I dati Arpat parlano chiaro, tra Lucca e Capannori l’aria migliora ma non basta

Michele Urbano (Legambiente): «Assai probabile che il fulcro della questione sia relativo alla questione della mobilità dei mezzi pesanti»

[22 Febbraio 2021]

«L’analisi dei dati Arpat conferma la criticità storica nella Piana lucchese relativamente al Pm 10 per la stazione di fondo (per i valori dell’abitato, ndr) di Capannori e all’ozono per la stazione di Lucca Carignano». Lo afferma Michele Urbano, responsabile del settore inquinamento atmosferico di Legambiente Toscana (nella foto, ndr).

Che aria respiriamo? «Tutte le stazioni in provincia di Lucca hanno valori medi di Pm10 superiori alla media regionale. Ma ad eccezione della stazione di Capannori, si registra un trend generale di miglioramento per il PM10 nella provincia di Lucca».

Per Urbano è importante «interrogarsi sui motivi reali che determinano i dati anomali di Capannori. La questione delle biomasse appare poco convincente: nella nostra regione solo Capannori è rimasta all’età della pietra? Se osserviamo i dati dell’area fiorentina scopriamo che il netto miglioramento è coinciso con l’entrata in funzione della tranvia. È evidente il ruolo che gioca la mobilità in questo quadro ed è assai probabile che il fulcro della questione sia relativo alla questione della mobilità dei mezzi pesanti».

A tutela della salute, spiega l’esperto, l’Oms ha stabilito per il Pm10 il valore limite di 20 µg/m3. «Esattamente la metà del limite normativo. In provincia di Lucca questo limite non è rispettato», sottolinea Urbano.

E rispetto alla Toscana?

«Le stazioni di Lu-Capannori, Lu-Micheletto, Lu-Viareggio, Lu-San Concordio, Lu-Fornoli rappresentano rispettivamente il primo, terzo, quarto, ottavo e quindicesimo posto dei valori di Pm 10 in Toscana del 2020». In più, afferma Urbano, «la stazione di Lu-Carignano presenta il valore della media massima giornaliera per il superamento dell’ozono più elevato dell’intera rete regionale».

Come si producono questi inquinanti?

«Recenti evidenze scientifiche dimostrano l’importanza della componente traffico, soprattutto della logistica merci su strada, in relazione alla formazione dell’aerosol secondario, che rappresenta la componente principale del Pm 10». Urbano sottolinea che la più alta concentrazione media di Pm 10 si ha lungo i principali assi viari dei territori densamente abitati ed industrializzati, caratterizzati da bassa diffusività atmosferica. Inoltre, per l’esperto, il riscaldamento domestico a biomasse, l’industria e l’agricoltura intensiva sono chiamati in causa, «ma il loro ruolo inizia ad essere più rilevante su una scala più ampia».

La rete regionale delle stazioni di misurazione fotografa in modo adeguato la provincia lucchese?

«Sebbene il tema della rappresentatività spaziale delle centraline sia rilevante, in ambito europeo non è stata ancora individuata una metodologia di riferimento. Nella piana di Lucca sono state individuate la centralina di Capannori, che ha una rappresentatività di 10km di raggio e arriva a coprire l’intero centro urbano del capoluogo, e quella di San Concordio, che ha una rappresentatività di 5 km di raggio. La stazione di Viareggio ha invece una rappresentatività di 3 km, quindi strettamente limitata al centro urbano. Non è stata valutata la rappresentatività della stazione di Fornoli, che si trova nella zona collinare montana, nel Comune di Bagni di Lucca».

Cosa va fatto per monitorare gli effetti sulla salute del particolato?

«È importante migliorare la comprensione del meccanismo con cui si forma. È essenziale dare piena attuazione alla Direttiva Eu sulla qualità dell’aria che prevede che negli stati membri venga indagata anche la concentrazione per speciazione del particolato fine PM 2.5 su base annuale. Auspichiamo che l’aggiornamento del progetto Patos (Particolato Atmosferico in Toscana, ndr) possa fornire un utile strumento per attuare corrette strategie di contrasto all’inquinamento atmosferico».

di Nicola Giuntini per “In cammino – Toscana oggi”