Fusione nucleare, presentate 9 candidature per ospitare il polo nazionale Dtt
Emilia Romagna e Toscana presentano una candidatura congiunta. Investimenti per 500 milioni di euro e oltre 1.500 addetti
[2 Febbraio 2018]
Si è chiusa con la presentazione di 9 proposte la prima fase del percorso avviato da Enea con il bando per ospitare la Divertor Tokamak Test facility (Dtt), il più grande polo nazionale di ricerca sulla fusione nucleare che prevede investimenti per 500 milioni di euro. Alla scadenza del 31 gennaio hanno risposto presentando formale candidatura Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna e Toscana con un sito comune, Lazio, Liguria (con due siti), Piemonte, Puglia e Veneto. Il progetto Dtt è già stato approvato dal Consorzio europeo EuroFusion e l’Enea è il titolare dell’iniziativa che consentirà di studiare materiali, componenti e soluzioni ingegneristiche per futuri sistemi di produzione di energia pulita e sicura.
Ideato dall’Enea in collaborazione con Cnr, Infn, Consorzio RFX, Create e alcune prestigiose università, Dtt farà da “trait d’union” tra i grandi progetti internazionali Iter, il (contestato) reattore a fusione da 20 miliardi di Euro in costruzione nel Sud della Francia frutto della collaborazione di 35 Paesi, e Demo, il reattore che dopo il 2050 dovrà immettere in rete energia elettrica da fusione nucleare.
All’Enea spiegano che «Dal punto di vista operativo, Dtt sarà un cilindro ipertecnologico alto 10 metri con raggio 5, all’interno del quale saranno confinati 33 metri cubi di plasma alla temperatura di 100 milioni di gradi con una intensità di corrente di 6 milioni di Ampere (pari alla corrente di sei milioni di lampade) e un carico termico sui materiali fino a 50 milioni di watt per metro quadrato, oltre due volte la potenza di un razzo al decollo. Il plasma “scaldato” lavorerà ad una temperatura di oltre 100 milioni di gradi, i 26 km di cavi superconduttori, in niobio e stagno e i 16 km di quelli in niobio e titanio, distanti solo poche decine di centimetri, saranno a 269 °C sotto zero. All’interno della Dtt, i materiali superconduttori di ultima generazione realizzati dall’Enea in collaborazione con l’industria di settore, consentiranno al plasma di raggiungere una densità di energia confrontabile a quella del futuro reattore Demo. Elemento chiave e bersaglio di tutta la sorgente di potenza, sarà il divertore realizzato in tungsteno o metalli liquidi, rimuovibili grazie a sistemi di remote handling»
Tornando al bando per ospitare la Dtt, particolarmente agguerrite sembrano Emilia Romagna e Toscana che hanno ufficializzato la candidatura della sede Enea del Brasimone, nel territorio di Camugnano sull’Appennino bolognese, «per realizzare un impianto pilota di ricerca sull’energia elettrica utilizzando la tecnologia della fusione nucleare».
In caso di assegnazione, la Regione Emilia Romagna ha deciso di stanziare 25 milioni di euro «per supportare un’iniziativa che ha in sé forti ricadute scientifiche, economiche e occupazionali, dirette ed indirette sia per il territorio montano che per l’intera regione» e sottolinea che «L’impatto del progetto, se verrà accolto, per l’Emilia-Romagna potrebbe essere consistente, anche dal punto di vista socioeconomico. Sono previsti sul territorio, nell’arco di 7 anni, investimenti per circa 500 milioni di euro. Investimenti che potrebbero generare attività sperimentali per una durata prevista in 25 anni, attraendo 250 ricercatori. A questo si potrebbe aggiungere, per l’attivazione di cantieri e forniture, l’impiego di aziende impiantistiche di elevata specializzazione scientifica e tecnologica, con conseguenti ricadute anche dal punto di vista occupazionale, stimati complessivamente in circa 1.600 unità. Questo insieme di risorse va ad aggiungersi all’attività di un gruppo di ricerca sulla fusione nucleare composto da circa 90 persone, che da anni lavorano su progetti in questo ambito».
A sostegno della candidatura la Regione Toscana ha stanziato 3 milioni di euro «Per un progetto che – come ha sottolineato l’assessore regionale alle attività produttive Stefano Ciuoffo – qualora dovesse approdare sull’Appennino tosco emiliano rappresenterebbe un’opportunità di crescita per il sistema della ricerca, per la competitività del sistema produttivo regionale, per la qualificazione e valorizzazione delle competenze umane e per l’incremento dell’occupazione».
A sostegno della candidatura oltre alle due Regioni, ci sono anche le amministrazioni e le comunità locali dell’Unione dei Comuni dell’Appenino bolognese e del versante toscano, la Città metropolitana di Bologna e la Citta’ metropolitana di Firenze. Le Università di Bologna, di Firenze e di Pisa hanno manifestato disponibilità ed interesse a contribuire al progetto con propri gruppi di ricerca (fisica, ingegneria energetica e dei materiali); qualora la candidatura dovesse aver successo gli atenei in questione potranno utilizzare l’infrastruttura per la propria attività scientifica.
Il presidente Enea, Federico Testa, ha evidenziato che «Adesso si apre la fase della valutazione, attraverso un percorso pubblico di massima trasparenza e partecipazione, per individuare l’area che, sulla base di criteri oggettivi e di analisi costi/benefici, presenta le migliori caratteristiche tecniche, scientifiche ed economiche. Per assicurare la massima terzietà ed obiettività, nonché la qualificazione tecnico-scientifica di tutto il processo, a presiedere la commissione aggiudicatrice è stato chiamato Alessandro Ortis, ingegnere nucleare, ex direttore generale del ministero dell’industria, già presidente dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas e vicepresidente dei Regolatori europei».
La Commissione di esperti dovrà esaminare le proposte delle Regioni e valutarne la rispondenza ai requisiti essenziali del bando – come ad esempio un’estensione tra 4 e 6 ettari, la compatibilità con il piano regolatore urbanistico, le certificazioni ambientali, la presenza di infrastrutture e aree industriali e le eventuali sinergie con queste – e poi elaborare una graduatoria.
All’Enea spiegano che «Con un investimento di circa 500 milioni di euro, si stima che la Dtt potrà avere un ritorno nel tempo sul territorio ospitante di circa 2 miliardi di euro e impiegherà oltre 1.500 addetti, tra diretti e indotto, per rispondere ad alcune delle maggiori sfide della fusione: gestire i grandi flussi di potenza prodotti dal plasma combustibile e testare nuovi materiali, come i metalli liquidi, a prova di temperature elevatissime. Lo scopo finale della ricerca sulla fusione nucleare è di mettere al servizio del pianeta la stessa fonte di energia che alimenta il sole e le stelle, grazie all’impiego di un combustibile inesauribile e facilmente reperibile: l’acqua».
Testa conclude: «Essere riusciti a realizzare il Dtt in Italia è un successo a livello internazionale, frutto della lunga tradizione Enea nel campo dell’energia e della ricerca avanzata, a conferma della capacità di acquisire grandi progetti per poi svilupparli insieme alle nostre filiere produttive di eccellenza. Ma è un risultato importante anche per le ricadute sul territorio, sul sistema delle imprese e, soprattutto, per le grandi sfide della decarbonizzazione e della lotta alla povertà energetica, grazie ad una fonte rinnovabile, sicura ed economicamente competitiva, in grado di sostituire le fonti fossili».