Obiettivi di sviluppo sostenibile: nessun Paese del mondo è sulla strada giusta
Svezia prima con 85 punti, Italia 29esima con 74,2. Problemi (diversi) sia nei Paesi ricchi che in quelli poveri
[13 Luglio 2018]
Secondo il SDG Index and Dashboards Report 2018 – Global responsibilities implementing the goals global”, pubblicato da Bertelsmann Stiftung e Sustainable Development Solutions Network (Sdsn). Nei paesi Ocse e che costituisce lo studio globale di maggiore spessore sulla distanza delle nazioni rispetto agli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg), i più grossi ritardi nella realizzazione degli Sdg sono: vita sott’acqua, vita sulla terra e clima, mentre nei Paesi in via di sviluppo il maggiore pericolo di non centrare gli obiettivi viene da possibili ritorni indietro nello sviluppo economico e socialre dovuti alle situazioni di conflitto.
Nessun Paese raggiunge il massimo del punteggio del SDG Index e nel rapporto si legge che «La maggior parte dei Paesi del G20 ha avviato l’attuazione degli Sdgs, ma permangono importanti lacune, dovute anche al modo in cui gli obiettivi sono accolti dalla leadership politica e tradotti in meccanismi istituzionali»
Flavio Natale di Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (A spiega che il SDG Index 2018 «include diversi miglioramenti e aggiunte rispetto alle versioni precedenti, con l’introduzione di dati di tendenza e nuovi indicatori. A causa però di cambiamenti negli indicatori stessi e di alcuni perfezionamenti nella metodologia, le classifiche e i punteggi dell’indice Sdg non possono essere confrontati con le edizioni 2016 e 2017 del rapporto». Lo stesso rapporto sottolinea che «In particolare, i cambiamenti nei punteggi e nelle classifiche non possono essere interpretati come progressi rispetto all’anno scorso».
Comunque il rapporto individua alcuni problemi comuni nel cammino dei Paesi verso gli Sdgs che l’Asvis riassume in cinque punti: 1. Le lacune permangono, e la politica può amplificarle o ridurle. Alcuni Paesi hanno infatti istituito unità di coordinamento dedicate, strategie, piani d’azione e sistemi di responsabilità, mentre altri sono in ritardo. 2. «Nessun paese è sulla buona strada per raggiungere gli Sdgs. Ad esempio, Svezia, Danimarca e Finlandia sono in cima all’indice del 2018, ma devono accelerare significativamente i progressi verso il raggiungimento di alcuni obiettivi, compreso l’obiettivo 12 (consumo e produzione responsabili) e l’obiettivo 13 (lotta contro il cambiamento climatico)». 3. I conflitti stanno portando a forti inversioni nei progressi degli Sdgs. La maggior parte dei Paesi in via di sviluppo ha registrato miglioramenti significativi nel campo della povertà estrema, malnutrizione, accesso ai servizi sanitari e scolastici e accesso alle infrastrutture di base, ma questi progressi sono a rischio. Inoltre, “le lacune nel raggiungimento degli obiettivi sono maggiori per quanto riguarda il completamento dell’istruzione secondaria”, dichiara il rapporto. 4. «I progressi verso modelli di consumo e produzione sostenibili sono troppo lenti». I Paesi ad alto reddito ottengono i punteggi più bassi sull’obiettivo 12 e sull’obiettivo 14 (vita sott’acqua). Anche gli sforzi verso l’obiettivo 15 (vita sulla terra) sono insufficienti, e mostrano quanto siano necessari ulteriori sforzi per proteggere la biodiversità e promuovere la produzione e il consumo sostenibili. 5. I Paesi ad alto reddito generano effetti negativi sugli Sdgs, poiché il loro sistema di produzione provoca forti ricadute ambientali ed economiche, capaci di minare gli sforzi degli altri Paesi nel raggiungimento degli obiettivi. «Tuttavia, vi è un’alta variazione di ricadute tra Paesi con un reddito pro capite simile», e ciò suggerisce che i Paesi possono ridurre i loro effetti negativi senza ridurre i loro redditi pro capite.
I punteggi SDG Index indicano la posizione di un Paese con un punteggio da 0 (il peggiore) a 100 (il migliore). La Svezia, in testa alla classifica, è a 85 punti, quindi ha compiuto l’85% del cammino necessario per raggiungere i 17 Sdgs. Dietro ci sono altri due Paesi scandinavi, Danimarca e Finlandia, mentre l’Italia è ventinovesima con 74,2 punti. Il problema e che tutti i Paesi ottengono almeno un punteggio negativo “rosso” per gli Sdg e il rapporto evidenzia che «Osservando le tendenze, molti Paesi ad alto reddito non stanno compiendo progressi significativi su questioni relative al consumo e alla produzione sostenibili e in particolare alla protezione della biodiversità in relazione all’obiettivo 14, campo in cui la maggior parte dei Paesi ad alto reddito ristagna».
I Paesi a basso reddito hanno punteggi dell’Index Sdgs più bassi, «dovuti in parte – spiega Natale – alla necessità di concentrarsi in larga misura sul porre fine alla povertà estrema e sull’accesso ai servizi e alle infrastrutture di base. Inoltre, i Paesi più poveri tendono a non disporre di infrastrutture e meccanismi adeguati per gestire le questioni ambientali, al centro dei 17 goal».
Per quanto riguarda i Paesi sviluppati Ocse, «ogni Paese ricco deve affrontare sfide significative», in particolare per il raggiungimento degli goal 12, 13, 14 e 15, per i quali «sono lontani dal raggiungimento di questi obiettivi, in fase di stallo o addirittura deterioramento».
Natale conclude: «I bassi punteggi attuali e le deboli tendenze sull’obiettivo 2 (sconfiggere la fame) sono guidati da un’agricoltura insostenibile e da alti e crescenti tassi di obesità nella maggior parte dei Paesi dell’Ocse. A conti fatti, c’è ancora strada da fare per tutti i Paesi, e in particolare per quelli più ricchi, per raggiungere i goal e realizzare l’ambizione dell’Agenda 2030 di “non lasciare indietro nessuno”».