Piombino dice no al fotovoltaico, ma apre all’ipotesi rigassificatore
Legambiente propone di «spostare il dibattito su quante e quali energie rinnovabili servono»
[14 Marzo 2022]
«Il rigassificatore può essere un’ipotesi per questo territorio, ma a condizione che il governo non chieda solo un sacrificio alla città, ma che metta mano a tutto il pacchetto Piombino». In un’intervista rilasciata due giorni fa al quotidiano locale Il Tirreno, il sindaco di Piombino Francesco Ferrari apre – in attesa di ulteriori dettagli sul progetto – all’ipotesi rigassificatore ma solo in un’ottica più ampia, passando dalle bonifiche al rilancio dell’acciaieria.
Una posizione che sembra starsi facendo largo anche in Regione, ma che è piuttosto lontana dalla lettura offerta dagli ambientalisti del circolo Legambiente Val di Cornia, da sempre attenti osservatori delle dinamiche che hanno a che fare con lo sviluppo sostenibile del territorio.
«I problemi che bloccano la città sono derivati proprio dalla politica e non si risolvono rispondendo ad un’emergenza nazionale – dichiarano dal Cigno verde – Sulle bonifiche sono anni che Legambiente chiede che sia rinominato un commissario per il Sin di Piombino e nessuno se ne preoccupa, così come per gli smantellamenti o la siderurgia. Il rigassificatore può servire per la rinascita della siderurgia? Pensiamo che sia un’illusione, come se senza il rigassificatore non ci fosse energia o la possibilità di altre fonti rinnovabili e non, inoltre ci sono tempi assolutamente diversi per cui ora si fa il rigassificatore e poi… la siderurgia?».
Soprattutto se si prevedesse «una “procedura d’urgenza” che bypassi le autorizzazioni ambientali per costruire il rigassificatore. Un impianto del genere non è mica come un pannello solare su un tetto». Anche perché al contempo «l’amministrazione comunale si oppone, senza neppure proporre modifiche, al progetto di fotovoltaico in bocca di Cornia e poi sarebbe disponibile ad accogliere un impianto molto più pericoloso e impattante».
Nel merito, già due anni fa sindaco e assessora all’Ambiente si vantavano di aver bloccato due importanti progetti fotovoltaici proposti sul territorio, perché «la vocazione turistica di Piombino e della Val di Cornia è innegabile». Una “vocazione turistica” che evidentemente sarebbe scalfita dai pannelli e non da un nuovo rigassificatore, e che oggi più che allora sembra costituire un semplice paravento per l’ennesima sindrome Nimto (non nel mio mandato elettorale) che blocca l’avanzata delle rinnovabili.
«Se siamo in una situazione di emergenza energetica si devono fare le cose che richiedono meno tempo – argomentano da Legambiente – Se anche solo il 50% delle rinnovabili oggi sulla carta, in fase di procedura autorizzativa, venisse realizzato, l’Italia avrebbe anche già raggiunto gli obiettivi climatici europei e ridotto fortemente la dipendenza dal gas. Ad oggi infatti le rinnovabili faticano a decollare, ostacolate il più delle volte da una burocrazia farraginosa, ma anche da blocchi da parte di amministrazioni locali e regionali, da comitati Nimby (non nel mio giardino) e Nimto (non nel mio mandato) senza dimenticare il ruolo del ministero della Cultura e delle Sovrintendenze […] Si pensi che solo il contributo del biometano potrebbe essere di 10 miliardi di metri cubi all’anno (di cui almeno 8 da matrici agricole), pari a circa il 15% dell’attuale fabbisogno annuo di gas naturale e ai due terzi della potenzialità di stoccaggio della rete nazionale».
Dunque, che fare? «Legambiente propone di spostare il dibattito su quante e quali energie rinnovabili servono a Piombino, con soluzioni per un ridotto impatto, ed è disponibile a collaborare con i Comuni per il lancio di una grande campagna di costituzione delle Comunità energetiche».
Una bocciatura a tutto campo dunque per l’ipotesi rigassificatore a Piombino, anche se di fatto resta oltremodo difficile valutare quella che è ancora una semplice ipotesi e non un progetto da poter valutare. Una cosa però è certa: come documentato nei giorni scorsi dal Sole 24 Ore, ad oggi i gasdotti attivi nel Paese e «i rigassificatori lavorano a mezzo servizio perché ciò che manca è il gas, non la strada per farlo arrivare […] L’Italia ha tre rigassificatori di cui il maggiore – l’Adriatic Lng al largo del delta del Po, che si connette alla rete a Cavarzere – lavora intensamente e dà il 10% del fabbisogno italiano. Gli altri due, più piccoli, sono l’Olt al largo di Livorno e quello vecchio della Snam a Panigaglia, nel golfo della Spezia, utilizzati con meno intensità».
Occorre dunque domandarsi se vale la pena realizzare un nuovo rigassificatore a Piombino quando, come argomenta ancora il quotidiano di Confindustria, in Italia «la capacità di importare gas è di circa 115 miliardi di metri cubi l’anno su un consumo che nel 2021 è stato di 76,1 miliardi di metri cubi […] Se mancasse il metano russo – 29,06 miliardi di metri cubi nel 2021 – le altre infrastrutture di importazione sarebbero sufficienti per continuare ad alimentare di energia l’Italia. Tolto il gasdotto che, via Ucraina e Austria, approda al passo del Tarvisio, ci sono tubature e rigassificatori per altri 84 miliardi di metri cubi, ben oltre il fabbisogno». Se giustamente si pensa di valutare l’opportunità di un nuovo rigassificatore a Piombino in un contesto più ampio, teniamo conto anche di questo.
L. A.