«Gli esseri umani hanno già accresciuto la probabilità di eventi estremi storicamente inediti»
Il mondo deve prepararsi a più fenomeni meteorologici estremi, anche se verrà rispettato l’Accordo di Parigi
Italia e Mediterraneo tra le aree più a rischio. Ci salveranno le assicurazioni?
[19 Febbraio 2018]
Secondo lo studio “Unprecedented climate events: Historical changes, aspirational targets, and national commitments”, pubblicato su Science Advances da un team di ricercatori statunitensi, ci dobbiamo aspettare eventi meteorologici estremi più frequenti anche se verrà raggiunto il principale obiettivo dell’Accordo di Parigi: mantenere l’aumento delle temperature globali al di sotto dei 2 gradi centigradi.
L’United Nations framework convention on climate change (Unfccc), che ha rilanciato lo studio, fa notare che «Le conclusioni dello studio sottolineano il bisogno urgente di accrescere e migliorare il regime assicurativo per le popolazioni più vulnerabili come la InsuResilience Partnership che ha conosciuto un nuovo slancio durante la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di Bonn in Germania».
I ricercatori della Standford University hanno analizzato la probabilità di periodi caldi, secchi e eccessivamente piovosi per i prossimi anni, fenomeni già esacerbati dall’aumento della temperatura mondiale e dall’innalzamento del livello degli oceani. L’Unfccc spiega che, secondo queste analisi, «Rispettando gli attuali impegni dell’Accordo di Parigi del 2015, le ondate di caldo sono in grado di prodursi 5 volte di più nel 50% dell’Europa e in più del 25% dell’Asia orientale. Inoltre, piogge molto abbondanti sono tre volte più probabili nel 35% dell’America del Nord, dell’Europa e dell’Est dell’Asia».
Prima che Donald Trump decidesse di uscire dall’Accordo di Parigi, tutti i Paesi del mondo (ad esclusione di Siria e Nicaragua, che poi hanno aderito) nel 2015 si sono accordati per limitare l’aumento delle temperature a 1,5° C, massimo 2° C, e lo studio evidenzia che «Raggiungere questo obiettivo permetterebbe di ridurre ma non di eliminare il rischio di eventi climatici estremi», E la situazione odierna è ancora peggiore: anche se i governi assicurano di voler aumentare i loro impegni per il clima, i piani nazionali sottoposti all’Unfccc nel quadro dell’Accordo di Parigi, porterebbero il mondo a un aumento delle temperature di almeno 2 – 3°C.
Il principale autore dello studio, Noah Diffenbaugh, dello Stanford Woods Institute for the Environment, conferma: «Anche se questo livello preferibile venisse raggiunto,vivremmo sempre in un clima con una possibilità molto maggiore che accadano eventi di un’ampiezza oggi inedita».
Dallo studio viene fuori che il 10% delle regioni della terra verrebbero esposti a fenomeni meteorologici estremi trevolte più di oggi e che circa il 90% dell’America del Nord, dell’Europa e dell’Asia orientale, così come le regioni tropicali, «Vedranno un aumento marcato del rischio dei record di caldo, di piovosità e/o di siccità». Previsioni molto preoccupanti per l’Italia, visti che studi precedenti dicono che siamo al centro dell’area mediterranea destinata a subire più ondate di caldo, siccità e desertificazione.
Su Science Advances i ricercatori scrivono:«Abbiamo determinato che gli esseri umani hanno già accresciuto la probabilità di eventi estremi storicamente inediti […] e compreso in più del 50 – 90% in America del Nord, in Europa e nell’est dell’Asia».
Il gigante tedesco delle assicurazioni, Munich RE evidenzia che le catastrofi naturali (forti tempeste, inondazioni, incendi…) sono per la maggior parte legate ai cambiamenti climatici e nel 2017 hanno causato danni record per 330 miliardi di dollari.
Secondo lo studio “Social protection in the face of climate change: targeting principles and financing mechanisms” dell’università della California – Davis, un’assicurazione può essere il mezzo più efficace per aumentare la resilienza delle famiglie povere di fronte al cambiamento climatico, impedendo allo stesso tempo ad altre famiglie di precipitare nella povertà.
L’Unfccc fa l’esempio della nova InsuResilience Partnership per i finanziamenti e le soluzioni per i rischi climatici di catastrofi e spiega che «Questo dispositivo, che punta a fornire entro il 2020 un’assicurazione a 400 milioni di persone vulnerabili nel mondo e d’ici 2020, ha conosciuto un impulso considerevole l’anno scorso durante la COP23 à Bonn, in Germania». Inoltre, drante la COP23 Unfccc, la Norvegia e Unilever hanno preso l’impegno a dedicare 400 milioni di dollari per stimolare lo sviluppo sociale resiliente.
L’Unfccc sembra un po’ spiazzata rispetto a questo studio che sposta ulteriormente l’asticella e conferma le perplessità di Paesi insulari e ambientalisti sulla reale efficacia degli impegni e delle tempistiche di attuazione e controllo dell’Accordo di Parigi, ma non rinuncia all’ottimismo della volontà: «Una cosa è sicura; l’adattamento agli effetti inevitabili del cambiamento climatico – che per l’United Nations framework convention on climate change è già politicamente allo stesso livello della riduzione delle emissioni di gas serra – diventerà senza dubbio sempre più importante negli anni a venire».