Sierra Club: «Eliminerebbe le protezioni ambientali, svenderebbe le terre pubbliche, non riuscirà a riparare le infrastrutture americane»
La truffa delle infrastrutture di Trump: regali ai ricchi e danni all’ambiente
Per attraversare le aree protette, oleodotti e gasdotti avrebbero bisogno solo dell’autorizzazione del Dipartimento dell’interno
[30 Gennaio 2018]
Fin dagli anni ’20, le compagnie che vogliono costruire oleodotti che attraversano i Parchi Nazionali statunitensi devono ottenere l’approvazione dal Congresso, ma, come ha rivelato il Washington Post, la Casa Bianca ha elaborato una proposta per bypassare le protezioni ambientali e rendere più facile alle corporation la costruzione di oleodotti, gasdotti e di altri progetti ambientalmente distruttivi, una proposta che costituisce la pietra angolare di quello che l’amministrazione Trump chiama “infrastructure plan”,
Infatti, secondo la biozza di cui è entrato u in possesso il Washington Post, l’amministrazione Usa sta valutando la possibilità di proporre modifiche al processo di approvazione degli oleodotti attraversano i territori amministrati dal National Park Service, che avverrebbe solo con una firma del segretario dell’interno: una mossa che le associazioni ambientaliste hanno subito definito un regalo all’industria petrolifera e del gas a spese dei terreni pubblici.
La più grande, diffusa e autorevole associazione ambientalista Usa, Sierra Club, spiega che l’amministrazione Trump sta cercando di svendere le terre pubbliche all’industria dei combustibili fossili e ad altri interessi particolari per finanziare il suo limitato programma di spesa limitato che impedirebbe interventi infrastrutturali con 1,69 dollari di tagli per ogni dollaro di spesa pubblica prevista. Per gli ambientalisti, il piano sarebbe in realtà un’enorme distribuzione di soldi alle banche di Wall Street, con una privatizzazione di strade, ponti, sistemi idrici e altri beni pubblici che ricadrà sulle tasche degli americani con pedaggi e tasse.ùIl direttore esecutivo di Sierra Club, Michael Brune, aggiunge: «Questa non è una proposta seria per fare gli investimenti necessari alle infrastrutture americane, questa è una truffa progettata per sventare le norme su aria e acqua pulite, protezioni della natura e per trasformare autostrade e ponti pubblici in strade a pedaggio private e vendere le terre pubbliche americane. Abbiamo bisogno di un piano per creare posti di lavoro sostenibili e per tutte le famiglie a livello nazionale, rendendo l’America una superpotenza dell’energia pulita e investendo nel trasporto pubblico, non su una truffa per arricchire Wall Street. Al centro di questa proposta non c’è altro che un tentativo sottilmente velato di fornire un altro enorme contributo agli inquinatori a spese della nostra aria, dell’acqua e della salute. L’essenziale è affrontare l’elefante nella stanza da un trilione di dollari il fatto che i governi statali e locali restano affamati di finanziamenti assolutamente necessari, il che blocca efficacemente i progetti prima ancora che decollino. Invece, l’amministrazione Trump sta tentando di sfruttare la situazione per rottamare leggi ambientali come il Clean Air Act, il Clean Water Act, l’ Endangered Species Act e molte altre. Quando lo hanno consegnato alle persone e alle corporation più ricche del Paese, Trump e i suoi alleati avevano già deciso cosa fare con i soldi che potrebbero finanziare questo progetto. Gli americani sanno che il miglioramento del le nostre infrastrutture non deve andare a discapito dell’aria pulita e dell’acqua pulita. Senza i fondamenti della salvaguardia ambientale, come il National Environmental Policy Act, il governo federale potrebbe consentire con un solo timbro alle corporation di costruire oleodotti pericolosi e discariche di rifiuti tossici. Quando l’amministrazione e i suoi alleati repubblicani al Congresso usano termini come” razionalizzare” e “permettere la riforma “, ciò che stanno realmente dicendo è che vogliono eliminare le salvaguardie per l’aria e l’acqua pulita ed eliminare la partecipazione dell’opinione pubblica quando vengono prese decisioni importanti. Non possiamo permettere che ciò accada».
Raul Garcia, consulente legale senior di Earthjustice, ricorda su ThinkProgress che «C’è una ragione per cui questi oleodotti richiedono un’atto del Congresso: abbiamo assistito a perdite dalle pipeline diverse volte. I parchi nazionali sono i luoghi dove le persone vanno e passano il loro tempo libero e se ci fosse una falla, potrebbe essere pericoloso per l’ambiente e le persone che lo visitano. Sostanzialmente, tutto questo non è stato ben congegnato. È solo un altro favore politico a un’industria ben piazzata all’interno dell’amministrazione».Al di là degli sversamenti, gli avversari temono che la realizzazione di oleodotti e gasdotti, che richiede interventi di messa in sicurezza lungo le tubazioni, cambierebbe sostanzialmente il territorio e il panorama di alcune delle aree naturali più belle degli Usa. «La gente non va in questi parchi per vedere le cesse e le gigantesche condutture che li attraversano. Tutto questo è il contrario di quello che il sistema del parco nazionale dovrebbe fornire agli americani».
Non è la prima volta che si tenta di far passare questo tipo di iniziative: nel 2015, sotto l’amministrazione Obama, la Camera approvò la legge nazionale sui Corridoi per la sicurezza energetica come parte della legislazione per finanziare il governo de che avrebbe consentito al segretario degli interni di designare “corridoi di sicurezza energetica” nei quali le compagnie petrolifere e gasiere avrebbero avuto un diritto di passaggio attraverso i parchi nazionali.
Le associazioni ambientaliste statunitensi i temono che dare al segretario dell’interno una così ampia autorità nell’approvazione dei progetti di oleodotti metterebbe il destino delle terre pubbliche in mano a politici amici delle industrie dei combustibili fossili, come l’amministrazione Trump, che potrebbero usare quella autorità per aumentare enormemente la quantità di infrastrutture energetiche consentite nei parchi nazionali. Già nell’aprile 2017, dei documenti trapelati dal Bureau of Land Management avevano rivelato che l’amministrazione Trump voleva ” razionalizzare” il processo di estrazione dei combustibili fossili sulle terre federali, spostando cosi le priorità dell’agenzia dalla conservazione della natura a quelle delle trivelle.
Ani Kame’enui, direttore legale della National Parks Conservation Association, ha detto a ThinkProgress: «Si tratta di un allontanamento significativo dalla norma e non saremo d’accordo. Il cambiamento proposto è probabilmente il risultato di pressioni di particolari industrie. Da molte delle disposizioni contenute nel documento trapelato, è possibile tracciare linee piuttosto chiare di una predisposizione verso progetti che interessano “amici”». Kame’enui ha fatto l’esempio di due pipeline proposte negli Stati Uniti sudorientali che, se costruite, attraverserebbero per miglia l’Appalachian Trail e, anche se nessuno dei due attraverserebbe un Parco Nazionale, entrambi transiteranno su terre pubblice federali, scatenando una feroce opposizione da parte di ambientalisti e comitati locali. Un progetto, la Mountain Valley Pipeline, lungo circa 300 miglia dalla West Virginia alla Virginia, attraverserebbe la Jefferson National Forest e richiederebbe un corridoio di sicurezza largo 150 per decine di chilometri. Il secondo progetto, un oleodotto di 600 miglia noto come Atlantic Coast Pipeline, passerebbe nella Blue Ridge Parkway, gestita dal National Park Service. Nel 2015 la Dominion Energy, la compagnia che vuole costruire la pipeline, ne aveva modificato il percorso per evitare specificamente l’attraversamento del territorio del National Park Service, che avrebbe richiesto l’approvazione del Congresso. Entrambi i progetti hanno recentemente ottenuto l’approvazione dalla Federal Energy Regulatory Commission (Ferc).
Kame’enui conclude: «La questione della pipeline dell’Atlantic Coast è un perfetto esempio del perché siamo contenti che ci sia il problema dell’approvazione da parte del Congresso. Siamo certamente preoccupati per il fatto che [il piano trapelato] abbia preso di mira specificamente i parchi nazionali».