Carestia e colera nello Yemen hanno potenti alleati
E’ fame per 14 milioni di persone. Verso una catastrofe umanitaria mai vista al mondo
[25 Ottobre 2018]
Di ritorno da una missione nello Yemen Mark Lowcock, vicesegretario Onu per gli affari umanitari, ha lanciato un grido di allarme di fronte al Consiglio di sicurezza: «Il 21 settembre – ha ricordato – vi avevo avvertiti che stiamo perdendo la lotta contro la fame nello Yemen, Da allora la situazione è peggiorata. Attualmente esiste un chiaro pericolo di una grande e imminente fame che sommergerà lo Yemen, ben più grande di tutto quel che chi ha lavorato in questo campo abbia mai conosciuto nel corso della sua vita professionale».
Secondo una nuova valutazione effettuata da agenzie Onu e ONG , «Il numero totale delle persone di fronte a una situazione di fame, il che significa che dipendono interamente dall’aiuto umanitario per la loro sopravvivenza, potrebbe ben presto raggiungere no 11 milioni ma 14 milioni di persone». Lowcock ha fatto notare che «E’ la metà della popolazione totale del Paese. Il mese scorso avevo puntato il detto contro due avvenimenti recenti che avrebbero aggravato la crisi nello Yemen: primo, l’intensificazione dei combattimenti intorno alla città portuale di Hodeïdah, che hanno danneggiato le infrastrutture sulle quali si basano le forniture dell’assistenza umanitaria e le importazioni commerciali; secondo, il crollo dell’economia».
Da allora le cose non sono cambiate: a Hodeïdah i combattimenti tra i sauditi e i loro alleati sunniti e le truppe del governo houthi sciita continuano e portare soccorso a milioni di affamati è praticamente impossibile.
Lowcok ha nuovamente lanciato un appello a tutte le parti coinvolte nella guerra «a fare di tutto per evitare una catastrofe» e ha reclamato la «cessazione delle ostilità dentro e intorno a tutte le infrastrutture e gli impianti dai quali dipendono le operazioni di assistenza e gli importatori commerciali (…) e la protezione degli approvvigionamenti in derrate alimentari e in prodotti essenziali in tutto il Paese. Il che implica di togliere le restrizioni sulle importazioni e il fatto che i principali assi del trasporto siano aperti e sicuri».
Lowcock ha anche detto che «E’ necessaria una rapida iniezione di valuta nell’economia attraverso la Banca centrale, dei crediti più rapidi per i commercianti e il pagamento delle pensioni a dei funzionari». Ma Lowcock ha soprattutto chiesto alle grandi potenze del pianeta «un aumento dei finanziamenti e del sostegno alle operazioni umanitarie, al fine che le organizzazioni umanitarie possano intensificare i loro sforzi».
Ma è esattamente quel che non vuole l’ingombrante fantasma che ha aleggiato sul Consiglio di sicurezza dell’Onu: l’Arabia saudita che sembra voler vincere la guerra contro lo Yemen con le bombe e con il genocidio per fame e malattie di un intero popolo.
La coalizione a guida saudita (armata dall’Occidente e anche dall’Italia) ci aveva già provato nel novembre 2017 chiudendo le frontiere aeree, terrestri e marittime dello Yemen in risposta a un razzo lanciato dagli Houthi contro Riyadh. Allora 18 ONG in una dichiarazione comune espressero tutta la loro preoccupazione perché «La situazione umanitaria è estremamente fragile e qualsiasi interruzione nella fornitura rifornimenti essenziali come cibo, carburante e medicinali ha il potenziale per avvicinare milioni di persone alla fame e alla morte». La pressione internazionale costrinse l’Arabia saudita aa addolcire il blocco e a concedere aiuti, ma quando si tratta di evitare la carestia, le importazioni commerciali sono più importanti delle forniture di emergenza.
Nella maggior parte dello Yemen, negozi e mercati vendono ancora cibo, ma molte persone non hanno semplicemente i soldi per comprarlo. Da settembre la valuta yemenita è in caduta libera e i prezzi degli alimentari e del carburante sono alle stelle. Gran parte della popolazione non è più in grado di comprare ciò di cui ha bisogno per sopravvivere. Nello Yemen ci sono milioni di persone affamate e ormai il Paese è sprofondato in quella che viene definita condizione di “pre-carestia”. I 14 milioni di affamati potrebbero diventare ancora di più se il porto di Hodeidah sul Mar Rosso verrà del tutto chiuso a causa dell’assedio saudita e la coalizione sunnita si prepara a un’altra offensiva contro gli Houthi in città.
A questa tragedia si aggiunge un problema “burocratico”: dichiarare la carestia è un procedimento tecnicamente complicato, come dimostra quanto successo recentemente con la fame nel Sud Sudan:
Gli analisti stanno esaminando sondaggi di mercato, dati sulla salute e la nutrizione provenienti da tutto lo Yemen per determinare se la situazione supera la soglia tecnica della “carestia”. Per evitare falsi allarmi, prima che una situazione drammatica come quella dello Yemen possa essere definita carestia devono essere soddisfatti requisiti rigorosi. E anche quella dichiarazione può essere contrastata o ritardata da preoccupazioni politiche: i governi e le parti in guerra di solito non vogliono ammettere che ci sia la fame nei territori sotto il loro controllo o che stanno bombardando.
Nel 2011, l’Onu dichiarò la prima carestia del XXI secolo in Somalia e anche lì, come nello Yemen e nel Sud Sudan le cause erano la guerra, la siccità e le restrizioni all’accesso dei soccorsi.
In Somalia sono dovute morire di fame 260.000 persone prima che la comunità mondiale si decidesse, quante ne dovranno morire ancora nello Yemen?
Quello che sappiamo per certo è che la malnutrizione sta già uccidendo e che attualmente gli yemeniti sono più vulnerabili a malattie come il colera e la difterite.
Nel 2017 il colera ha fatto strage, diffondendosi rapidamente fino a uccidere una persona all’ora a maggio. A fine aprile si contavano già 2.510 morti di colera e 1,2 milioni di infettati. L’epidemia sembrava finita, ma «il colera sta tornando e sembra qualcosa di diverso.
Il colera si diffonde a causa delle pessime condizioni igienico-sanitarie, della carenza di acqua pulita e il tutto è aggravato dalla guerra. In più c’è la crisi economica che produce fame e il colera colpisce facilmente i bambini malnutriti. Da mesi, le organizzazioni umanitarie avvertono che il colera stava per tornare. Circa 1,1 milioni di yemeniti, compresi 660.000 bambini di meno di un anno, hanno ricevuto vaccini per il colera, ma l’Unicef dice che ad aver bisogno della vaccinazione per prevenire ulteriori epidemie.
che sono 9,7 milioni.
La scorsa settimana nello Yemen sono stati registrati 150,000 casi sospetti di colera e e la provincia di Hodeidah, dove infuria la guerra, è quella con più casi.
A partire da giugno, sono cominciati ad affluire negli ospedali pazienti che provenivano da campi profughi improvvisati, con servizi igienici praticamente inesistenti e accesso limitato all’acqua pulita. Nella provincia di Hodeidah 425.000 persone hanno dovuto abbandonare le loro case di fronte all’offensiva saudita iniziata a giugno. Bismarck Swangin, portavoce dell’Unicef nello Yemen, conferma che «La popolazione sfollata è a rischio più elevato di molte malattie, tra cui le malattie diarroiche, come il colera».
Gli eroici medici yemeniti spiegano all’agenzia IRI: «Quando abbiamo notato che molti sfollati non hanno acqua pulita e le loro latrine sono all’aperto, è allora che abbiamo capito che il colera sarebbe tornato. Gli ospedali hanno iniziato a vedere un aumento dei casi a settembre, e ora diverse stanze sono dedicate al trattamento della malattia».
E il colera sembra destinato a restare nello Yemen se non si sconfiggerà la fame e, soprattutto se non si fermerà la guerra. Ma guerra, fame e colera hanno potenti alleati tra le ricche monarchie assolute del Golfo e anche tra i banchi del Consiglio di sicurezza dell’Onu al quale Lowcock, ha rivolto il suo accorato appello a salvare 14 milioni di persone, soprattutto bambini, donne e anziani, che non hanno nessuna colpa per questa folle guerra che si ciba di odio settario, per la conquista di un Paese poverissimo e per le rotte del petrolio.