Cisam, Legambiente: «Legittime preoccupazioni»
[5 Novembre 2013]
Lo smantellamento del reattore nucleare Cisam di San Piero a Grado e lo smaltimento delle acque della sua piscina fanno venire al pettine i problemi di una tecnologia che oltre mezzo secolo fa era stata presentata come una importante risorsa e che oggi cotituisce solo un problema. Lo smantellamento è una operazione con costi paragonabili a quelli della costruzione che pone il problema della collocazione delle scorie e delle parti contaminate. Si tenga presente che in nessun paese al mondo è stato individuato il deposito nazionale per lo stoccaggio definitivo; ricordate Scansano Ionico?
Il reattore del CAMEN (oggi CISAM), progettato per la ricerca in campo militare e industriale negli anni ’50, è stato attivo dal 1963 al 1980. È un reattore di ricerca, quindi di taglia molto minore rispetto di quelli destinati alla produzione di energia elettrica: 5 MW termici a confronto di oltre 3000 MW.
Le barre di combustibile sono state da diversi anni sistemate in depositi provvisori (??) ed entro il 2020 altre parti finiranno in simili depositi, che provvisori non sono, come detto sopra.
Ora tocca all’acqua della piscina che conteneva il nocciolo del reattore,usata come “moderatore” della energia dei neutroni prodotti dalle fissioni. Sono 750 mc, 750.000 litri. I cittadini si chiedono se l’operazione, oltre che costosa (30 milioni di euro), sia anche pericolosa.
Per quanto a distanza di diversi decenni la radioattività nella piscina sia molto diminuita, questa non è eliminabile con processi fisici o chimici e, per alcuni radioisotopi, dura un tempo “eterno” rispetto alla vita umana. Unica possibilità è immagazzinare il materiale in luogo sicuro o diluirlo nell’ambiente, come si farà per l’acqua della piscina. Un primo passo sarà un processo di evaporazione sottovuoto per raccogliere radioisotopi residui. Quindi l’acqua sarà racolta in vasche appositamente costruite presso il depuratore di Pisa sud e da lì immesse nel canale dei Navicelli, 30 mc circa ogni settimana, circa 4 litri al minuto, come un rubinetto di casa ben aperto.
Per valutare il possibile rischio occorre tenere presente che siamo costantemente immersi in un “fondo radioattivo” dovuto a cause naturali, estremamente variabile da luogo a luogo: è legittimo chiedersi l’operazione non produca un aumento del fondo nelle diverse matrici (terra, acqua, aria) o se si possa avere un effetto di accumulo e concentrazione in alcuna parte dell’ecosistema. La peoccupazione è legittima ed è giusto chiedere alle istituzioni un facile accesso a informazioni comprensibili da parte dei cittadini. L’autorizzazione della Provincia di Pisa prevede “rendicontazioni bimestrali, ma è legitimo chiedere ulteriori garanzie.
Sabato 26 ottobre si è tenuto a Pisa un incontro organizzata dai comitati “NonBruciamociPisa”, “Acqua bene comune” e “Quartiere Porta a mare”. Ha partecipato l’ingegner Giorgio Ferrari, già impiegato in ENEL nella gestione del combustibile nucleare e autore di testi sull’argomento, che ha esposto le sue considerazioni sulla base dei pochi dati disponibili. Ferrari ha illustrato la complessità delle operazioni di smantellamento di tutte le parti contaminate. Ha inoltre denunciato un anomalo quadro di controllo sull’intera operazione in quanto decreti ad-hoc permetterebbero procedure in contrasto con le norme internazionali (legislative e tecniche) sulla sicurezza nucleare. In particolare le funzioi di controllo non sono esercitate da un ente terzo, ma sono ricondotte all’interno del Ministero della Difesa, con facoltà di tipo autorizzativo a corpi militari che si avvalgono della consulenza del CISAM stesso, ovvero di chi dovrebbe essere autorizzato e controllato. L’ENEA ha solo la funzione di labratorio di analisi. Inoltre la “formula di scarico” (insieme delle prescrizioni per l’immissione controllata di radionuclidi nell’ambient), che dovrebbe essere responsabilità del CISAM,ente appaltante, viene invece elaborata dalla ditta esecutrice dei lavori.
Durante l’incontro si è rilevato che lo smantellamento del reattore costituisce a tutti gli effetti una attività di natura industriale-civile con possibili ricadute sulla salute della popolazione e sull’ambiente. Di conseguenza l’attività di trattamento dei rifiuti radioattivi sarebbe sottoposta alle prescrizioni autorizzative della legislazione civile e alle relative direttive in materia di Valutazione di Impatto Ambientale ove applicabili. La VIA potrebbe anche considerare l’”opzione zero” e cioè il non sversamento delle acque nel canale dei Navicelli: la piscina potrebbe essere il posto più sicuro, anche alla luce del ruolo di “schermo” svolto dall’acqua per le successive operazioni di smatellaemnto della piscina stessa.
Sono stati anche avanzati dubbi sulla tecnica di trattamento dell’acqua radioattiva (evaporazione sotto vuoto), che potrebbe risultare non adeguata al fine di eliminare i componenti radioattivi più leggeri, come il trizio, tanto è vero che in precedenza lo stesso CISAM aveva ipotizzato di impiegare allo scopo resine a scambio ionico.
Insomma: non mancano i motivi di attenzione.
di Circolo Legambiente Pisa