Alcoa si dà… al riciclo, ma non a Portovesme
[9 Settembre 2013]
Si chiamerà “Alcoa Recycling” il nuovo soggetto imprenditoriale nato grazie alla fusione tra la divisione acquisti di scarti d’alluminio di Alcoa Inc. con Evermore Recycling, società già facente parte del gruppo multinazionale, che si occupa di recupero degli imballaggi in alluminio (lattine, barattoli, ecc). Questa scelta organizzativa si è resa indispensabile per coordinare al meglio e ottimizzare l’ingente quantità di flussi di materie prime seconde che il colosso americano movimenta ogni anno. Basti pensare che nel 2012 Alcoa tra rottami e imballaggi ha riciclato circa 630.000 tonnellate di alluminio. “Combinando i due gruppi in Alcoa Recycling, l’azienda sarà in grado di sfruttare i propri punti di forza e di andare sul mercato come un unico attore”, ha detto Michael Boyle, direttore della gestione del metallo in Alcoa, in un comunicato stampa.
Alcoa è il principale produttore mondiale di alluminio primario e fabbricato, così come il più grande estrattore e raffinatore di bauxite al mondo. Alcoa è stato membro del Dow Jones Sustainability Index per 11 anni consecutivi e impiega circa 61.000 persone in 30 paesi in tutto il mondo.
Tra questi, com’è noto, non figurano più i dipendenti dello stabilimento di alluminio primario situato a Portovesme, in provincia di Carbonia Iglesias, in Sardegna, al centro di uno dei principali complessi della metallurgia non ferrosa in Italia. Progettato alla fine degli anni 60 lo stabilimento è stato avviato nel 1973 inizialmente come industria a partecipazione statale ed entrando quindi a far parte del gruppo Alcoa nel 1996.
Nel gennaio 2012 Alcoa ha annunciato l’intenzione di chiudere lo stabilimento perché non più competitivo. La cessazione dell’attività produttiva si è conclusa alla fine del 2012 e dal 1 gennaio 2013 per i dipendenti è stato avviato il processo di CIGS (Cassa Integrazione Guadagni straordinaria). Alcoa ha tuttavia promesso di mantenere comunque per tutto il 2013 l’impianto in condizione di essere riavviato. Si sono a lungo cercati anche possibili acquirenti per la vendita dell’impianto, ma è evidente che se lo stabilimento non è considerato competitivo per il più grande gruppo globale del settore (che può attuare economie di scala, come nel caso del riciclo sopra accennato), difficilmente lo potrà essere con un investitore più piccolo.
E c’è chi non si vuole arrendere a questo stato di fatto. Proprio in questi primi giorni di settembre è ripartita la mobilitazione dei lavoratori Alcoa diretti e degli appalti che chiedono risposte sulla cessione dello stabilimento di Portovesme, sui corsi di formazione per i lavoratori dell’indotto e il pagamento della cassa integrazione. Per questo le organizzazioni sindacali del Sulcis Iglesiente hanno iniziato a discutere per studiare una strategia comune. Ma un’intelligente iniziativa potrebbe riscrivere il loro destino professionale. Stanchi di aspettare che il loro futuro si decida altrove e con tempi incerti, un gruppo di lavoratori Alcoa ha deciso di provare a costruire un percorso alternativo verso il lavoro. L’associazione si chiama “Solky’n Progress” ed è stata costituita da una ottantina di lavoratori: cinquanta dell’Alcoa, 15 delle imprese d’appalto e 15 disoccupati. E ha già chiesto e ottenuto l’appoggio dell’amministrazione comunale. Gli ex Alcoa intendono creare la propria occasione di lavoro partendo dal ricchissimo patrimonio storico, ambientale e culturale del territorio con una proposta che miri alla valorizzazione di questi beni immateriali e materiali. Nel piano è previsto un parco acquatico, una struttura di minigolf, una SPA e soprattutto un villaggio nuragico ricostruito con le sue quotidiane abitudini. «Il mio parere è favorevole – ha detto Mario Corongiu, sindaco di Sant’Antioco – naturalmente hanno bisogno di sostegno concreto, e proprio per questo credo che tutto il Consiglio comunale di Sant’Antioco esprimerà parere favorevole. L’aiuto concreto però lo deve dare la Regione. Per il resto, iniziative di questo tipo ci vedono d’accordo e oggi, visto che a proporlo sono lavoratori Alcoa, abbiamo una forte motivazione in più per dire di sì.» L’idea è quella di partire con un investimento ridotto, finalizzato alla costruzione di una struttura ricettiva per 50 posti letto, di un’area natura e di un parco acquatico per occupare un’area minima di 15 ettari, ampliabile in tempi diversi, fino a 50 ettari. Il tempo di realizzazione dovrebbe essere di tre anni, a partire dalla posa della prima pietra.