Livorno, quali impianti per la gestione dei rifiuti urbani? Un incontro al Caffè della scienza

L’appuntamento è per sabato 16 febbraio, protagonisti Amedeo Todaro ed Enio Gambaccini (rispettivamente ex funzionario e responsabile impianti Aamps)

[14 Febbraio 2019]

Il Caffè della scienza “Nicola Badaloni” di Livorno organizza per la mattinata di sabato 16 febbraio un incontro dal titolo Impianti di smaltimento dei rifiuti urbani a Livorno: realtà e proposte, dove Amedeo Todaro ed Enio Gambaccini (rispettivamente ex funzionario e responsabile impianti Aamps, la municipalizzata locale che ha in carico i servizi di igiene urbana) affronteranno il problema a partire dai dati legati all’attualità.

«Livorno – spiegano dal Caffè della scienza – produce annualmente circa 75.000 tonnellate di rifiuti urbani, di cui circa 50.000 di rifiuti raccolti in forma differenziata, per essere avviati a selezione e, successivamente, a riciclo, e circa. 25.000 tonnellate di rifiuti urbani residui indifferenziati». Naturalmente anche «dalle attività di selezione a valle della raccolta differenziata, si originano altri rifiuti per ciascuna filiera (carta, organico, multimateriale ecc.) che ammontano a circa il 10 – 20% del conferito agli impianti di selezione, e sono quindi destinati a discarica o a inceneritori o a cementifici».

Alla luce di questi dati, il Caffè della scienza vuole «diffondere la conoscenza del patrimonio impiantistico (per la gestione dei rifiuti, ndr) presente nel territorio livornese con le relative possibilità di miglioramento in un percorso di sostenibilità».

Ad oggi la dotazione impiantistica di Livorno «è costituita essenzialmente dal termovalorizzazione per rifiuti solidi del Picchianti, dall’impianto di depurazione dei liquami del Rivellino e, a completamento di quest’ultimo, dai digestori anaerobici di trattamento della fase fanghi del Picchianti», ma è «erronea la convinzione che le diverse tipologie di rifiuti prodotti nel territorio livornese debbano e/o possano essere tutti smaltiti o recuperati in ambito locale».

Anche perché, in un’ottica che abbracci la complessità dei flussi di materia – oltre a quelli economici – che attraversano il nostro tessuto socioeconomico, se un territorio come quello del Comune di Livorno scegliesse l’autosufficienza nella gestione dei rifiuti dovrebbe dotarsi autonomamente di tutti gli impianti conseguenti, e garantire loro un equilibrio economico: mezzo secolo fa per un Comune era la norma avere una discarica a disposizione sul proprio territorio, e lì finivano tutti i suoi rifiuti, ma oggi com’è evidente si tratta di una scelta fuori dal tempo, che impone di ragionare in un’ottica (anche territoriale) più ampia.