Sarkozy, Gheddafi e Facebook, due facce della stessa medaglia
Come manipolare l’opinione pubblica facendo finta di nulla (e una guerra)
[21 Marzo 2018]
Da ieri mattina l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy è guardato a vista nei locali dell’ufficio anticorruzione di Nanterre, dove ha subito un lungo interrogatorio sui possibili finanziamenti (5 milioni di euro in contanti) ricevuti dal defunto dittatore della Libia, Muammar Gheddafi, in occasione della vittoriosa campagna elettorale del 2007 che portò Sarkozy all’Eliseo.
Una vicenda giudiziaria che risale al 2013 e iniziata nel 2012 con le rivelazioni di Mediapart, che pubblicò un documento libico proprio su quei finanziamenti; accuse poi confermate nel 2016 dall’intermediario Ziad Takieddine, che ha ammesso di aver dato i 5 milioni di euro all’ex ministro degli interni di Sarkozy, Claude Guéant, che li avrebbe consegnati al futuro presidente. Fatti già confermati il 20 settembre 2012 da Abdallah Senussi, l’ex direttore dei servizi segreti militari di Gheddafi, di fronte al procuratore generale del Consiglio nazionale di transizione libico. Bechir Saleh, che amministrava i fondi neri con i quali Gheddafi corrompeva i governanti europei e africani, che recentemente ha subito un attentato in Sudafrica, ha confidato a Le Monde: «Gheddafi ha detto che aveva finanziato Sarkozy. Sarkozy ha detto che non era stato finanziato. Credo più a Gheddafi che a Sarkozy».
Erano i bei tempi delle tende beduine piantate al Colosseo, delle amazzoni e dei baci di Berlusconi, dei Corani distribuiti a Roma, dei migranti incarcerati in Libia in cambio di autostrade e degli imprenditori italiani che facevano la fila per omaggiare il Colonnello Libico, grande amico del Cavaliere italiano e dei suoi alleati leghisti e fascisti. Un clima che cambiò repentinamente con l’attacco alla Libia voluto proprio da Sarkozy e al quale si accodò obtorto collo Berlusconi, mentre il ministro della Guerra Ignazio La Russa esultava come un bambino ad ogni decollo di aereo italiano per bombardare la Libia.
Sembrava allora che la guerra contro “l’amico” Gheddafi fosse stata scatenata per mettere le mani sul petrolio libico (e italiano), ma quel che sta succedendo oggi in Francia ci parla di altre e più personali ragioni: quelle di nascondere un possibile scandalo mentre Sarkozy cercava un altro mandato presidenziale. E allora anche l’assurda e inutile esecuzione di Gheddafi in fuga potrebbe essere stata ordinata semplicemente per metterlo a tacere, perché non rivelasse segreti e verità scomode per Sarkozy e i suoi alleati europei ed arabi. Se così fosse, come molti ipotizzarono fin dall’inizio, avremmo dato inizio a una guerra non ancora finita per nascondere all’opinione pubblica le malefatte di un personaggio politico. Un’altra disastrosa guerra del petrolio che nasconde motivi inconfessabili dietro i nobili intenti della lotta alla dittatura e per la democrazia. Un po’ come in Iraq, in Siria e in Afghanistan…
Ed è davvero una strana coincidenza che lo scandalo Sarkozy-Gheddafi precipiti proprio mentre esplode quello di Cambridge Analytica/Facebook che ad oggi non appare altro che un caso di manipolazione dell’opinione pubblica, di sfruttamento dei profili degli utenti di Facebook per condizionare risultati elettorali.
Anche qui ci troviamo di fronte a cose note: tutti noi sappiamo che cediamo a Facebook la nostra privacy in cambio dei suoi servizi “gratuiti”, ma pochi di noi sanno che le fake news politiche che prendiamo per vere sono un sofisticato prodotto diffuso a pagamento per condizionare una competizione elettorale che dovrebbe essere democratica. D’altronde c’era poco da aspettarsi da chi censura una mamma che allatta e permette che vengano pubblicati messaggi d’odio razzisti e neonazisti.
Si dirà che anche la televisione e i giornali condizionano l’opinione pubblica, ma quando leggiamo un giornale siamo a conoscenza di quale sia la sua linea politico/editoriale e lo stesso vale per i canali televisivi Rai e Mediaset, anche se tra chi oggi chiede misure draconiane contro Facebook ci sono quelli che dicevano e scrivevano che le televisioni di Berlusconi erano ininfluenti per il risultato elettorale, spiegazione che bastò alla defunta sinistra italiana per non porre mai con forza la questione del conflitto di interessi.
Quel che stupisce è soprattutto la meraviglia di chi quei contenuti falsi – distorti e distorcenti, che avvelenano i pozzi ormai esausti della buona politica – li diffonde quotidianamente dopo essere stato “selezionato” da Facebook proprio in base alle caratteristiche del suo profilo. Gente che crede di essere libera e che è diventata diffusore di propaganda di una “casta” irraggiungibile e che manipola le democrazie.
In uno scenario di questo tipo, dove tutte le idee sono alla pari e tutte sono in vendita e in promozione al prezzo più alto, i 5 milioni di euro dati da Gheddafi a Sarkozy possono sembrare preistoria, eppure sono la faccia della stessa medaglia, delle frasi che abbiamo sentito ripetere per troppo tempo anche in Italia: i partiti scalabili, il marketing politico, l’offerta elettorale, parlare alla pancia della gente, la fine delle ideologie… Siamo elettori consumatori, gli stessi che Sarkozy voleva compare (e ce la fece, pare) con i soldi di Gheddafi.
I petrodollari di Gheddafi equivalgono agli investimenti in campagne politiche ingannevoli su Facebook e hanno lo stesso fine: manipolare l’opinione pubblica, convincerla ad esempio che la criminalità aumenta mentre in realtà diminuisce o che i migranti ci stanno invadendo anche se non è vero.
E, per Sarkozy come per Facebook, quel che emerge è che i media tradizionali, a cominciare dai giornali, non sono più in grado di leggere e decodificare la realtà, di fare opinione, non sono più in grado di svelare le porcherie del potere – erano tutti o quasi arruolati nella guerra libica – né di fare semplici domande che potrebbero far crollare il muro della propaganda e delle bugie trasformate in verità, come confermato dalle tribune politiche delle ultime elezioni, dove le domande scomode o le confutazioni delle dichiarazioni prive di fondamento dei leader politici sono state bandite.
I vecchi tempi di Sarkozy sono diventati la moderna faccia senza volto di Cambridge Analytica, ma il denaro sporco serve sempre a coprire l’eterno potere che governa il mondo e che ha scoperto che è molto più facile farci fare quel che vuole dandoci in pasto fantasiosi complotti e fake news, magari sui politici non allineati.
I social network, ovvero quella che credevamo una libera arena dove poter confrontare le nostre idee, sono diventati un’enorme palestra dove milioni di persone si scambiano colpi sotto la cintola e dove ogni livido, ogni offesa, ogni goccia di sudore vengono registrati per farci continuare a brancolare nel buio, proprio come successe con la misteriosa guerra libica, proprio come è successo con le indecenti guerre del petrolio che hanno devastato il Medio Oriente, come succede per i profughi frutto di quelle guerre, di quelle politiche e di questa economia neoliberista.
Niente di nuovo sotto il cielo: è solo le vecchia politica di dominio, il vecchio ragno – ma senza più avversari veri, senza più soggetti collettivi e organizzati che lo contrastano – che usa altri mezzi in un mondo frantumato di consumatori atomizzati che fanno da megafono inconsapevole e dietro cui nascondersi e tessere l’eterna e immutabile tela. Un ragno per il quale la differenza tra dittatura e democrazia non è mai stato un problema, e che ora comincia anzi a pensare che possano essere tenute insieme nella stessa ragnatela.