Piombino, dall’Algeria rinnovate speranze e la necessità di una politica industriale completa
[27 Luglio 2015]
Prima la piattaforma agroalimentare a Bejaia, poi Mediterranean Float Glass, la più grande vetreria dell’Africa, entrambe sotto il marchio Cevital; la visita istituzionale del presidente Enrico Rossi sull’altra sponda del Mediterraneo volge al termine, e le attenzioni maggiori sono comprensibilmente rivolte alle attività del gruppo algerino, dal quale si attendono grandi investimenti per Piombino.
«Ho avuto una guida eccezionale – dichiara Rossi – che mi ha illustrato punto per punto le caratteristiche di questo polo dell’agroalimentare e della logistica. Ho avuto così modo di vedere e toccare con mano ciò che ha intenzione di fare in Toscana. Da questa visita esce pienamente rafforzato il progetto che riguarda il futuro del porto e della città di Piombino compreso quello di migliaia di posti di lavoro. Isaad Rebrab è un imprenditore con una visione molto forte e con una strategia molto chiara. L’Algeria è un paese in via di sviluppo con un vantaggio oggettivo in termini di costo energetico, vista l’abbondanza di giacimenti di gas. Cevital invece di imboccare la strada del dumping sociale e ambientale sceglie quella della piena occupazione, dell’innovazione costante del processo produttivo e dell’alta qualità del prodotto finale».
«Piombino, per la sua posizione – ha osservato Rossi – rappresenta il ponte di Cevital verso l’Europa e la Toscana ne esce confermata come il porto del Mediterraneo, con una soluzione vincente e strategica per il futuro, grazie agli investimenti e alle scelte infrastrutturali che abbiamo compiuto». Da parte sua, Rebrab ha dunque ribadito che la decisione di portare i fondali del porto di Piombino a 18 metri di profondità e di realizzare la nuova banchina hanno cambiato la capacità competitiva della città toscana rispetto a quella di altri porti italiani.
Ma la necessaria funzione di regia della mano pubblica non può esaurirsi qui. Mentre Rossi partiva per il Maghreb, a Piombino alcune associazioni (Restiamo Umani, Ruggero Toffolutti contro le morti sul lavoro, Lavoro Salute Dignità, Legambiente) hanno indetto un affollata assemblea pubblica per ribadire che con la nascita di Aferpi per l’ex-Lucchini «non è superata la necessità di una politica industriale e lo stato deve comunque dotarsi di strumenti, come fanno altri paesi europei, per governare i territori indirizzando le aziende private. Se vogliamo che riprenda la produzione di acciaio a Piombino occorre che si creino le condizioni. Una politica industriale che si leghi le varie parti della siderurgia italiana, almeno le filiere dei vari settori, in cui si individuano degli interessi comuni, con investimenti in ricerca e innovazione, il mercato delle materie prime, l’energia, i servizi agli utilizzatori, sicurezza della qualità, allargamento dei mercati».
Politica industriale che ha estremo bisogno di lungimiranza a livello nazionale e non solo, come evidenzia bene la situazione in cui vertono gli scarti di processo storicamente prodotti dall’acciaieria piombinese – e che torneranno ad aumentare, come è inevitabile, con l’accensione del primo forno elettrico previsto dalla gestione Aferpi. Rifiuti speciali che potranno essere riciclati e divenire occasione di ulteriore sviluppo sostenibile per il territorio, oppure continuare ad essere testimonianza di un endemico problema.
D’altronde, ha chiosato oggi Rossi, «riempie di fiducia e attesa l’idea che Piombino, in un concorso di investimenti pubblici con da un lato uno Stato, quello italiano, che prova a giocare il suo ruolo di ‘innovatore’ in infrastrutture e reti logistiche e dall’altro lato un solido imprenditore votato al lavoro e alla manifattura, entri a far parte di un processo innovatore». Per Piombino la speranza è che tale processo, anche dal punto di vista ambientale e sociale, possa chiudersi al più presto nel migliore dei modi.