L’energia sotto i nostri piedi, spiegata bene: la geotermia
I ricercatori Adele Manzella e Carlo Ungarelli firmano per il Mulino un libro in grado di illustrare, con linguaggio accessibile, potenzialità e sfide che attendono lo sviluppo di questa fonte rinnovabile
Non è facile trovare un buon testo in lingua italiana che introduca, con approccio divulgativo ma scientificamente robusto, a quell’energia rinnovabile costantemente nascosta sotto i nostri piedi: la geotermia. Ed è un paradosso non da poco, perché «la geotermia può essere considerata a buon diritto l’energia rinnovabile che meglio rappresenta l’Italia. La sua storia ha origini antichissime, ed entra sulla scena dell’economia energetica mondiale proprio in un piccolo centro della Toscana, Larderello, dove nel 1904 – quindi a pochi anni dall’apparizione prepotente dell’energia elettrica nella vita dell’uomo –, il calore di fluidi geotermici produsse elettricità». Ed è sempre dall’Italia che «rimase fino al 1952 l’unica produttrice al mondo di energia geotermoelettrica, l’idea si diffuse in molti altri Paesi».
Ancora oggi all’Italia, sebbene abbia perso da tempo il primato globale della potenza geotermica installata, viene riconosciuta una leadership indiscussa per le competenze secolari maturate nella coltivazione di quest’energia pulita. Ed è forse per un eccesso di confidenza che alle nostre latitudini si finisce adesso per (stra)parlare di geotermia senza conoscerne adeguatamente almeno le basi scientifiche, condizione specchio di quella povertà di testi divulgativi cui abbiamo già accennato.
Fortunatamente ci sono delle eccezioni: i virgolettati che riportiamo provengono da La geotermia (il Mulino, 2011), un agile volumetto che in meno di 130 pagine offre una panoramica chiara e sufficientemente ampia su cosa sia la geotermia, su quali siano le tecnologie impiegate per ricavarne energia utile all’uomo, sui loro impatti e sulle sfide che ci attendono. Un lavoro dove a fare la differenza sono i due autori, Adele Manzella e Carlo Ungarelli; quest’ultimo è un fisico che ha svolto attività di ricerca per l’Istituto di geoscienze e georisorse (Igg) del Cnr oltre che in molte università europee, mentre la geofisica Manzella – che è stata chiamata a presiedere l’Unione geotermica italiana – è primo ricercatore e coordinatrice dei progetti geotermici sempre all’Igg del Cnr.
Partendo col descrivere quel motore termico che è per sua natura la Terra stessa, gli autori notano che ogni anno l’energia che questo motore mette gratuitamente a nostra disposizione è enorme: 33 miliardi di Tep, circa il triplo della domanda di energia primaria mondiale. Certo, si tratta di un’energia non raggiungibile ovunque in ugual misura. Come è più utile impiegare tecnologie fotovoltaiche dove l’irraggiamento solare è ottimale, o pale eoliche in caso di dati anemometrici incoraggianti, ci sono aree lungo il pianeta con caratteristiche geologiche che rendono la geotermia particolarmente allettante come fonte energetica. Alcune di queste aree sono proprio in Italia, e non a caso in Toscana (dove sono ad oggi coltivati campi geotermici nelle zone di Larderello, Travale, Amiata). Basti pensare che i sistemi geotermici più preziosi per la produzione di energia sono quelli a vapore dominante, e che ne esistono solo cinque al mondo: uno è a Larderello.
Eppure, nonostante il know-how secolare accumulato e le caratteristiche uniche (in primis la continuità produttiva, oltre alla possibilità di coniugare impieghi elettrici e termici) di quest’energia, le potenzialità della geotermia sono ancora largamente inespresse. Per questo, a livello globale, la Global geothermal alliance – che ha tenuto la sua prima conferenza di alto livello a Firenze – si è presentata nel 2015 sotto il cappello dell’Onu all’Accordo sul clima di Parigi lanciando obiettivi ambiziosi ma raggiungibili: +500% di elettricità e +200% di energia termica generate da fonte geotermica entro il 2030. Un contesto entro il quale anche l’Italia può dare ancora molto, come spiega l’Unione geotermica italiana, visto che il contributo della geotermia ai consumi italiani di energia primaria (dati 2015) si ferma appena allo 0,87% (quanto basta comunque per evitare l’emissione di 4 MTonn/a di CO2 l’anno).
Si tratta però di obiettivi raggiungibili soltanto in maniera sinergica e condivisa coi territori direttamente coinvolti dalla coltivazione geotermica. Per questo è necessario un imponente e onesto sforzo comunicativo da parte di istituzioni, imprese e mondo scientifico. «Il primo passo per far uscire la geotermia dalla nicchia in cui si trova – argomentano Manzella e Ungarelli – è far conoscere non solo le sue potenzialità, ma anche le sfide tecnologiche, i problemi che deve affrontare, gli incentivi di cui gode e quelli che deve guadagnarsi», descrivendone in modo chiaro «costi e benefici in termini socioeconomici» oltre che ambientali. Uno sforzo che per giungere a buon fine deve però poter esser condotto su un terreno di dialogo comune, quello della scienza, da parte di tutti gli attori in campo. Per questo il volume La geotermia edito da il Mulino è particolarmente prezioso: rende accessibili al grande pubblico i concetti-base per un dialogo fruttuoso.