L’Università di Pisa al lavoro per creare un’intelligenza artificiale sostenibile
L’obiettivo è definire un nuovo sistema di apprendimento incrementale, con consumi che «si avvicinano a quelli di una lampadina»
[19 Gennaio 2024]
L’intelligenza artificiale è la “nuova” tecnologia che promette di rivoluzionare la vita sul pianeta, con il pendolo che non ha ancora smesso di oscillare tra un futuro radioso e uno distopico.
Intesa come la capacità di simulare il pensiero umano, consentendo alle macchine di apprendere, ragionare e risolvere problemi, l’intelligenza artificiale preannuncia robusti incrementi nella produttività e avanzamenti nella ricerca scientifica, ma potrebbe al contempo distruggere milioni di posti di lavoro, alimentare al disinformazione e alimentare la crisi climatica in corso.
Ad esempio, un recentissimo studio dell’Università del Massachusetts documenta che addestrare un singolo modello di intelligenza artificiale può emettere tanta CO2 quanto 5 automobili nel corso del loro ciclo di vita.
Tutti questi temi si trovano al centro del World economic forum in corso a Davos, ma anche in Toscana c’è chi sta tentando di contribuire a risolverli, rendendo l’intelligenza artificiale più flessibile, efficiente e sostenibile anche dal punto di vista ambientale.
È questa la sfida lanciata da un gruppo internazionale di ricercatori – coordinato dal Neuromorphic AI Lab (Nuai Lab) dell’University of Texas at San Antonio – di cui fa parte anche Vincenzo Lomonaco, tra i massimi esperti italiani di continual learning e ricercatore presso il Dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa.
«La fallibilità dell’intelligenza artificiale è ancora troppo alta e questo perché, così come la conosciamo oggi, si basa su sistemi di apprendimento automatico troppo rigidi, che la rendono incapace di affrontare condizioni nuove, non precedentemente incontrate durante il processo di addestramento – spiega Lomonaco – Di fatto, le facciamo apprendere una grande quantità di informazioni tutte insieme, ma ogni volta che emerge una novità su un determinato tema dobbiamo aggiornare il sistema da zero. Tutto ciò, oltre ad essere poco efficiente, ha anche dei costi altissimi, sia in termini economici che ambientali, visto l’elevato consumo di energia e le conseguenti emissioni di CO2 di questi processi».
Per gli stessi motivi aggiornare un sistema di intelligenza artificiale – i cui esempi più noti sono i modelli linguistici di grandi dimensioni (chatbot) come ChatGpt o Bard –, può arrivare a costare fino a diversi milioni euro.
Addestrare un’intelligenza artificiale a eseguire un compito specifico comporta infatti raccogliere una mole enorme di dati rappresentativi del problema che si vuole affrontare, costruire un algoritmo che riesca a cogliere i modelli, le relazioni e gli schemi di comportamento presenti nei dati, e infine sperare che non si vengano a creare situazioni inattese per non dover iniziare tutto da capo.
Una soluzione a tutto ciò, secondo Lomonaco e gli altri ricercatori del Nuai Lab, è rappresentata dall’apprendimento automatico continuo (noto anche come continual learning o lifelong learning), che permetterebbe all’intelligenza artificiale di assimilare un gran numero di conoscenze in sequenza, senza dimenticare quelle acquisite in precedenza.
«Per realizzare un sistema di apprendimento di questo genere è necessario modificare gli attuali paradigmi computazionali ed eliminare i vincoli infrastrutturali esistenti – prosegue Lomonaco – Per questo, con i colleghi del Nuai Lab di San Antonio, abbiamo gettato le basi di un nuovo sistema di apprendimento incrementale, basato sulla progettazione simultanea di componenti hardware e software, così da dar vita ad un sistema di lifelong learning per l’intelligenza artificiale che sia robusto e autonomo. Il tutto basato su algoritmi di nuova generazione che, lavorando in modo più simile all’intelligenza umana, permettono all’intelligenza artificiale di accrescere le proprie conoscenze in modo progressivo, più rapido ed efficiente, con consumi che si avvicinano a quelli di una lampadina».