Il presidente delle Isole Marshall: «Preferisco annegare che abbandonare il mio Paese»
Majuro, la capitale che affonda: «Benvenuti nel cambiamento climatico»
Kerry: «Il global warming è inconfutabile ed è allarmante». Hedegaard: «Il Pacifico può contare sull’Ue»
[6 Settembre 2013]
I leader delle Isole del Pacifico che hanno appena firmato la Dichiarazione di Majuro per la leadership climatica (ne parliamo in un’altra pagina di greenreport.it) al Pacific Islands Forum (Pif) hanno rilanciato con forza l’allarme per l’incerto futuro dei loro arcipelaghi che stanno annegando nel mare in crescita del global warming.
Il padrone di casa, il presidente delle Isole Marshall, Christopher Loeak, rivolgendosi ai delegati dei 15 Paesi del Pif e ai rappresentanti di Ue, Usa e di molti Paesi del mondo ha parlato del suo profondo attaccamento al suo Paese e della necessità di affrontare con urgenza le cause del cambiamento climatico.
«La mia terra è la mia casa, il mio patrimonio e la mia identità in modo che la lingua inglese non può catturare – ha detto. Loeak – Questo è il mio Paese e io starò sempre qui. Se l’acqua arriva, arriva».
Il presidente delle piccole isole Marshall non è un estremista ambientale, parla a ragion veduta: a giugno ci sono state temperature insolitamente calde ed alte maree eccezionali hanno sommerso gran parte di Majuro, la piccola capitale delle Marshall. L’arcipelago ed i Paesi insulari vicini avevano già subito una grave siccità
Pere i leader e delegati presenti al Pif è stato organizzato un tour delle isole, dove l’effetto dei cambiamenti climatici, compresi i danni provocati da mareggiate e siccità, sono più che visibili ed il vicepresidente delle Marshall, Tony De Brum ha spiegato in un’intervista a Rtcc: «Per questi leader si tratta di un’opportunità per vedere il cambiamento climatico faccia a faccia. E’ anche una buona occasione per i consulenti scientifici di altri Paesi per essere in grado di dare un volto umano a tutti i dati ed alla discussione scientifica. Questa è l’occasione per mettere tutte queste cose insieme e penso che stia facendo una buona impressione. Per esempio, abbiamo portato i leader a visitare alcuni dei nostri siti climatici e hanno avuto la testimonianza di prima mano di quello che questa distruzione sta facendo in alcuni di questi alle nostre comunità». Come l’atollo Anebok, che è stato quasi interamente inghiottito dall’innalzamento del mare negli ultimi anni.
Gli impatti del cambiamento climatico sono stati così drammatici che a giugno un team statunitense di pronto intervento che era stato inviato nelle Marshall per soccorrere gli alluvionati è stato accolto con uno striscione con la scritta “Benvenuti nel cambiamento climatico”.
Nelle Marshall e negli altri piccoli stati insulari del Pacifico si spera che la Dichiarazione di Majuro possa contribuire a rafforzare gli sforzi Onu e degli Stati per sviluppare una risposta efficace al cambiamento climatico: «Bisogna mettere insieme le menti per un nuovo impegno per il cambiamento climatico – dice De Brum – Si tratta di un tentativo da parte nostra di fare in modo che tutti si rendano conto che questo sta accadendo ora. E’ una firma che ci ricorda che dobbiamo muoverci di una tacca. Dobbiamo farlo alle Nazioni Unite. E’ un documento che registra questo nostra rinnovata determinazione a lavorare sodo sui cambiamenti climatici».
Il Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon ha detto che le isole del Pacifico guardano avanti per la loro partecipazione attiva al 2014 Climate Change Summit di New York, ringraziandole per la leadership e l’impegno che hanno dimostrato sul global warming: «Mentre il cambiamento climatico riguarda tutti, la vostra regione è tra le più vulnerabili. Mentre lavoriamo per un accordo giuridicamente vincolante, la comunità internazionale dovrà contare sulla vostra continua leadership. Vi ringrazio per la vostra eloquente voce morale per l’azione su questa sfida vitale per l’umanità».
L’azione del Pif è sostenuta dall’Unione europea: Connie Hedegaard, la commissaria Ue all’azione climatica ha sottolineato che alla Conferenza delle Parti dell’United Nations Framework Convention on Climate Change (Unfccc) di Durban nel 2011, l’Europa egli Stati del Pacifico hanno ottenuto che tutti i Paesi ad accettassero la necessità di un nuovo accordo globale sul clima entro il 2015. «Il Pacifico può contare sulla collaborazione e l’ambizione dell’Europa – ha detto la Hedegaard – Contiamo sulla regione del Pacifico per aiutarci a portare tutte le altre principali economie a bordo del futuro regime climatico». Ma la commissaria Ue non si nasconde che anche di recente ci sono stati «Tentativi di fare marcia indietro dalla scadenza del 2015. Dobbiamo rendere chiaro a tutti i Paesi che non abbiamo tempo per questo. Dobbiamo garantire un accordo nel 2015».
Eppure, mentre i finanziamenti per i singoli progetti per le energie rinnovabili arrivano con il contagocce, nei piccoli Stati insulari del Pacifico non è arrivato praticamente nulla dei finanziamenti promessi al summit Unfccc di Copenaghen del 2009.
Il Segretario di Stato Usa John Kerry, anche se impegnato con la preparazione dell’attacco alla Siria, ha trovato il tempo per inviare un intervento video al Pacific Islands Forum nel quale ha detto che l’evidenza del cambiamento climatico è fuori discussione, ma non è troppo tardi per un’azione internazionale per prevenire le peggiori conseguenze, azione, che va detto, fino ad ora il suo Paese ha molto contribuito ad ostacolare, a cominciare dal rifiuto di firmare il Protocollo di Kyoto.
Ma Kerry ha usato accenti nuovi: «Sul global warming la scienza è chiara. È inconfutabile ed è allarmante. Se continuiamo lungo l’attuale percorso, gli impatti del cambiamento climatico non possono che peggiorare. Senza una forte, un’azione immediata, il mondo sperimenterebbe minacce alle infrastrutture essenziali, alla stabilità regionale, alla salute pubblica, alla vitalità economica ed alla redditività a lungo termine di alcuni Stati».
Rivolgendosi ai delegati del Pif Kerry ha detto: «Io sto con voi nella lotta contro il cambiamento climatico: Il problema di una crisi globale, che va al di là di un solo Paese, e quello di fissare una necessaria ed urgente azione globale. Se agiamo insieme, c’è ancora tempo per evitare alcuni dei peggiori impatti del cambiamento climatico. Ma la gente delle isole del Pacifico sa, meglio di chiunque altro, che abbiamo anche bisogno di preparare le comunità agli impatti che si fanno già sentire».
La Hedegaard aveva però già detto che l’azione internazionale è in ritardo rispetto alle minacce del global warming alle piccole nazioni insulari del Pacifico: «Dobbiamo fare una pressione congiunta di dire al mondo è già molto in ritardo per affrontare i cambiamenti climatici. Il 2015 deve essere preso sul serio. Anche se le isole del Pacifico non sono responsabili del cambiamento climatico, sono disposte ad accettare obiettivi per le emissioni difficili, il che rende difficile per le altre nazioni non a seguirne l’esempio».
Il primo ministro delle Tuvalu, Enele Sopoaga, ha riportato la discussione su fatti terribilmente concreti: «La situazione è terribile. Per il Pacifico è necessaria un’azione immediata, non vaghe promesse di fare qualcosa per poi lasciare poche tracce lungo il percorso negli ultimi anni. Abbiamo bisogno di azioni concrete, sul territorio, per salvare Tuvalu, le Isole Marshall e Kiribati».