Sono i Paesi più poveri ad accogliere più rifugiati, profughi e immigrati
In rapporto al Pil, 8 dei 10 Paesi che accolgono più rifugiati sono in Africa
[2 Marzo 2017]
Nel primo semestre del 2016, conflitti, persecuzioni e violenze hanno costretto almeno 3,2 milioni di persone ad abbandonare le loro case e – nonostante quanto crede e dice chi dice che ci stanno invadendo e che non siamo economicamente e socialmente in grado di sostenere il loro impatto, sono i Paesi più poveri, quelli a reddito basso o medio, a svolgere il ruolo maggiore nell’accogliere gli esseri umani che sono stati costretti ad abbandonare tutto ciò che possedevano e la lor patria. E’ quanto emerge dal rapporto “Mid-year trends 2016” pubblicato dall’Unhcr, l’agenzia Onu per i profughi.
ZSecondo il rapporto, «Nel corso del primo semestre del 2016, circa 1,7 milioni di persone sono state nuovamente sfollate nel loro stesso Paese, mentre altri 1,5 milioni hanno attraversato una frontiera internazionale.
La buona notizia è che il numero dei nuovi profughi è stato un terzo meno di quello dello stesso periodo del 2015, la essma notizia è che «Circa 5 milioni di persone sono state nuovamente sfollate e il totale è continuato ad amentare a livello mondiale. Les prospettive di ritorno delle persone eradicate restano rare, perché I conflitti si sono intensificati».
Mentre si grida all’invasione dell’Europa, l’Unhcr evidenzia che «Durante il primo semestre 2016, più della metà dei nuovi rifugiati che sono fuggiti dal conflitto siriano hanno trovato rifugio nei Paesi della regione: la urchia, la Giordania, il Libano l’Egitto».
Altre partenze di massa verso l’esilio hanno avuto luogo dall’Iraq, il Burundi, la Repubblica Centrafricana (Rca), la Repubblica democratica del Congo (Rdc), l’Éritrea, la Somalia, il Sudan e il Sudan del Sud. E il rapporto Unhcr dedica una preoccupata e particolare attenzione allo Stato più giovane del mondo: «Benché meno massiva della crisi siriana, la situazione dei rifugiati del Sudan del Sud continua tuttavia a svilupparsi e a colpire alcuni dei Paesi tra i meno avanzati di tutto il mondo, in particolare il Sudan, l’Uganda, il Kenya, la Rdc, la Rca e l’Etiopia. A metà 2016, si contava un totale di 854.200 rifugiati sud-sudanesi, cioè una cifra moltiplicata per 8 in tre anni. Le statistiche sono ancora aumentate nel secondo semestre 2016».
E’ la Turchia ad accogliere il maggio numero di rifugiati: 2,8 milioni a metà 2016, poi c’è il Pakistan (1,6 milioni), il piccolissimo Libano (1 milione), l’Iran (978.000), l’Etiopia (742.700), la Giordania (691.800), il Kenya (523.500), l’Uganda (512.600), la ricca Germania è solo nona (478.600) seguita dal poverissimo Ciad (386.100) il cui Pil è più basso di quello di una media città tedesca o italiana.
Filippo Grandi, Alto commissario Onu per i rifugiati, ha detto: «Oggi, siamo di fronte non a una crisi di numeri, ma anche a una crisi della cooperazione e della solidarietà, tanto più che la maggior parte dei rifugiati trovano rifugio nei Paesi vicini ai loro territori devastati dalla guerra». .
Vengono in mente le manifestazioni di protesta aizzate dai leghisti e fascisti e le dichiarazione di ricchi Paesi turistici che traboccano di seconde case sfitte ma che non sarebbero in gradi di ospitare un pugno di profughi, quando l’Unhcr fa il confronto tra numero di rifugiati e la dimensione della popolazione di un Paese o la sua capacità economica. Il rapporto evidenzia che «Per quanto riguarda la dimensione della loro popolazione, il Libano e la Giordania accolgono il più gran numero di rifugiati, mentre in termini di performance economica, il Sudan del Sud e il Ciad sopportano il carico più pesante».
In termini di valore assoluto del contributo economico per abitante, 8 dei 10 primi Paesi che accolgono rifugiati sono in Africa (Sudan del Sud, Ciad, Uganda, Burundi, Niger, Rwanda, Mauritania e Camerun) e 2 in Medio Oriente: Libano (quarto) e Giordania (ottava).
A metà 2016 i rifugiati siriani erano 5,3 milioni, il 32% dei 16,5 milioni di rifugiati del mondo sotto competenza Unhcr.
Un altro capitolo del rapporto sottolinea che «Le richieste di reinsediamento sono aumentate, riflettendo così un aumento di posti allocati – attraverso questo programma – da parte di un numero crescente di Paesi. Più di 81.100 dossier di candidature sono stati sottoposti a 34 Stati nel primo semestre 2016, la cifra annuale finale avrebbero superato i 160.000, cioè la più la più importante da 20 anni e più due volte il numero delle richieste depositate nel 2012».
Un altro rapporto, “Desperate journeys” presentato pochi giorni fa dall’Unhcr descrive l’impatto che le maggiori restrizioni alle frontiere introdotte nel 2016 stanno avendo sugli spostamenti di rifugiati e migranti verso e all’interno dell’Europa.
Secondo l’Unhcr, «Il rapporto mostra come, in assenza di canali legali d’accesso all’Europa, le persone continuino a spostarsi intraprendendo, però, viaggi ancora più pericolosi lungo rotte sempre più diversificate, spesso affidandosi ai trafficanti. In seguito alla “chiusura” della rotta dei Balcani occidentali e all’accordo Ue-Turchia del marzo 2016, è drasticamente diminuito il numero di persone che arrivano in Grecia lungo la rotta del Mediterraneo orientale. La rotta del Mediterraneo centrale, dal Nord Africa all’Italia, da allora è divenuta il primo punto di accesso all’Europa. Tuttavia, gli arrivi in Italia evidenziano come le principali nazionalità che arrivavano in Grecia non si sono spostate in numeri significativi sulla rotta del Mediterraneo centrale».
Per quanto riguarda il nostro Paese «In totale, circa 181.436 persone sono arrivate in Italia via mare nel 2016, delle quali il 90% su imbarcazioni partite dalla Libia. Fra le persone arrivate in Italia nel 2016 non vi erano solo persone che necessitavano di protezione internazionale, ma anche vittime di tratta e migranti in cerca di opportunità economiche. Le prime due nazionalità delle persone arrivate in Italia sono state quella nigeriana (21%) e quella eritrea (11%). Un dato impressionante è costituito dal numero crescente di minori non accompagnati o separati, oltre 25.000 nel 2016, che rappresenta il 14% di tutti gli arrivi registrati in Italia nel 2016, un numero più che raddoppiato rispetto all’anno precedente. Il viaggio per l’Italia è estremamente pericoloso, il numero di morti avvenute nel Mediterraneo nel 2016 è il più alto mai registrato. Dei 5.022 rifugiati e migranti morti o dispersi in mare nel 2016, il 90% era lungo la rotta via mare per l’Italia, con una media di una persona ogni 40 che hanno intrapreso la traversata».
Inoltre, il rapporto evidenzia he negli ultimi mesi del 2016 sono aumentate le persone che hanno raggiunto l’Europa lungo la rotta del Mediterraneo occidentale, effettuando la traversata a partire dal Marocco e dall’Algeria o entrando nelle enclave spagnole di Melilla e Ceuta.
Per quanto riguarda la rotta dei Balcani occidentali, nonostante il numero sia diminuito a partire da aprile, continuano ad esserci rifugiati e migranti che la percorrono: «La maggior parte di queste persone s’imbarca dalla Turchia per raggiungere la Grecia via mare, – dice l’Unhcr – ma altre attraversano le frontiere terrestri di Grecia e Bulgaria o raggiungono Cipro via mare. Le persone che hanno intrapreso questa rotta sono per la maggior parte persone bisognose di protezione internazionale, nel 2016 l’87% di quelle che sono arrivate in Grecia proveniva dai 10 maggiori Paesi “produttori” di rifugiati al mondo. Questo è anche il caso di coloro che hanno continuato a spostarsi lungo la rotta dei Balcani occidentali. In Serbia, per esempio, circa l’82% delle persone arrivate proveniva da Afghanistan, Iraq e Siria e quasi la metà era costituito da bambini, il 20% dei quali non accompagnati, sebbene questo numero si sia poi ridotto a partire dal mese di aprile 2016».
“Desperate journeys” evidenzia che «Come risultato delle maggiori restrizioni ai confini sempre più persone si sono affidate ai trafficanti, con rischi maggiori che hanno causato un maggior numero di morti».
Secondo lo studio dell’Unhcr, «in Europa si sono registrati decine di migliaia di casi di persone respinte dalle autorità di frontiera di Bulgaria, Croazia, Grecia, Ungheria, Serbia, Spagna e dell’Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, con diversi presunti casi di violenza e abusi, che avevano il chiaro obiettivo di scoraggiare ulteriori tentativi di ingresso nei Paesi. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, inoltre, ha ricevuto denunce estremamente preoccupanti di casi di rifugiati e migranti sequestrati, trattenuti per giorni contro la loro volontà, vittime di violenze fisiche e sessuali, di torture o di estorsioni da parte di trafficanti e gruppi criminali in diverse zone lungo le principali rotte».
Vincent Cochetel, Il direttore dell’Unhcr per l’Europa, conclude: «Questo rapporto mostra chiaramente che l’assenza di canali d’accesso sicuri porta rifugiati e migranti, inclusi coloro che intendono ricongiungersi con le proprie famiglie, ad affrontare rischi enormi nel tentativo di raggiungere l’Europa».