Quanti materiali inerti prodotti dalla Lucchini saranno effettivamente utilizzati?
Piombino, Tajani a greenreport: «Per i lavori al porto auspicabile utilizzo di materiali riciclati»
La città si prepara a un rilancio industriale ecologico, non sono permessi passi falsi
[6 Febbraio 2014]
«Per favorire sicurezza di approvvigionamento e sostenibilità la strategia della Commissione europea promuove l’innovazione nel riciclo e riuso delle materie prime. Per questo sono stati stanziati fondi europei per progetti nell’ambito del partenariato per l’innovazione nelle materie prime. L’auspicio è che anche per Piombino vi possa essere una rilevante componente di riciclo e riuso di materiale ferroso». Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea, ha dato una risposta lucida al problema sollevato da greenreport. Di riconversione ecologica, per Piombino, non c’è da parlarne pensando soltanto al futuro. Per dare coerenza al progetto è necessario partire subito su questa linea, e favorire la sostenibilità economica e ambientale dei lavori in corso nell’area portuale di Piombino.
Dopo mesi, anni di buio a Piombino si inizia a respirare una prima sensazione di ottimismo, sempre in ansia al pensiero che possa trattarsi di un refolo fugace. La scommessa in atto si articola su più tavoli di gioco, tutti interconnessi tra loro: i lavori di ampliamento del porto hanno ricevuto un input decisivo dal desiderio di ospitare il relitto della Concordia, dalla quale le acciaierie Lucchini – per le quali negli ultimi tempi sembra prospettarsi un futuro sotto l’egida araba – contano di ricavare materiale ferroso per la loro attività.
Sembra un cerchio perfetto, l’esempio di una città che finalmente si muove in blocco per programmare un rilancio industriale dove la parola chiave, scandita più volte dal presidente della Regione Enrico Rossi, è «riconversione ecologica». Ma le partite in ballo sono molte, tutte dal destino incerto, e un singolo errore o imprevisto mina la buona riuscita del disegno complessivo. Un disegno cui già in partenza rischia di mancare il tratto finale, quello che dalla Lucchini torna al porto per chiudere la circonferenza del cerchio magico che unisce la città.
Il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha da poco approvato il progetto di ampliamento del porto – al momento in ritardo sui tempi previsti –, che erano a suo tempo stati affidati alle imprese Sales e Cmc (Cooperativa muratori & cementisti). Si parla di interventi sostanziosi, con una spesa prevista superiore ai 100 milioni di euro. E gli interrogativi sulla loro sostenibilità ambientale non sono peregrini, vista anche la traccia di riconversione ecologica e promozione del riciclo nel quale dovrebbero muoversi.
La stessa Commissione europea guarda a Piombino come polo per la rottamazione delle navi, spingendo per creare un’industria sostenibile del riciclo nel settore, e la recente visita in città da parte del vicepresidente Antonio Tajani l’ha confermato. Ma all’interno delle necessarie opere portuali ancora una volta sembra che l’utilizzo di materiali riciclati rimarrà marginale.
Nella nota appena diffusa in merito da parte dell’Autorità portuale di Piombino e dell’Elba si snocciola qualche cifra in proposito. Si prevede in particolare di utilizzare 130mila metri cubi di conglomix; e questo è un bene, perché si tratta di un materiale (prodotto dalla società Tap – Tecnologie ambientali pulite in località Ischia di Crociano) derivato da scarti industriali della Lucchini. La quantità impiegabile è però limitata, perché giocoforza ristretta agli strati di fondazione e sottofondazione dei piazzali e delle banchine presenti nel progetto. Per altri interventi fuori acqua l’Autorità portuale anticipa che utilizzerà altri «materiali costituiti da una miscela di materiali inerti riciclati, tutti provenienti da impianti locali, verranno impiegati in rapporto 50/50 con materiali di cava nello strato di riempimento da + 0,00 a + 3,00 metri […] Per questi materiali è altresì previsto l’impiego nel nucleo fuori acqua delle scogliere». In questo modo, complessivamente, i lavori del porto potrebbero impiegare quasi 1 milione di metri cubi di materiali riciclati. Una cifra che è meglio di niente ma non quanto si potrebbe (dovrebbe) se si superassero sofismi giuridico-normativi che non valgono per i fanghi di escavo, evidentemente.