È record di profughi: in 68,5 milioni nel 2017 sono fuggiti da guerre, violenze e persecuzioni
Unhcr: «Pesanti conseguenze sui Paesi in via di sviluppo». Il 63% dei rifugiati vive in soli 10 Paesi, di cui 1 solo europeo (e non è l'Italia)
[19 Giugno 2018]
Secondo il Global Trends survey, il rapporto annuale pubblicato oggi dall’United Nations Refugee Agency (Unhcr), «nel 2017 è stata scacciata dalla propria casa una persona ogni due secondi e i Paesi in via di sviluppo sono i più colpiti».
Mentre qualcuno in Italia riesuma la discriminazione razziale e crede di fermare le migrazioni dei disperati costruendo nuovi campi di concentramento in Libia gestiti dai trafficanti di carne umana, l’Unhcr sottolinea che «la guerra, la violenza e la persecuzione hanno sradicato un numero record di uomini, di donne e di bambini in tutto il mondo durante l’anno passato, rendando l’adozione di un nuovo patto mondiale sui rifugiati più essenziale che mai».
Ogni anno l’Unhcr pubblica il suo Global Trends survey in previsione del World Refugee Day che si celebra il 20 giugno, il rapporto fa il bilancio degli sfollamenti forzati basandosi su statistiche raccolte dall’Unhcr, dai governi e da altri partner e le statistiche messe insieme dell’Unhcr dimostrano che «alla fine del 2017, in tutto il mondo 68,5 milioni di persone esrano state cacciate dalle loro case, cioè una cifra superiore a quella della popolazione della Thilandia» (e dell’Italia).
I rifugiati scappati dai loro Paesi per sfuggire a guerre e persecuzioni nel 2017 sono arrivati a 25,4 milioni, 2,9 milioni in più che nel 2016, l’aumento più forte mai registrato dall’Unhcr in un solo anno. E questo coincide però con un calo record degli ingressi di profughi in Europa.
Sono aumentati anche i nuovi sfollati, con 16,2 milioni di persone che hanno dovuto abbandonare le loro case nel 2017. Mentre Salvini minaccia di fermare l’invasione spedendo i profughi nei Paesi ricchi, in realtà a sostenere questo imponente fenomeno migratorio – spesso frutto di guerre per le risorse che finiscono anche in Italia – sono soprattutto i Paesi in via di sviluppo.
Il rapporto Unhcr spiega che nel 2017 profughi e sfollati sono stati soprattutto provocati dalla crisi infinita nella Repubblica democratica del Congo (Coltan, ferro, rame, terre rare, petrolio, traffico di fauna selvatica….) e dalla guerra civile in Sud Sudan (petrolio e terreni agricoli e pascoli) e dalla fuga in Bangladesh di centinaia di migliaia di rohingya musulmani di fronte al genocidio messo in atto dai nazionalisti buddisti birmani per impadronirsi delle loro terre.
L’Unhcr racconta la storia di Mutaybatu, un donna rohingya di 55 anni, fuggita a piedi: «Abbiamo marciato per 10 giorni prima di attraversare [la frontiera] in barca. Il viaggio è stato disseminato di prove, non avevamo cibo, mangiavamo di volta in volta quel che trovavamo, erbe, piante e foglie degli alberi».
È aumentato anche il numero dei richiedenti asilo in attesa di ottenere lo status di rifugiato, passando da circa 300.000 a 3,1 milioni alla fine di dicembre 2017. I rifugiati interni nel loro stesso Paese sono ben 40 milioni, poco meno dei 40,3 milioni di profughi interni del 2016 e comunque una cifra che rende ridicola “l’invasione” dell’Italia e dell’Europa che ancora echeggia nei comizi dei ministri italiani.
L’Alto commissario dell’Onu per i rifugiati, Filippo Grandi, sottolinea che «siamo a una svolta decisiva nella quale la buona gestione degli spostamenti forzati in tutto il mondo esige un approccio nuovo e ben più globale perché i Paesi e le comunità non siano più lasciati soli di fronte a questa situazione».
Grandi però non perde la speranza: «Delle modalità innovative di presa in carico delle crisi dei rifugiati sono già applicate da 14 Paesi e il nuovo patto mondiale sui rifugiati mirante a rafforzare la cooperazione internazionale in risposta a queste crisi sarà pronto per l’adozione da parte dell’Assemblea delle Nazioni Unite entro qualche mese. Oggi. alla vigilia della Giornata mondiale dei rifugiati, mi rivolgo agli stati membri per chiedere loro di appoggiare questo movimento. Nessuno diventa un rifugiato per scelta, ma ognuno di noi ha la scelta sul modo di come aiutarlo».
Le conclusioni del Global Trends survey Unhcr dimostrano che «alcune percezioni sugli spostamenti forzati non sono conformi alla realtà». L’Unhcr cita uno dei malintesi più comuni: la convinzione che i profughi in tutto il mondo siano soprattutto nell’emisfero nord, in Europa e in nord America, ma «le statistiche provano il contrario, dato che l’85% dei rifugiati vivono nei Paesi in via di sviluppo, molti dei quali sono disperatamente poveri e ricevono solo un sostegno limitato per prendersi carico di queste popolazioni».
Quattro rifugiati su cinque vivono nei Paesi frontalieri con i loro Paesi di origine. L’Unhcr presenta la testimonianza di But Ruach, un 18enne dice Dinai, che ha lasciato il suo Paese natale, il Sud Sudan, per fuggire nella vicina Etiopia, dove vive insieme ad altre 5.000 persone nel campo profughi di Gure Shombola: «Il Sud Sudan non è buono per noi. Ci sono combattimenti, tiri d’artiglieria, bambini rapiti. Le case sono distrutte, come le mia».
Ma gli spostamenti di profughi oltre le frontiere sono meno comuni di quanto possano far pensare i 68 milioni di sfollati in tutto il mondo. Circa i due terzi delle persone costrette a fuggire sono profughi interni che non vogliono o non possono lasciare il loro Paese, un po’ più di un quinto sono i Palestinesi assistiti dall’ United Nations relief and works agency, scacciati dalle loro terre dall’occupazione israeliana. I due terzi degli altri, che sono di competenza dell’Unhcr, provengono da 5 soli Paesi: la Siria, l’Afghanistan, il Sud Sudan, il Myanmar e la Somalia, devastati da guerre e conflitti interni nei quali le responsabilità occidentali, Italia compresa, e anche cinesi sono pesantissime. Come sottolinea l’Unhcr: «La fine dei conflitti in uno di questi Paesi potrebbe ampiamente trasformare la situazione mondiale dei rifugiati».
Ecco, se il governo Conte-Salvini-Di Maio volesse davvero aiutarli a casa loro e interrompere il flusso dei migranti potrebbe cominciare ad adoperarsi per far finire le guerre in Siria, Afghanistan e Somalia, magari smettendola di prendersela con le vittime di quelle guerre alle quali abbiamo disastrosamente partecipato e continuiamo a partecipare.
Mentre il ministro degli interni italiano . e ministro degli esteri di fatto – è rimasto alla propaganda di un’invasione inesistente (tra l’altro la stragrande maggioranza di chi sbarca in Italia vuole andarsene al più presto in altri Paesi), il rapporto Unhcr conferma in realtà che profughi, sfollati e migranti si affollano in un pugno di Paesi extraeuropei: a livello mondiale è la Turchia (altri lager pagati in euro) ad “ospitare” più rifugiati di tuttti: 3,5 milioni, soprattutto siriani.
Il minuscolo Libano ha la più grande percentuale di rifugiati rispetto alla popolazione nazionale: 1 ogni 6 persone, seguito dalla Giordania, (1 ogni 14) e dalla Turchia (1 ogni 23) e l’Unhcr dice che il 63% dell’insieme dei rifugiati vive in soli 10 Paesi: Turchia, Pakistan, Uganda, Libano, Iran, Germania, Bangladesh, Sudan, Etiopia, Giordania. Come si vede nella top ten c’è un solo Paese europeo – la vituperata Germania – 6 Paesi asiatici e 3 africani. Non c’è l’Italia.
Per l’Unhcr, «il numero limitato di soluzioni a questa situazione è deplorevole. La persistenza delle guerre e dei conflitti rimane la causa principale degli scarsi progressi compiuti nel ripristinare la pace. Circa 5 milioni di persone sono state in grado di tornare a casa nel 2017 – la stragrande maggioranza di loro sfollati interni – ma molti sono stati rimpatriati sotto costrizione o hanno ritrovato condizioni precarie».
Mutaybatu, fuggita dalla sua Patria dopo anni di persecuzioni culminate nell’omicidio di suo marito, conclude: «Il mio messaggio al mondo è che non voglio essere un rifugiato. Voglio che torniamo a casa in Myanmar, ma voglio essere sicura di vivere in sicurezza e pace… invece di avere sempre paura del prossimo attacco».