Cospe ha lanciato una campagna tra gli esercenti fiorentini a sostegno dei contadini di Eswatini
Swaziland, la resilienza dei contadini di fronte ai cambiamenti climatici (e a quelli del re)
Sia il cambiamento climatico che lo sfruttamento della terra per coltivazioni intensive di canna da zucchero hanno di molto abbassato produttività e sostenibilità ambientale di queste zone a vocazione agricola
Sono arrivato in Swaziland a gennaio. Da queste parti dovrebbe essere stagione di piogge. Da dicembre ad aprile infatti le piogge dovrebbero essere in tutta l’Africa australe, un “alimento” prezioso per esseri umani, agricoltura, animali. Lo Swaziland è dal punto di vista climatico è come separato in due: da una parte le montagne quasi sopraffate dalla pioggia, risplendenti di verde anche in questa lunga stagione di siccità, diventata ormai cronica negli ultimi dieci anni; dall’altra le terre basse e gli altipiani, che di pioggia hanno sempre scarseggiato e che ora sono state messe in ginocchio.
La LubomboRegion fa parte delle terre assetate, una sete che è evidente nel paesaggio che mi sono trovato di fronte: colori autunnali, giallo e arancione, strade marroni e polverose, spighe di mais ricurve. Vivo e lavoro a Siteki, capoluogo della LubomboRegion, regione che attraversa Swaziland e Mozambico.
Ho iniziato presto a spostarmi attraverso le 23 comunità coinvolte nel nostro ultimo progetto per verificare con mano le conseguenze di questo fenomeno. Sono 2.000 piccoli agricoltori i beneficiari diretti del progetto. È il mondo rurale dello Swaziland, dove (soprav)vive la maggioranza della popolazione. Sia il cambiamento climatico che lo sfruttamento della terra per coltivazioni intensive di canna da zucchero, hanno di molto abbassato produttività e sostenibilità ambientale di queste zone a vocazione agricola: qui si producono cereali (con il mais a fare da padrone) e legumi.
Nostro compito è quello di dare una mano ai piccoli agricoltori e alle loro famiglie affinché siano in grado oggi di resistere, e in futuro di reagire ed adattarsi, alle nuove condizioni imposte da un cambiamento climatico che oggi si chiama siccità, domani potrebbe essere alluvioni. Di solito le riunioni si svolgono nel “chiefdom”, il terreno di fronte alla casa del Capo villaggio, capo per nascita, emanazione del re nei villaggi, capo carismatico e politico. Bisogna passare da lui per far approvare il progetto e le attività da fare. Peccato che il chief non si manifesti mai e le riunioni si svolgano con suoi segretari, rappresentanti e delegati.
Molto spesso questi incontri si svolgono nel fine settimana, quando le persone fanno anche i lavori comunitari, risistemano le strade, le case, gli spazi comuni. Un giorno sono arrivato in una comunità che ha aderito al progetto di una delle tante aziende straniere che coltivano canna da zucchero. Non solo il paesaggio è cambiato ma anche lo stato delle case e delle persone: si tocca con mano il degrado che colpisce questi luoghi quando decidono – o sono costrette – di svendere la propria terra, diventare operai che non traggono nessun sostentamento da questo lavoro, a parte un salario molto basso.
Non possono più coltivare la loro terra, sono costretti a comprare sul mercato i prodotti e a spendere molto di più dei piccoli agricoltori delle altre comunità. Un esempio devastante, e non certo l’unico in questo Paese, che corre il rischio di diventare una grande distesa di canna da zucchero, una coltivazione che drena la poca acqua rimasta, e che non lascia ricchezza sul territorio.
Agroecologia, adozione di varietà di sementi locali prodotte e selezionate con una miscela di conoscenze tradizionali e moderne tecnologie, insieme a tanta formazione è il mix di azioni e di proposte su cui lavoreremo, coinvolgendo contadini, organizzazioni e autorità locali, istituzioni nazionali. Scontrandoci anche con problematiche che stanno sopra le comunità, come la nuova spinta verso l’uso di sementi Ogm. Per questo, dall’albero dei villaggi, passo spesso alle hall dei grandi alberghi per incontrare istituti di ricerca, ministri, esperti. Un lavoro che mi permette di capire questo Paese sotto tanti di vista. Un Paese che ha appena cambiato nome: dallo scorso aprile, il giorno del suo 50esimo compleanno (e il 50esimo anniversario dell’indipendenza dagli inglesi) il Re ha ribattezzato lo Swaziland con il nome di “Il Regno di eSwaini”, il regno degli swazi. Ora questa trovata comporta un grande caos, prima di tutto i documenti da rifare. E le persone come hanno reagito? Un misto tra orgoglio e rassegnazione. C’è chi alza gli occhi al cielo, c’è che invoca un processo più partecipativo… ma la resilienza forse passa anche da qui: sapersi adattare ai cambiamenti, non solo climatici.
Dal mese di dicembre Cospe ha lanciato una piccola campagna tra gli esercenti fiorentini a sostegno ai nostri progetti contro i cambiamenti climatici. Iniziamo con “Bee happy”, la vendita di biscotti a forma di ape da parte Antico Forno Ghibellina di Firenze per i contadini di Eswatini. Informati sulla nostra iniziativa: https://sostieni.cospe.org/api/