale per il prossimo inverno e certamente non era ipotizzabile anche solo lo scorso luglio, quando il traguardo fissato al 90% sembrava di per sé molto sfidante – commenta l’ad di Snam, Stefano Venier – Questo risultato è stato possibile grazie a un’azione ‘di sistema’ che ha visto coinvolti attivamente sia le diverse componenti del governo e di Arera, sia i principali operatori, oltre a Snam. Su questo fronte, da oggi, l’azione è già volta a ottimizzare l’erogazione invernale e a costruire, anche con le Fsru, le condizioni per la campagna della prossima estate quando sarà necessario anche sostituire i circa 2 miliardi di metri cubi di provenienza russa stoccati quest’anno».

È il lascito del Governo Draghi, che ha fatto un gran lavoro per la diversificazione degli approvvigionamenti di gas ma molto poco – paradossalmente – per sbloccare gli investimenti sull’unica soluzione strutturale alla crisi energetica: le fonti rinnovabili.

Come confermato nelle scorse settimane da Stefano Donnarumma, l’ad di Terna – la società che gestisce la rete elettrica nazionale – il «costo effettivo dell’energia prodotta ad esempio da un impianto solare è di circa 5 volte più basso del valore registrato nei primi sei mesi dal Pun».

Questo significa che «se già oggi il prezzo dell’energia elettrica fosse dipendente solo dal costo industriale delle fonti rinnovabili e non, come oggi accade, ancorato al costo della produzione a gas, il prezzo di riferimento della componente energia della bolletta dell’ultimo trimestre sarebbe inferiore di quasi il 90%».

Il problema è che la realizzazione di nuovi impianti rinnovabili è ferma al palo da anni, non per la mancanza di risorse economiche o di progettualità, ma per la presenza diffusa di sindromi Nimby&Nimto che si accompagnano a forti difficoltà burocratiche negli iter autorizzativi. Difficoltà che vedono spesso le istituzioni locali – Comuni e soprattutto Regioni – in prima fila, insieme alle Soprintendenze.

Come evidenziato direttamente da Donnarumma, a fine agosto le richieste di connessione alla rete Terna di impianti fonti rinnovabili «sono arrivate a 280 GW, circa quattro volte gli obiettivi nazionali al 2030. Realizzare quanto previsto dal piano europeo Fit for 55 (quindi 70 GW) porterebbe a un risparmio di gas di oltre 26 miliardi di metri cubi, sostanzialmente quanto il nostro Paese ha importato dalla Russia negli ultimi 12 mesi. Bisogna quindi accelerare il più possibile i processi di autorizzazione degli impianti».

Ad oggi siamo molto distanti da questo obiettivo: «La velocità di implementazione negli ultimi anni è stata di circa 1 GW all’anno. Forse quest’anno, grazie ai provvedimenti attuati dal governo nei mesi passati, potrebbe essere doppia, o qualcosa in più, raggiungendo i 3 GW. Ovviamente siamo molto lontani dalla necessità che ne vuole almeno 7-8 GW all’anno», arrivando fino ai 10 GW l’anno richiesti nell’ottica dell’iniziativa RePowerEu.