Ma nel frattempo continua a peggiorare la qualità del raccolto, inficiando il riciclo: il caso toscano
Rifiuti organici, dal 1 gennaio sarà obbligatoria in tutta Italia la raccolta differenziata
Versari (Biorepack): «Insieme all’organico ora devono essere conferiti nell’umido i sacchetti della spesa, le cialde del caffè realizzate in materiale compostabile, i nuovi imballaggi»
[29 Dicembre 2021]
Per l’80% della popolazione italiana la raccolta differenziata dei rifiuti organici (Forsu) fa già parte della quotidianità, ma tra pochi giorni si attiverà un trampolino normativo per arrivare al 100%.
L’articolo 182 ter del decreto legislativo 152/2006, che recepisce in Italia la direttiva europea 2018/851 in materia di rifiuti, dispone infatti che dal 1 gennaio 2022 in tutti i Comuni italiani sarà obbligatorio prevedere la raccolta differenziata della frazione umida. Ovvero gli scarti organici, come classici residui di cibo, ma anche gli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile (certificati EN 13432): sacchetti in bioplastica prima di tutto, ma anche imballaggi di frutta e verdura, piatti, bicchieri e stoviglie monouso realizzate in materiale compostabile, che l’Italia ha escluso dal perimetro di applicazione della direttiva europea sulle plastiche monouso (Sup).
«La norma introdotta dalla direttiva europea, ed anticipata in Italia, è un’ottima notizia per chiunque abbia a cuore la corretta gestione sostenibile dei materiali post consumo – dichiara Enzo Favoino di Zero waste Europe – Dal punto di vista agronomico separare l’organico dal resto dei rifiuti è importante per restituire al terreno materia viva e fertile. La fertilità dei suoli dipende essenzialmente dalla presenza di sostanza organica», che il compost ottenuto dal riciclo dei rifiuti organici si propone appunto di aumentare.
Per supportare la raccolta differenziata e raggiungere gli obiettivi di riciclo dei rifiuti organici, è stato costituito nel 2020 Biorepack, il consorzio di filiera del sistema Conai dedicato agli imballaggi in bioplastica compostabile, primo nel panorama europeo.
«Ricordiamoci sempre di usare le bioplastiche compostabili per raccogliere la frazione organica – è l’appello di Marco Versari, presidente di Biorepack – I sacchetti biodegradabili e compostabili hanno contribuito a rendere l’Italia il Paese europeo che raccoglie più frazione organica. Insieme all’organico ora devono essere conferiti nell’umido i sacchetti della spesa, le cialde del caffè realizzate in materiale compostabile, i nuovi imballaggi. Tutto ciò contribuisce ad aumentare ulteriormente questi tassi di raccolta».
Ma oltre alla quantità, è sempre più necessario guardare alla qualità di quanto raccolto e (dunque) del compost ottenuto dal riciclo, anche a fronte delle difficoltà generate dal continuo incremento di bioplastiche di diversa natura.
Già oggi l’organico rappresenta la frazione di rifiuti urbana più raccolta in Italia (39,3% in peso), ma come documenta l’ultimo report Ispra in materia, proprio l’organico mostra un leggero ma costante peggioramento della qualità della raccolta, a causa di conferimenti errati da parte dei cittadini. E se questo è un problema per i tradizionali impianti di compostaggio, secondo il Consorzio italiano compostatori (Cic) potrebbe esserlo ancora di più per i moderni biodigestori, anche se al momento è presto per disporre di dati puntuali: su 359 impianti presenti lungo lo Stivale per la gestione dei rifiuti organici, solo 23 sono biodigestori anaerobici.
In Toscana, ad esempio, il compost (ammendante) in uscita dagli impianti di compostaggio è solo l’11%. Il compost fuori specifica rappresenta un altro 9%, lo scarto il 26%, le perdite di processo il 48%. Numeri che evidenziano anche l’urgente necessità, in capo in primis ai cittadini, di migliorare la qualità delle raccolte differenziate, in modo che il compost abbia poi le caratteristiche adeguate per essere impiegato in agricoltura anziché costituire un disvalore economico.
In questo contesto, più di qualche grattacapo lo porta anche la quota crescente degli imballaggi in bioplastiche, ovvero quei materiali derivati soprattutto da fonti rinnovabili (ma anche di origine fossile), che hanno la caratteristica di essere biodegradabili e compostabili in conformità allo standard europeo armonizzato EN 13432.
Una filiera industriale d’eccellenza, dove l’Italia riveste un ruolo di leadership internazionale, ma dove c’è ancora molto da lavorare per chiudere in modo sostenibile il ciclo di vita. Il problema è che le bioplastiche per essere correttamente riciclate richiedono impianti con caratteristiche molto diverse (in termini di condizioni di temperatura, umidità, tempo di trattamento, etc) rispetto a quelle necessarie per gli altri rifiuti organici; soprattutto se si parla di plastiche rigide, come quelle di piatti e bicchieri, anziché dei sacchetti. Un problema che è stato sollevato da tempo dai gestori di rifiuti, con la Toscana ancora una volta come antesignana, con la speranza che l’avvio di un Consorzio dedicato come Biorepack possa presto contribuire a migliorare la situazione.