L’università di Pisa con le cooperative di Libera per coltivare le terre confiscate alla mafia

Il dipartimento di Scienze agrarie ha fatto attività di formazione per due cooperative calabresi

[30 Ottobre 2015]

Dal 2010 un gruppo di ricerca del settore Meccanica agraria del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agroambientali dell’Università di Pisa sta collaborando con il Consorzio Libera Terra per rendere produttivi e remunerativi i terreni confiscati alla mafia e restituiti alla legalità. Prima il team pisano ha svolto attività di formazione sul campo in due cooperative calabresi: la “Valle del Marro” e “Terre Joniche”, poi ha collaborato per definire strategie per la gestione dei terreni e l’adozione di macchinari specifici.

Il professor Andrea Peruzzi spiega che «L’obiettivo principale di queste aziende è fare agricoltura biologica e farla in modo economicamente redditizio. l nostro ruolo è stato quello di dar loro supporto per la scelta e la messa a punto dei macchinari da usare per ottenere produzioni ottimali, grazie anche al contributo di alcuni costruttori di macchine agricole che hanno di fatto “partecipato” al progetto fornendo attrezzature a prezzi politici».

I costruttori di macchine agricole che hanno contribuito al progetto sono Agribal, Donati, Gruppo Nardi, Marchetti, MIPE-Viviani srl, Nobili, Spapperi. La fornitura delle attrezzature per trattamenti termici progettate e realizzate presso l’Università di Pisa è stata totalmente gratuita. Il gruppo di ricerca ha inoltre coinvolto un imprenditore agricolo, Giulio Ciampana di Montalto di Castro, nonché trattorista e orticoltore molto esperto, notevolmente motivato dal valore etico di questo progetto e sostenitore convinto di Libera e Libera Terra.

Il Consorzio Libera Terra è costituito da numerose cooperative che coltivano terreni confiscati alle mafie, rendendo “legalmente” produttive e remunerative le attività agricole svolte in contesti fortemente degradati dalle precedenti forme di gestione attuate da organizzazioni criminali: «Le modalità di gestione di questi terreni sono rigorosamente biologiche, una scelta che incrementa il valore etico di queste attività, che risultano connesse con la massima tutela del territorio e dell’ambiente, nonché della salute degli operatori e dei consumatori – commenta Peruzzi – Le cooperative sono formate da giovani, spesso caratterizzati da conoscenze ed esperienze limitate o del tutto assenti relativamente alla conduzione delle aziende agricole e alla definizione di pratiche colturali appropriate, ma fortemente motivati ad affrontare questa “sfida”».

Il team pisano si è reso conto che le forme di gestione adottate dalle cooperative non sempre consentivano di ottenere buoni risultati: «Ad esempio, presso la cooperativa Valle del Marro, l’utilizzo ripetuto di attrezzature azionate per la preparazione del terreno prima dell’impianto di colture di peperoncino e melanzana, aveva causato una rilevante diffusione delle infestanti stolonifere e rizomatose. La strategia colturale è stata dunque impostata sulla preparazione del letto di semina con attrezzature equipaggiate con utensili ad azione statica, in modo da permettere di ottimizzare il controllo preventivo delle malerbe e in seguito, utilizzando le sarchiatrici progettate e realizzate presso l’Università di Pisa, consentirne la rimozione selettiva sia nell’inter-fila che sulla fila, riducendo drasticamente il ricorso alla scerbatura manuale. Presso la cooperativa Terre Ioniche invece è stata messa a punto una strategia colturale mirata a ottimizzare la produzione “conservativa” di cereali e leguminose e la coltivazione del finocchio su terreno baulato».

Peruzzi è molto soddisfatto: «La collaborazione con Libera Terra ha dato fino ad adesso ottimi risultati mettendo in luce il ruolo centrale dell’“elemento umano” nel successo di operazioni all’apparenza tecniche e “aride” come quelle che riguardano la scelta e il corretto impiego delle macchine agricole I rapporti personali, la condivisione, il rispetto, l’amicizia e la reciproca stima tra i membri delle cooperative, i ricercatori, i costruttori, l’imprenditore agricolo, hanno infatti determinato una rilevante sinergia e una forte empatia, fondata anche sulla consapevolezza di “remare nella stessa direzione”, ossia verso una cultura della legalità che riguarda non solo la gestione delle attività agricole dei terreni confiscati alle mafie, ma anche la formazione degli studenti, la trasmissione del sapere, del fare, del saper fare e del saper far fare».