Dal carbone alla geotermia: come le regioni carbonifere Ue possono difendere clima e lavoro
Entro il 2030 160mila posti di lavoro nel settore potrebbero andare persi: una transizione che è necessario governare, anche grazie alle fonti rinnovabili
[4 Gennaio 2019]
Il progressivo abbandono del carbone per la produzione di energia è essenziale nella lotta contro l’avanzata dei cambiamenti climatici, e per rispettare gli impegni internazionali siglati con l’Accordo di Parigi sul clima; si tratta di un tema particolarmente sensibile per l’Europa, dato che nel Vecchio continente la combustione del carbone è responsabile dell’80% della CO2 prodotta dal settore energetico, nonostante questo combustibile fossile fornisca appena il 15% dell’energia consumata. Un ruolo che dovrà essere presto rimpiazzato dalle fonti rinnovabili, con un’attenzione particolare alle potenzialità (anche occupazionali) offerte dalla geotermia.
È quanto emerge dal recente rapporto EU coal regions: opportunities and challenges ahead, elaborato dal Centro comune di ricerca (Jrc) della Commissione europea, partendo dalla considerazione che circa mezzo milione di persone – tra occupati diretti e non – ancora oggi lavora nel settore carbonifero europeo. Molte miniere che attualmente beneficiano di aiuti di Stato stanno però chiudendo a causa della loro scarsa competitività, mentre due terzi delle centrali a carbone operative in Europa dovrebbero essere dismesse tra il 2020 e il 2030. Non si tratta di un’evoluzione indolore: il Jrc stima che circa 160mila posti di lavoro nel settore europeo del carbone possano andare persi entro 12 anni. Un processo che, per non essere traumatico, deve essere opportunamente gestito da parte delle istituzioni, e le rinnovabili hanno già mostrato di poter ricoprire un ruolo importante della soluzione dando attualmente lavoro a 2 milioni di persone in Europa.
In che modo dunque le fonti pulite potranno favorire una transizione ecologica e socialmente sostenibile nelle regioni carbonifere? Tra i punti chiave forniti dall’analisi del Jrc emerge il ruolo della geotermia, grazie alla quale le competenze minerarie già presenti nelle regioni carbonifere potrebbero facilitare la formazione di lavoratori impiegabili nello sviluppo di questa fonte pulita.
«Le miniere chiuse e allagate presentano un buon potenziale per le risorse geotermiche a bassa entalpia», spiegano dal Jrc, impiegabile utilmente per impieghi termici: riscaldamento e raffreddamento. «Questa soluzione efficiente ed economica è stata implementata in molti paesi in tutto il mondo e ha un potenziale significativo in Europa, in particolare per il teleriscaldamento e per la creazione di comunità di post-mining sostenibili». Ad oggi infatti benché il riscaldamento e il raffreddamento rappresentino la metà della domanda finale di energia nell’UE-28, per soddisfarla si ricorre principalmente ai combustibili fossili. Al contrario, in Europa i sistemi di teleriscaldamento coprono solo il 10% del mercato, e dei 5mila attivi solo 180 sono geotermici.
Da qui il potenziale offerto dalla transizione delle regioni carbonifere: «Il potenziale geotermico delle miniere di carbone sotterranee chiuse in Europa è stato stimato nell’ordine di diverse migliaia di megawatt termici (la stima iniziale proposta è 3GWth), con una riduzione stimata delle emissioni di CO2 associate all’uso delle miniere al posto delle convenzionali tecnologie di riscaldamento e raffreddamento pari a circa 5.000 tonnellate/anno».
Non si tratta solo di teoria. Il Jrc porta come esempio la regione di Parkstad Limburg nei Paesi Bassi, un tempo dipendente dall’estrazione del carbone, dove si sta sviluppando il progetto geotermico Heerlen Minewater. Si tratta di una prospettiva che potrebbe offrire possibilità di sviluppo anche in Italia e in particolare in Sardegna, dove il bacino carbonifero del Sulcis presenta temperature a un 1km di profondità particolarmente interessanti in confronto al restante quadro europeo. Non sarebbe la prima volta che la geotermia offre nuove possibilità di sviluppo sostenibile, dopo l’entrata in crisi di un settore minerario italiano; è il caso delle miniere di cinabro sull’Amiata, storicamente impiegate per la produzione di mercurio. Una volta dismesse l’occupazione sul territorio ne soffrì moltissimo, ma dagli anni ’60 un’alternativa sostenibile s’affaccio con l’arrivo della coltivazione geotermica: un work in progress che continua ancora oggi.