La Regione ha presentato oggi le Linee guida, in attesa del Piano regionale
Sui tetti toscani si stima la presenza di 1.500 ettari di amianto. Ma non sappiamo dove smaltirlo
Su 4 discariche presenti 3 hanno sospeso i conferimenti o esaurito gli spazi, 1 è stata appena dissequestrata dopo uno stop di 13 mesi. E le volumetrie rimangono drammaticamente insufficienti
[18 Maggio 2018]
In attesa del’approvazione del Piano regionale amianto (previsto dall’articolo 2 della legge regionale 19 settembre 2013) è di fondamentale importanza conoscere l’ubicazione dei siti con presenza di materiali contenenti amianto per un’efficace programmazione degli interventi di bonifica e per il loro smaltimento in sicurezza. A tal fine il Consorzio Lamma è stato incaricato di individuare le coperture potenzialmente contenenti amianto per l’intero territorio regionale, e i risultati dell’indagine sono confluiti all’interno delle Linee guida sull’amianto presentate stamani Federica Fratoni e Stefania Saccardi, rispettivamente assessore all’Ambiente e alla Salute.
«Sappiamo – ha esordito Fratoni – che la normativa nazionale ha 25 anni (la legge nazionale 27 marzo 1992 n° 257, ndr), ma la situazione dei nostri edifici con presenza di fibre d’amianto è ancora importante». L’indagine Lamma si è concentrata in particolare sui tetti di superficie uguale o superiore a 400 mq, tipici dei capannoni industriali, che occupano in Toscana una superficie di 8.469 ettari (pari al 31% di tutti i tetti toscani), andando a indagare la presenza di coperture a onduline, in quanto tipologia costruita molto spesso da cemento-amianto. La stima finale parla di 1544.9 ettari di ondulina, potenzialmente contenente amianto, individuati in tutto il territorio regionale.
Materiali che dovranno essere bonificati e poi smaltiti. Ma dove? I rifiuti contenenti amianto (Rca) sono classificati con i codici Cer (Catalogo europeo dei rifiuti) pericolosi e – come si sottolinea nelle linee guida – a causa del «contenuto di sostanza pericolosa, i rifiuti contenenti amianto non possono essere sottoposti a recupero, e sono pertanto destinati ad impianti di smaltimento finale, ovvero alle discariche», che si tratti di discarica dedicata o dotata di cella monodedicata ai Rca. Il problema è che in Toscana come nel resto d’Italia le discariche di questo tipo sono scarsissime; dove presenti, spesso l’onda emotiva del vicinato porta a chiuderle; dove in programmazione, per lo stesso motivo ne viene ostacolata la realizzazione. Col risultato che le bonifiche stesse sono ferme al palo.
«L’obiettivo – ricapitola dunque Saccardi – è aumentare la sicurezza dei cittadini e dei lavoratori in relazione alla presenza di amianto. C’è il divieto dell’utilizzo ma questo non ci esime dal mettere in atto una serie di azioni che vanno dalla sorveglianza sullo smaltimento (in Toscana nel 2016 sono state smaltite circa 52mila tonnellate), alla sorveglianza sui mesoteliomi, fino ad arrivare al Piano che l’assessorato al diritto alla salute ha varato nel 2016 e che riguarda la sorveglianza degli ex esposti all’amianto».
Uno dei grandi problemi è però che a fronte delle «52mila tonnellate» smaltite in Toscana nel 2016, il Consorzio Lamma mostra un quantitativo ben superiore (in ettari) delle onduline potenzialmente contenenti amianto, e sottolinea che «la presenza dell’amianto è stata valutata solo sulle coperture dei tetti escludendo di fato la presenza del materiale con amianto utilizzato in altri ambiti (pareti, controsoffitti, tubature, depositi etc.)». Allargando dunque il campo d’osservazione, già nel Piano rifiuti e bonifiche del 1999 si stimava la presenza su suolo regionale di 2 milioni di tonnellate d’amianto.
Dove è possibile smaltirli? Le linee guida presentate oggi mostrano una situazione di acuta criticità sotto il profilo delle possibilità di smaltimento. «In Toscana fino al 2017 – si spiega – risultano presenti 4 discariche per lo smaltimento di Rca, di cui tre autorizzate come discariche per rifiuti speciali non pericolosi e una per rifiuti speciali pericolosi, limitatamente a quelli prodotti dalle attività di bonifica di Enel Green Power spa». Da sottolineare che non si tratta di impianti scelti arbitrariamente: i Rca che possono essere conferiti ai diversi impianti sono individuati nelle Autorizzazioni integrate ambientali (Aia) rilasciate dalle amministrazioni competenti.
Ma gli spazi in discarica stanno finendo, o sono già finiti. Come mostrano le Linee guida (con la tabella riportata qui sopra, ndr) a Cascina «la cella è esaurita e i conferimenti interrotti. L’autorizzazione è in corso di modifica per incremento volume per Rca di 44.000 mc». A Montignoso «la volumetria residua per Rca dichiarata è pari a 70.000 mc», ma «all’inizio del 2018 la discarica di Montignoso ha sospeso temporaneamente i conferimenti ed è inoltre previsto l’avvio di un procedimento amministrativo per la variazione dell’autorizzazione». A Serravalle Pistoiese «la volumetria residua per Rca dichiarata è pari a circa 574.000 mc», ma le pressioni attorno alla discarica del Cassero – chiusa per 13 mesi a causa di un sequestro “preventivo” e poi riaperta, in quanto valutato come non pericolosa la ripresa dei conferimenti – rimangono molto alte. Anche a Pomarance, infine, la «cella amianto è esaurita. Non sono al momento previsti ampliamenti».
Senza dimenticare che queste discariche non sono neanche autorizzate a smaltire tutte i tipi di rifiuti contenenti amianto: «Emerge la mancanza sul territorio regionale di un impianto in grado di accogliere rifiuti contenenti amianto pericolosi diversi dai materiali da costruzione e dai materiali isolanti di Enel, problema d’altra parte che riguarda tutto il territorio nazionale», Paese dove ricordiamo essere ancora presenti 32-40 milioni di tonnellate di amianto.
Ad oggi dunque non sappiamo dove smaltire l’amianto che ci rimane da bonificare. Un nodo che la Regione si incarica di sciogliere: «Il numero e la collocazione dei siti di smaltimento dei Rca, con la volumetria complessiva disponibile che consenta alla Regione Toscana di fare fronte alle necessita di bonifica e smaltimento dei rifiuti generati sul proprio territorio, dovranno essere stabiliti – riportano le Linee guida – nell’ambito della pianificazione regionale in materia di gestione dei rifiuti, in coerenza con il Piano regionale di tutela dall’amianto. In tale ambito dovrà anche essere considerata la necessita di smaltire rifiuti contaminati da amianto, che vengono generati nelle attività di bonifica, e non solo di rifiuti contenenti amianto, unica garanzia per la corretta classificazione da parte del produttore (imprese che effettuano le bonifiche) e gestione da parte dei diversi soggetti preposti allo smaltimento dei rifiuti, dal trasporto alla discarica».
L. A.