Non sappiamo se potremo recuperare tutte le ecoballe disperse nel golfo di Follonica
Tutte quelle trovate finora sono però perfettamente integre, calano i timori di inquinamento da microplastiche
[26 Agosto 2020]
Le operazioni di recupero delle ecoballe di Css (Combustibile solido secondario da rifiuti), disperse nel golfo di Follonica nel 2015, hanno portato a grandi risultati in poco tempo: dopo cinque anni di ignavia a fine luglio il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza, le operazioni di recupero coordinate dalla Protezione civile sono partite il 6 agosto e da allora sono state portate a terra 12 ecoballe per l’equivalente di circa 15 tonnellate di rifiuti, su cui sono iniziate le analisi propedeutiche alla fase di smaltimento.
Come informano dal Comitato di indirizzo, convocato ieri dal capo del dipartimento della Protezione civile Angelo Borrelli, mediante l’ausilio del sonar e due tipologie di side-scan ROV finora «le indagini hanno interessato un’area di oltre 20 km², triplicando l’estensione dell’area di ricerca originaria e hanno analizzato 51 ipotetici bersagli, di cui solo 13 si sono poi rivelate ecoballe».
La 13esima è ancora in mare, sui fondali ad est dell’isola di Cerboli: i palombari del Gruppo operativo subacquei (Gos) della Marina militare hanno effettuato diverse immersioni, nel tentativo di disancorarla dal materiale fangoso che parzialmente l’avvolge e ne impedisce il sollevamento, ma finora le operazioni non si sono concluse positivamente. In aiuto è già previsto l’arrivo di Nave Anteo e di un cacciamine della Marina militare, che opereranno per il recupero della balla infangata già dal mese di settembre.
Nel frattempo il Comitato di indirizzo ha deciso, al fine raggiungere il miglior risultato possibile, di avviare tempestivamente rilievi batimetrici utili all’orografia completa della zona circostante l’isola di Cerboli, area in cui potrebbero essere rinvenute ulteriori ecoballe.
Ma di fatto è presto per sapere se le operazioni di recupero saranno possibili per tutte le ecoballe, come spiega oggi su intoscana – il portale ufficiale della Regione – il responsabile dell’area emergenze ambientali in mare di Ispra, Ezio Amato. Che parte da un dato di fatto: «Nessuno ha mai raccolto ecoballe dai fondali marini, è un qualcosa di mai affrontato prima».
La buona notizia è che, anche se «siamo di fronte ad un danno di tipo ecologico, causato proprio dalla presenza delle ecoballe sul fondale», guardando a quelle finora recuperate i rischi peggiori relativi all’inquinamento da microplastiche sembrano al momento limitati: «Ipotizzavamo che dopo 5 anni di permanenza sul fondale, quello che teneva insieme le ecoballe poteva essersi disgregato. Dopo i primi recuperi, abbiamo verificato che le ecoballe erano tutte integre e che la frammentazione paventata della plastica in microplastiche è ancora molto lontana dal poter avvenire. Le ecoballe recuperate sono venute su tutte perfettamente integre con tanto di fascetta, scongiurando i nostri timori iniziali».
La cattiva notizia invece riguarda le possibilità di individuare e dunque recuperare tutte le ecoballe disperse, viste le molte domande ancora aperte in merito: «Sono state gettate tutte qui? Quante ne hanno recuperate i pescatori (ufficialmente tra recuperate e spiaggiate siamo a quota 16, ndr)? Quando le hanno recuperate, le hanno consegnate tutte alla Capitaneria di Porto o alcune sono state rigettate in mare? Che fine hanno fatto? Purtroppo non ci sono risposte a queste domande. Una volta recuperata dal fondale, una balla galleggia per un periodo di tempo non determinabile e può essere portata in giro dalle correnti che nel Golfo di Follonica sono particolarmente intense e in superficie […] Abbiamo esplorato tutto l’esplorabile e anche di più. Potremmo andare in giro per il Mediterraneo a cercare le ecoballe, potrebbe essere un’attività di interesse ma alla fine il bilancio costi/benefici andrebbe pesantemente dalla parte dei costi e peserebbe sulle spalle dei cittadini».
Finora, il costo previsto per le operazioni di recupero arriva già a 4 milioni di euro. Ma non sappiamo cosa effettivamente sia accaduto alle ecoballe nel corso di cinque lunghi anni: «Siamo in tempo perché abbiamo scoperto che le ecoballe non si stanno disfacendo e sono sostanzialmente integre. È tardi rispetto al fatto che non sappiamo realmente quante ecoballe possono essere state intanto ripescate e lasciate disperdersi in mare», conclude Amato.
Potremmo però imparare qualcosa dagli errori compiuti. A partire dall’inizio: se ci fossero stati in Toscana impianti adeguati a gestire i nostri rifiuti secondo logica di sostenibilità e prossimità, non avremmo dovuto spedire 1.888 ecoballe in Bulgaria per bruciarle dietro lauto compenso (un iter in ogni caso insostenibile, al di là dell’incidente sulla motonave Ivy), né preoccuparci delle conseguenze ambientali ed economiche delle 56 finite disperse nel golfo di Follonica.