Iran: «Le armi Usa ai criminali». Arabia Saudita: se l’Iran si doterà della bomba atomica lo faremo anche noi
Medio Oriente e Asia fanno aumentare le importazioni mondiali di armi
L’Italia nono esportatore mondiale: vendiamo soprattutto a Emirati arabi, Turchia e Algeria
[16 Marzo 2018]
Secondo il rapporto “Trends in International arms transfers, 2017”, pubblicato dallo Stockholm International Peace Research Institute (SipriI), l’Italia nel periodo 2013 – 2017 è stato il nono esportatore di armi, con il 2,5% del totale (era il 2,4% nel periodo 2008 – 2012) con un aumento del 13% e i tre principali Paesi verso cui esportiamo armamenti sono preoccupanti: Emirati Arabi Uniti (12%, impegnati nella guerra dello Yemen sia a fianco che contro l’Arabia Saudita); Turchia (10%, in guerra in Siria e in patria contro i kurdi) e la sempre turbolenta Algeria (9,9%).
Ma, sfogliando il rapporto che si basa sul “Sipri Arms Transfers Database” il nostro Paese è un nano di fronte ai veri e propri giganti dell’esportazione di morte e guerra: nel mondo prosegue la tendenza (ri)iniziata a metà anni 2000 e nel 2013 – 2017 il volume delle esportazioni internazionali di armi è crescviuto del 10% rispetto al 2008-12, con aumenti marcati verso il Medio Oriente e l’Oceania, mentre le importazioni di armi calano in Africa (-22 %), Americhe (-29% con un -40% record per il Venezuela) ed Europa (-22 %), ma nel nostro continente (e in Italia) nei prossimi anni le importazioni di armi riaumenteranno a causa dell’acquisto di aerei da guerra Usa.
Se nell’Africa delle nuove guerre e delle guerriglie eterne per le risorse le importazioni di armi sono diminuite, la Nigeria è in controtendenza e la guerra contro Boko Haram le ha fatte crescere del 42%. Singolare il caso dell’Australia che, pur senza nessun nemico nelle vicinanze, nel periodo 2013-17 è diventata il sesto importatore di armi del mondo.
Da soli, i 5 più grandi esportatori di armi del mondo – Usa, Russia, Francia, Germania e Cina – totalizzano il 74% delle esportazioni di armi nel 013–17. Gli Usa guidano la classifica con il 34% e le loro esportazioni di armi sono aumentate del 25% tra 2008-12 e il 2013-17 e sono superiori del 58% a quelle della Russia, seconda in classifica. Gli Usa hanno fornito armi a 98 Stati e le esportazioni verso il Medio Oriente rappresentano il 49% di questo commercio mortale.
Aude Fleurant, direttrice del programma armi e spese militari del Sipri, spiega che «Sulla base di accordi firmati sotto l’Amministrazione Obama, le forniture di armi americane nel 2013-17 hanno raggiunto il più alto livello dalla fine degli anni ’90. Questi accordi, così come altri grandi contratti firmato nel 2017, hanno permesso agli Stati Uniti di assicurarsi il loro posto come più grande esportatore di armi del mondio nei prossimi anni».
Nel periodo 2013-17 la maggioranza degli Stati del Medio Oriente sono stati direttamente implicati in conflitti e tra il 2008-12 e il 2013-17 le importazioni di armi dei Paesi della regione sono aumentate dl 103%, arrivando a rappresentare il 32% delle importazioni mondiali di armi nel 2013-17.
Pieter Wezeman, ricercatore capo del programma armi e spese militari del Sipri, ricorda che «I conflitti violenti generalizzati in Medio Oriente e il rispetto dei diritti umani hanno portato ad un dibattito politico in Europa Occidentale e in America del Nord sulla limitazione delle vendite di armi. Nonostante questo, gli Usa e gli Stati europei rimangono i principali esportatori di armi nella regione e hanno fornito più del 98% delle armi importate dall’Arabia Saudita».
Il rapporto Sipri ha attirato l’attenzione del ministro degli esteri dell’Iran Mohammad Javad Zarif che ha fatto notare che «Oltre la metà delle esportazioni di armi made in Usa hanno come meta la nostra regione. Gli Stati Uniti approfittano dei conflitti in corso in Medio Oriente per vendere i loro armamenti. Le loro armi finiscono quasi sempre nelle mani dei signori di guerra, o meglio dire, dei criminali di guerra». E gli iraniani evidenziano che «E nello stesso periodo, sempre secondo il rapporto, circa la metà delle armi statunitensi vengono esportate in Medio Oriente con l’Arabia Saudita che continua ad essere tra i principali “clienti” degli Usa con il 13 % seguita da Emirati Arabi Uniti, con l’8,7 % e Turchia, (6,3 %)». Zarif ha concluso: «Poi dicono che l’Iran è la fonte di instabilità. Come e’ noto i fatti siano il più grande nemico sia della demagogia che del populismo».
La risposta Saudita non si è fatta attendere e il potentissimo principe ereditario Mohamed ben Salmán, ha affermato che «l’Iran non è un rivale dell’Arabia Saudita , perché il suo esercito non è tra i principali 5 del mondo musulmano». Ma poi, contraddicendosi, ha detto in un’intervista alla CBS che il suo Paese non starà a guardare se l’Iran si doterà della bomba atomica. Smentendo precedenti dichiarazioni di tutt’altro tenore, ben Salmán ha affermato che «L’Arabia Saudita non vuole ottenere nessuna bomba atomica, però, senza alcun dubbio, se l’Iran sviluppa una bomba nucleare, seguiremo il suo esempio il più rapidamente possibile».
All’Ispri saranno ancora più preoccupati, visto che sauditi e iraniani si confrontano già sul campo sia in Siria che nello Yemen.
E l’altra protagonista del conflitto siriano, la Russia, come è messa? Nonostante le sue esibizioni muscolari aeree, marine e terrestri, tra il 2008-12 e il 2013-17. le esportazioni di armi russe sono diminuite del 7,1%. Intanto la Francia, zitta zitta, aumentava le sue esportazioni di armi del 27 %, diventando il terzo esportatore di armi del mondo, seguita dalla Germania, in calo del 14%, ma che ha aumentatop le sue esportazioni di Armi verso il Medio Oriente del 109%. Insomma, le guerre del petrolio si sono trasformate in un gigantesco e sanguinoso mercato di armi nel quale tutti vendono a tutti e tutti ammazzano tutti.
Un altro hot spot del commercio mondiale di armi è l’Asia del Sud, dove l’India nel 2013-17 è diventata il più grande importatore di armamenti pesanti , raggiungendo il 12% delle importazioni globali. Nel periodo tra il 2008-12 e il 2013-17 le importazino di armi dell’India sono aumentate del 24% e il 64% arriva dal suo alleato storico, la Russia, ma le importazioni di armi Usa sono aumentate del 557% e gli statunitensi sono diventati il secondo fornitore di armi a New Delhi. Invece il Pakistan, malgrado le tensioni con l’India e i conflitti interni, ha visto diminuire le sue importazioni di armi del 36% e ora rappresenta il 2,8% delle importazioni mondiali di armi, con un fortissimo calo – 76%, di quelle provenienti dagli Usa e una presenza sempre più attiva dei cinesi.
Nel 2013-17, la Cina ha assicurato il 68% delle importazioni si armi nel Myanmar della persecuzione contro i Rohingya, seguita dalla Russie (15 %). Sempre in Asia, l’Indonesia, che punta a diventare una potenza regionale e che ha focolai di ribellione nella West Papua, ha visto aumentare del 193% le importazioni di armi,
Wezeman conclude: «Le tensioni tra l’India da una parte e il Pakistan e la Cina dall’altra, alimentano una crescente domanda dell’India di armi pesanti che non è in grado di produrre da sola. Al contrario, la Cina sta diventando sempre più in grado di produrre le sue armi e continua a rafforzare le sue relazioni col Pakistan, il Bangladesh e il Myanmar rifornendoli di armi».
Insomma, parafrasando Mao, grande è la confusione sotto il cielo, ma non è per niente eccellente