Il seguente testo è stato redatto per il settimanale ambientale de "il manifesto", l'ExtraTerrestre, con cui greenreport ha attiva una collaborazione editoriale
Come la storia del mare ha plasmato la Terra
Quattromila milioni di anni fa la prima goccia d’acqua è caduta sulla superficie del pianeta, e da allora sono successe molte cose
Era una notte buia e tempestosa: non è solo l’inizio del romanzo Paul Clifford, reso celebre da Snoopy, ma era davvero una notte buia e tempestosa quella in cui, quattromila milioni di anni fa, la prima goccia di acqua liquida si è separata dall’atmosfera terrestre ed è caduta sulla superficie del pianeta. C’era voluto circa mezzo miliardo di anni per portare, nello strato di gas che circondava in quei lontani tempi la Terra, allo stato liquido la prima molecola di acqua presente nell’atmosfera primitiva.
La prima goccia d’acqua caduta sulla superficie terrestre c’è rimasta poco perché è evaporata di nuovo immediatamente e lo stesso destino è stato riservato a tutte le altre gocce d’acqua che si sono condensate e riversate sul nostro pianeta primitivo. Ci sarebbe voluto un po’ di tempo prima che le gocce d’acqua si fermassero in qualche depressione della rugosa superficie terrestre sotto forma di pozza, la prima struttura da cui si sarebbero formati i laghi e poi i mari e di seguito gli oceani. Se osservate come una goccia cade su un terreno vedrete che si forma una specie di cratere e questa schizza tutto intorno la polvere: le gocce d’acqua scaricano, in questo modo, l’energia della loro caduta.
La forza di gravità delle gocce d’acqua che cadono sul suolo ne provoca una graduale disgregazione e i frammenti sono trascinati dall’acqua nel suo moto in discesa verso il fondovalle e il mare; se poi i minerali contengono dei sali solubili in acqua, l’acqua li scioglie e li porta con se. Queste operazioni di disgregazione, dissoluzione e trascinamento a valle dei minerali è durata probabilmente un paio di miliardi di anni; a poco a poco le pozzanghere iniziali di acqua liquida sono diventate laghi, mari, oceani, sempre più ricchi di sali disciolti e sospesi, sempre più vasti come estensione. I mari sono diventati sede di reazioni chimiche; alcuni sali ben solubili, come il cloruro di sodio, il comune sale da cucina, e i cloruri di potassio e magnesio sono rimasti solubili; altri hanno reagito fra loro dando luogo a sali insolubili che sono precipitati sul fondo degli oceani.
L’anidride carbonica atmosferica, ben solubile in acqua, è stata trascinata dall’acqua delle piogge sulla superficie terrestre e, avendo carattere acido, ha disgregato alcuni sali delle rocce superficiali trasformandoli prima in bicarbonati e poi in carbonati; il bicarbonato di calcio è solubile in acqua, ma il carbonato, che si forma successivamente, è insolubile ed è precipitato sul fondo dei mari. Si sono così formati i grandi banchi di carbonato di calcio che sono poi emersi durante i successivi movimenti dei continenti e si ritrovano oggi nella Puglia, nelle Alpi Apuane, nelle bianche scogliere di Dover dell’Inghilterra meridionale.
Per avere un’idea delle risorse del mare, si pensi che ci troviamo di fronte ad una miniera nella quale, in 1,4 miliardi di miliardi di metri cubi di acqua, si trovano disciolti circa cinquanta milioni di miliardi di tonnellate di sali, con una concentrazione media di 35 chili di sali totali per metro cubo; 29 chilogrammi per metro cubo sono costituiti da cloruro di sodio. Fra i sali disciolti ci sono tutti gli elementi chimici noti, perfino uranio, circa tre milligrammi per metro cubo, e anche oro, circa un millesimo di milligrammo per metro cubo. Pochissimo, ma il chimico Fritz Haber, grande patriota tedesco, dopo la prima guerra mondiale aveva tentato di estrarlo per pagare i debiti di guerra del suo paese. Sul fondo degli oceani e dei mari si sono depositati, nel corso di milioni di anni, tutti i sali insolubili, alcuni di metalli importanti economicamente come manganese.
Ma nel mare sono successe anche molte altre cose; circa tre miliardi di anni fa per reazioni chimiche nell’atmosfera si sono formate piccole molecole organiche contenenti azoto, i primi amminoacidi; gli oceani sono lentamente diventati il «brodo caldo primitivo» in cui si sono formate poi molecole sempre più complesse, le «basi» del Dna e le prime proteine. Le acque tempestose degli oceani hanno spinto queste molecole sulle rive delle terre emerse dove le nuove sintesi chimiche erano più facili, fino a quando alcune molecole sono state in grado di riprodursi in forme ancora più complesse generando la vita.
È stata poi la diversa composizione salina degli oceani e delle acque continentali che ha governato la specializzazione della vita nelle forme che chiamiamo animali e vegetali con un continuo interscambio fra organismi marini e terrestri. Parte della biomassa marina è stata poi coperta di rocce, si è decomposta e ha generato grandi depositi di idrocarburi, petrolio e gas naturale, che vengono oggi estratti con pozzi che arrivano a migliaia di metri sotto il fondo dei mari. Oggi i mari contengono, negli strati superficiali e profondi, da cinquanta a centomila miliardi di tonnellate di esseri viventi sotto forma di alghe, plancton, pesci, molluschi, anche se solo cento milioni di tonnellate all’anno sono pescate per l’alimentazione umana.