Guerra in Ucraina e crisi energetica, l’impatto in Toscana
L’Irpet calcola i possibili effetti su imprese e famiglie
[17 Marzo 2022]
Con il rapporto “La guerra in Ucraina. Quanto è economicamente esposta la Toscana?”, l’istituto di programmazione economica della Regione (Irpet), ha calcolato quanto il sistema produttivo toscano sia esposto rispetto alle domande di beni e servizi dalla Russia, quanto la Toscana dipenda dai prodotti russi per le sue produzioni, quanto la guerra potrà influire sui prezzi e di conseguenza sui bilanci delle famiglie (e quali famiglie).
Secondo Irpet, L’invasione della Russia in Ucraina sta generando nella opinione pubblica dei Paesi occidentali, negli ambienti politici, fra gli studiosi, una forte indignazione per una aggressione cruenta e lesiva della libertà e del diritto alla democrazia di un popolo. A questo sentimento popolare si accompagna una seria preoccupazione per le ricadute negative che la guerra rischia di provocare sulla economia mondiale. Il timore che la ripresa, dopo due anni di pandemia contrassegnati da una profonda recessione, possa subire una significativa interruzione ha due principali ordini di motivazioni. La prima risiede nelle conseguenze di una contrazione delle relazioni commerciali con la Russia e, più in generale, del commercio mondiale. Il rischio di ripercussioni sull’attività economica si gioca in questo caso su due fronti: da un lato, la nostra esposizione diretta o indiretta alla domanda di beni e servizi proveniente dalla Russia; dall’altro, la nostra dipendenza dalle importazioni di beni e servizi russi. La seconda fonte di preoccupazione trae fondamento invece dalla accelerazione dei prezzi delle materie prime. L’incremento dei prezzi di gas e petrolio, di cui la Russia è grande esportatrice, rischia di alimentare l’inflazione, già surriscaldata in Europa dallo squilibrio fra un eccesso di domanda ed un difetto di offerta di materie primarie, essenziali per la produzione. L’aumento dei prezzi, riflettendosi sui costi per le imprese, potrebbe diminuire la competitività del sistema produttivo in una misura tanto maggiore quanto più ampia è la dipendenza di ogni Paese dalle importazioni russe».
Ecco un sunto dei principali punti del rapporto:
La Toscana che esporta in Russia
Se la Russia si isolasse e smettesse di fare acquisti, il Pil toscano si ridurrebbe di 0,6 punti percentuali: un impatto non trascurabile, ma neanche eccessivamente preoccupante. La più esposta è l’industria dei macchinari (dove le esportazioni in Russia pesano per quasi il 9 per cento del valore aggiunto di tutto il settore), a seguire industria estrattiva, meccanica di precisione, industria chimico farmaceutica e altri comparti della metalmeccanica. La moda dipende dalla domanda russa per l’1,1 per cento; ma visto il peso del comparto in Toscana, che vale oltre un quarto dell’intera produzione industriale, non è una cifra da poco.
Sono poco più di 1800, secondo Irpet, le imprese toscane che esportano sul mercato russo: lo 0,5 per cento di tutte le aziende della regione, con un’incidenza media sui fatturati dell’1,5 per cento. Le prime trenta aziende più esposte coprono da sole il 50 per cento delle esportazioni totali nel paese e si concentrano nei settori manufatturieri.
Quello che acquistiamo in Russia
Ma il rischio maggiore, analizza ancora l’istituto di programmazione economica della Toscana, si gioca sulle importazioni dalla Russia piuttosto che sulle esportazioni. Patiamo la dipendenza sul fronte energetico. Fare previsioni è complicato. I settori più esposti alla crisi sono comunque di nuovo quello estrattivo, della raffinazione petrolifera e delle utilities. Un terzo della produzione dei settori chimico-farmaceutico e alimentare può risentire del blocco delle importazioni dalla Russia e un quarto della produzione del comparto moda. Il più esposto, tra i servizi, è il il settore di trasporto e magazzinaggio.
Lo stress test di Irpet
L’Irpet ha provato a fare una simulazione. Nel caso di un raddoppio dei prezzi delle materie prime provenienti dalla Russia, i prezzi alla produzione crescerebbero del 19,3 per cento per la raffinazione, del 3,6 per cento per l’estrattivo e dell’1,9 per cento per le utilities. E se l’aumento coinvolgesse questi settori in tutto il mondo, l’impatto sui comparti più energivori sarebbe rilevante: dalla lavorazione dei minerali (tra l’11,4 e il 13,3 per cento di aumento), alla carta (+5,6 per cento) al chimico-farmaceutico (+5.9 per cento).
Inflazione al 3,5 per cento
A cascata tutto ciò si ripercuoterebbe sui consumi anche delle famiglie. Il rischio è un’inflazione annua aggiuntiva del 3,5 per cento, con punte del 13,6 per cento sulle spese legate al riscaldamento e illuminazione della casa, del 6,1 per cento per interventi di manutenzione e acquisto di mobili, il 7,7 per cento sui trasporti, l’1,5 per cento su alberghi e ristoranti. Per i soli effetti di un eventuale raddoppio dei costi energetici i prezzi sugli alimentari rischierebbero di crescere del 2,7 per cento: ma se raddoppiassero anche i prezzi dei prodotti agricoli che la Toscana importa, si sommerebbe un incremento di altri 5 punti. E l’inflazione potrebbe arrivare all’8 per cento: anche in questo caso una scenario possibile e non una previsione.
Luce e gas, l’impatto sui bilanci familiari
Nel 2021 mediamente l’8 per cento del bilancio di ogni famiglia era destinato mediamente alle spese di energia elettrica, gas e carburante per l’auto. A gennaio 2022, in conseguenza dell’aumento dei costi energetici registrati già prima del conflitto in Ucraina, l’incidenza delle tre voci aveva raggiunto il 13 per cento. La guerra, stima l’Irpet, rischia di portarla ora al 14 per cento (di cui il 4,6 per cento è il peso della sola componente dell’energia elettrica)l Sono 464 euro l’anno in più rispetto a quanto avremmo già pagato nel 2022 senza il conflitto ucraino. Un salasso, sommato agli effetti della crisi energetica indipendente dalla guerra, pari a 2200 euro di spesa media aggiuntiva a famiglia in un anno. Con un peso maggiore, in percentuale, sulle famiglie con i redditi più bassi, dove la spesa per luce, riscaldamento e carburante potrebbe incidere per oltre un terzo del reddito disponibile, quasi il doppio rispetto alla situazione precedente allo shock energetico prima e agli effetti della guerra poi.
Irpet conclude: «Gli effetti negativi sulla produzione sono pertanto una prospettiva non infondata. Anche perché l’impennata inflazionistica agirebbe sulla riduzione di potere d’acquisto dei consumatori comprimendo la domanda complessiva. Un tale contesto, con molti Paesi a corto di munizioni fiscali, rischia infine di alimentare una stretta monetaria, generando nel complesso una flessione della crescita. Gli effetti a catena della crisi ucraina potrebbero quindi, se duraturi, dare l’avvio ad un periodo di stagflazione, ovvero ad un combinato disposto di recessione e inflazione che, allo stato attuale per le condizioni date, è solo un possibile scenario e non ancora una previsione. Ma che è doveroso ipotizzare, nell’eventualità che accadesse, per non farsi trovare impreparati».
ella guerra poi.