Com’è cambiato il consumo di energia geotermica in Italia nell’ultimo quarto di secolo
I dati nel nuovo rapporto Ispra sugli indicatori di efficienza e decarbonizzazione nei principali Paesi europei
[9 Novembre 2018]
L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha pubblicato il rapporto Emissioni nazionali di gas serra: Indicatori di efficienza e decarbonizzazione nei principali Paesi Europei, all’interno del quale è disponibile un’analisi del consumo interno lordo italiano suddiviso per fonte energetica, compresa quella geotermica; il periodo temporale analizzato va dal 1990 al 2016, offrendo così uno spaccato ampio oltre un quarto di secolo.
In generale, l’Ispra nota come nel 2016 il consumo interno lordo di energia sia è più alto di quello del 1990 dello 0,8%, raggiungendo quota 154.748 ktep: il trend mostra un andamento crescente dal 1990 fino al 2005 quando raggiunge il valore massimo di 190,1 Mtep, mentre successivamente si osserva una riduzione dei consumi accelerata dagli effetti della crisi economica.
Per quanto riguarda in particolare le fonti pulite, in Italia «le sorgenti di energia rinnovabile prevalenti sono state storicamente quella geotermica e idroelettrica, che dal 1990 al 2000 rappresentavano più dell’80% del consumo interno lordo di energia rinnovabile». Da questo punto di vista un contributo determinante arriva naturalmente dalla Toscana, dove la tecnologia per l’impiego industriale della geotermia è stata sviluppata per la prima volta al mondo esattamente due secoli fa, e dove ancora oggi sono presenti – caso d’eccellenza unico in Italia – centrali geotermoelettriche per la produzione di elettricità da geotermia.
Guardando al consumo interno lordo nazionale suddiviso per fonte di energia rinnovabile, la geotermia nel 1990 rappresenta la fonte più generosa per l’Italia: con 2.971 ktep su 6.472 totali è infatti la sorgente d’energia pulita maggiormente incisiva, seguita a breve distanza dall’idroelettrico (2.719 ktep). Mentre passano i lustri il contributo della geotermia aumenta, fino ai 5.571 ktep censiti nel 2016, anno nel quale il calore della terra merita la medaglia d’argento nella classifica stilata dall’Istat: a precederlo c’è solo la voce “biomasse e rifiuti”, i quali soddisfano 13.177 ktep dei consumi interni lordi di energia italiani, mentre a seguire è ancora la fonte idroelettrica con 3.648 ktep.
Allargando il campo d’osservazione, come mostra l’Ispra dopo il 2007 nel mix energetico italiano le fonti rinnovabili sono responsabili di una quota crescente della produzione elettrica nazionale. Alle tradizionali fonti idroelettrica e geotermica cominciano si aggiungono quote rilevanti delle altre fonti, principalmente eolica e fotovoltaica.
Eppure in questo quadro i combustibili di origine fossile rappresentano ancora il principale vettore del sistema energetico nazionale. Storicamente la percentuale di combustibili fossili rispetto al consumo interno lordo è stata superiore al 90%, sebbene dal 1990 al 2016 la componente fossile passi da 93,8% a 81,1%, con un declino del contributo fossile al consumo interno lordo diventato particolarmente ripido a partire dal 2007. Occorre continuare ad accelerare, e per questo rimane fondamentale l’apporto delle fonti rinnovabili e in particolare quelle che hanno potuto maturare in Italia un know-how d’eccellenza a livello globale, come la geotermia.