Lucart, il “green hero” della carta che usa la sostenibilità contro siccità e crisi energetica
Ferrante: «La riduzione delle emissioni non è solo un vincolo da rispettare, ma è anche una straordinaria opportunità di sviluppo e lavoro»
[1 Luglio 2022]
Perché mai oggi ad un industriale dovrebbe convenire investire in sostenibilità ambientale? Perché altrimenti l’azienda perderebbe in competitività economica e resilienza di fronte agli shock esterni – dalla siccità alla costi energetici, per restare nell’attualità. Una realtà che ormai da tempo non è solo teoria, come mostra plasticamente il XVII rapporto di sostenibilità che il gruppo Lucart ha presentato ieri a Lucca, nel corso dell’evento “Carta Canta – Essere Green Heroes”.
«Il quadro macroeconomico su materie prime ed energia ci spinge ad accelerare le azioni già iniziate negli anni scorsi e che ci vedono determinati a investire sull’economia circolare, sull’efficienza produttiva ed energetica e sulla autoproduzione e acquisto di energia rinnovabile – spiega Massimo Pasquini, presidente e ad del gruppo Lucart – Dal 2014 abbiamo ridotto le emissioni specifiche di CO2 del 14,9% e addirittura del 47% le emissioni di NOx. Abbiamo ridotto i consumi specifici di energia del 13,2% rispetto al 2014 e abbiamo avviato a recupero ben l’80% dei rifiuti prodotti. I consumi idrici specifici sono calati del 23,3% rispetto al 2013».
Tutti fattori che nell’ultimo anno hanno permesso alla toscana Lucart di rafforzarsi tra i leader della produzione cartaria europea, con un fatturato in crescita del 6,5% (a oltre 540 milioni di euro) dopo le difficoltà legate all’arrivo della pandemia nel 2020.
Qualche esempio? La produzione della carta richiede l’utilizzo di una grande quantità di acqua, un problema non da poco a causa della siccità esacerbata dalla crisi climatica, ma Lucart può limitare i danni grazie a un consumo idrico (10,11 mc per ogni ton prodotta) ridotto a meno della metà rispetto alla media nazionale (26mc per ogni ton) e in costante calo (-6,4% sul 2020).
Al contempo, quella cartaria è un’industria tanto energivora quanto difficile da decarbonizzare, e dunque particolarmente esposta ai prezzi del gas naturale, saliti alle stelle: per far fronte a questa situazione è stato avviato un nuovo impianto di cogenerazione ad alto rendimento nello stabilimento di Porcari ed è in fase di installazione a Borgo a Mozzano, in partnership con Enel X, un impianto fotovoltaico composto da 7mila pannelli, che entrerà in funzione a settembre.
Il rammarico semmai è non poter fare di più, a causa di normative che nel nostro Paese restano poco lungimiranti. «In Francia stiamo realizzando una centrale a biomasse che recupererà anche nostri scarti industriali (come pulper e fanghi, ndr), ma qui non è possibile farlo – sottolinea amaro Pasquini – Noi siamo pronti a decarbonizzare, ma usiamo gas metano perché è l’unica fonte che in Italia in questo momento possiamo utilizzare. Le nostre turbine potrebbero già impiegare biometano e idrogeno verde, quando verranno immessi in rete». Basti osservare che l’intera industria cartaria italiana consuma 2,5 mld mc di gas l’anno, ma il potenziale nazionale per il biometano arriva a 10 mld mc annui.
E nel frattempo, dunque? Non fosse ostacolata da sindromi Nimby&Nimto di varia natura, una soluzione potrebbe passare dal recupero energetico a pié d’impianto degli scarti provenienti dal riciclo della carta.
Le cartiere Lucart sono infatti dei veri e propri impianti di riciclo, dove il 54% della materia prima è costituita da carta da riciclare. Anche dal riciclo però, come da ogni processo industriale, esitano altri rifiuti.
«Gli scarti di un impianto di produzione della carta sono costituiti principalmente dagli scarti pulper e dai fanghi di cartiera, direttamente derivanti dal processo di produzione della carta e dal trattamento dei reflui», dettaglia il Bilancio di sostenibilità Lucart. Il gruppo genera 0,243 ton di rifiuti per tonnellata di carta prodotta: il 20% viene smaltito in discarica e l’80% avviato a recupero, ma presso siti esterni, talvolta all’estero. Così matura il paradosso di vedere i nostri rifiuti viaggiare fuori confine, dove vengono bruciati in sicurezza per mantenere basse le (altrui) bollette.
«La riduzione delle emissioni non è solo un vincolo da rispettare, ma è anche una straordinaria opportunità di sviluppo e lavoro, come mostra anche il caso Lucart – argomenta Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto club e decano dell’ambientalismo scientifico italiano, intervenuto ieri a Lucca – La strada è fare con le risorse che abbiamo, con quello che è un rifiuto oggi e deve essere una risorsa domani. Servono le norme per permetterlo, facciamo una battaglia comune: utilizzare le biomasse per produrre energia termica ed elettrica».
Tanto più che da parte di Lucart l’attenzione sul fronte del riciclo – che deve restare prioritario rispetto al recupero energetico – è già ad altissimi livelli: il 54% delle materie prime proviene da riciclo ma si punta già al 60%, il 100% degli imballaggi prodotti è riciclabile o compostabile, grazie al progetto Natural sono stati riciclati oltre 7,6 mld di cartoni per bevande in Tetra Pak, un materiale particolarmente complesso da riciclare attorno al quale sta nascendo (insieme a Cpr system) un’innovativa filiera industriale per produrre pallet in plastica riciclata.
Tante iniziative di valore che hanno portato Lucart ad essere annoverata tra le eccellenze italiane dello sviluppo sostenibile selezionate da Alessandro Gassman nell’ambito di #GreenHeroes, progetto lanciato a gennaio 2019 dal noto attore assieme ad Annalisa Corrado e costruito con il supporto scientifico di Kyoto club. «Siamo orgogliosi di essere parte della community dei Green Heroes, fiduciosi che possa crescere sempre di più», chiosa Pasquini.