Secondo il nuovo rapporto GreenItaly sono arrivati a quota 3,2 milioni, il 13,9% del totale
Nell’ultimo anno in Italia i green job sono cresciuti il doppio degli altri tipi di lavoro
Realacci: «Accelerare gli investimenti nella transizione verde dà forza al made in Italy e riduce i costi a medio termine per famiglie e imprese»
[31 Ottobre 2023]
La XIV edizione del rapporto GreenItaly, elaborato come sempre dalla fondazione Symbola e da Unioncamere, documenta come i lavori verdi – o green job – siano tornati a crescere in Italia dopo la frenata registrata nel 2021.
«Sono 510 mila le imprese italiane che negli ultimi cinque anni hanno investito sulla green economy e sono 3,2 milioni i green job – sintetizza Ermete Realacci, presidente della fondazione Symbola – Accelerare gli investimenti nella transizione verde e nelle energie rinnovabili aumenta la stabilità finanziaria come dimostrano gli studi della Bce e della Banca d’Italia, dà forza al made in Italy, riduce i costi a medio termine per famiglie e imprese, rafforza la nostra indipendenza energetica. Siamo una superpotenza europea dell’economia circolare e questo ci rende più competitivi e capaci di futuro».
Più nel dettaglio, nel 2022 i green job italiani sono arrivati a quota 3,222 milioni (+126mila rispetto al 2021), traguardando una crescita del 4,1% sul 2021; quasi il doppio del dato medio, stimato da Istat al +2,4% per il mercato del lavoro nel suo complesso.
Ne consegue che è aumentata anche l’incidenza dei green jobs sul totale dell’occupazione, con il 13,9% di occupati che nel 2022 svolgeva un’occupazione green (+0,2% sul 2021). Non tutte le aree del Paese hanno però fatto progressi allo stesso ritmo: nel 2022 ci sono due aree, nord-ovest (+2,5%) e mezzogiorno (2,8%), nelle quali i green job crescono molto meno della media nazionale ed altre due, nord-est (+4,9%) e centro (+6,9%, che invece fanno da traino.
L’area con maggiore occupazione verde resta comunque il nord-ovest con 1,044 milioni di unità, pari al 32,4% del totale nazionale di green job, seguita dal nord-est (777mila unità), dal mezzogiorno (707mila) e infine dal centro (694mila).
Guardando invece alla qualità dei posti di lavoro verdi, dal rapporto emerge che il 25,6% del totale dei contratti green previsti in attivazione è a tempo indeterminato, contro il 15,2% delle professioni non green; il candidato richiesto per un green job è un laureato nel 16,4% dei casi (solo 14,4% per gli altri contratti), ha una specifica esperienza nella professione (il 26,3% dei contratti green e solo il 22,1% degli altri contratti) e nel settore (il 44,3% dei contratti green contro il 43% del resto delle professioni).
In particolare, nel 2022, i green job hanno un ruolo assolutamente predominante sul totale delle nuove attivazioni nelle aree della progettazione (87%), logistica (81,7%), marketing e comunicazione (79,2%) e tecnica (78,1%). Allo stesso tempo, per altre posizioni aziendali i green job hanno un ruolo più marginale: si fa riferimento all’area direzione e servizi generali (28,2%), produzione beni/erogazione servizi (18%), vendita e assistenza clienti (11,7%), e amministrazione (11,3%).
Dati che continueranno a crescere: secondo le previsioni del sistema Excelsior, le imprese e la Pubblica amministrazione avranno bisogno complessivamente di circa 3,8 milioni di lavoratori nel quinquennio 2023-2027, il 65% dei quali dovrà possedere competenze green con importanza almeno intermedia (poco meno di 2,4 milioni di lavoratori) ed oltre il 41% con importanza elevata (oltre 1,5 milioni di lavoratori).
A tal proposito è urgente accrescere e migliorare l’offerta formativa, in quanto già oggi va accentuandosi la distanza tra domanda ed offerta di lavoro, con le imprese che evidenziano nel 2022 una difficoltà di reperimento di green job nel 47,4% dei casi, in forte crescita rispetto al 40,6% rilevato nel 2021. Ma le difficoltà per la transizione ecologiche non si concentrano solo nel reclutamento di nuovo personale.
«Non sempre però le nostre imprese – dichiara nel merito Andrea Prete, presidente Unioncamere – sono messe nelle condizioni di operare al loro meglio. È il caso del tema delle energie rinnovabili, fondamentali per una riduzione delle importazioni di energia del nostro Paese e per una stabilizzazione dei prezzi, la cui crescita è spesso rallentata da ostacoli burocratici: nel 2022 è stata installata una potenza da fonti rinnovabili pari a 3 GW, contro gli 11 della Germania e i 6 della Spagna, un dato lontano dal target di circa 8-9 GW all’anno da installare entro il 2030», che arrivano a 12 GW contando i ritardi accumulati finora dal sistema Paese e i nuovi quanto sfidanti obiettivi europei approvati con la direttiva Red III.