Legambiente: lo sgombero di Castelnuovo di Porto è insensato e indegno di un Paese civile
Medici senza Frontiere: migranti e rifugiati riportati in centri di detenzione in condizioni drammatiche
[23 Gennaio 2019]
Legambiente si chiede: «Davvero la chiusura del centro di accoglienza di Castelnuovo di Porto farà risparmiare agli italiani un milione di euro all’anno, per di più “non togliendo diritti a nessuno” come dichiarato dal ministro dell’Interno? È per questo, e per il bene del Paese, che stiamo sgomberando con l’esercito donne, uomini e bambini richiedenti asilo, separando le famiglie, togliendo dalle scuole chi ci andava e dai percorsi di formazione lavorativa chi li aveva intrapresi?»
Il presidente del Cigno Verde, Stefano Ciafani, non ci crede proprio ed esprime «tutto lo sgomento dell’associazione sullo sgombero del secondo Cara più grande d’Italia, alle porte di Roma, senza nessuna ragione plausibile e senza alcun dialogo con gli enti locali».
Ciafani sottolinea che «L’operazione portata avanti in queste ore al Cara di Castelnuovo di Porto è indegna di un paese civile per le modalità con cui viene condotta, una violenza istituzionale inaccettabile e, anche totalmente insensata, perché fino a prova contraria nuoce alle comunità e al territorio. Si buttano per strada persone prive di tutto, titolari di una protezione umanitaria che, con la nuova legge, non dà più diritto all’accoglienza; si mandano a monte percorsi di integrazione; si toglie il lavoro a 120 persone del posto impegnate nel centro. Si distrugge quello che funziona invece di migliorarlo e di far crescere soluzioni di integrazione e sviluppo che facciano realmente bene al Paese. In altre parole, si specula sulla vita delle persone per fare campagna elettorale. Non vorremmo che tanta fretta e tanta violenza siano dovute alla volontà, per ora segreta, di istituire nella struttura di Castelnuovo di Porto uno dei centri di rimpatrio previsti dalla legge 132 sulla Sicurezza. Saremmo felici di essere smentiti».
Legambiengte sottolinea un altro paradosso che «proprio un ministro della Lega, anticentralista e antistatalista per nascita, stia depauperando il ruolo delle autonomie locali nel governo del territorio e il sistema istituzionale. I sindaci si stanno ritrovando soli di fronte alla presenza di stranieri regolari e irregolari buttati in mezzo alla strada, nell’impossibilità di continuare a gestirne l’inserimento nella comunità locale. E come già sta succedendo, oltre ai migranti che subiscono le conseguenze più pesanti, pagheranno anche le economie locali: i costi dei progetti di accoglienza che si vogliono smantellare, con un investimento complessivo intorno ai 600-800 milioni all’anno, in questi anni hanno funzionato da volano sia per riattivare economie locali in crisi, sia per rivitalizzare imprese e servizi sociali».
Intanto Medici senza Frontiere (Msf) denuncia che «Nelle ultime due settimane, le nostre équipe in Libia hanno osservato un netto aumento del numero di persone trattenute nei centri di detenzione a Misurata e Khoms, dopo una serie di sbarchi che hanno visto rifugiati, migranti e richiedenti asilo intercettati o recuperati in mare e riportati sulle coste libiche, in piena violazione del diritto internazionale. l numero di persone nei centri di detenzione dell’area è passato dai 650 all’inizio dell’anno ai 930 attuali. Due giorni fa, 106 persone sono sbarcate a Khoms da una nave commerciale. Si teme che almeno 6 siano annegate mentre il gruppo tentava la traversata».
Julien Raickman, responsabile delle attività di Msf a Misurata, Khoms e Bani Walid, spiega che «Allo sbarco, diverse persone avevano bisogno di cure urgenti e siamo intervenuti per fornire assistenza medica. Abbiamo organizzato il trasferimento di 10 persone in un ospedale vicino, ma un ragazzo di 15 anni è morto poco dopo il ricovero. Ieri altre 144 persone soccorse da una nave mercantile sono sbarcate a Misurata. Queste persone sono disperate, sono state riportate nel paese da cui cercano di fuggire. Devono essere assistite e protette, non rimandate indietro nel drammatico circolo della detenzione».
In Un comunicato Msf rivela che «Tjra le 250 persone sbarcate complessivamente a Misurata e Khoms, ci sono donne, di cui alcune incinte, neonati e bambini sotto i 7 anni, tutti trasferiti nei centri di detenzione dell’area. Solo pochi giorni prima, 117 persone sono annegate in un naufragio, un chiaro segno della deliberata negligenza da parte delle autorità europee nel garantire la necessaria capacità di ricerca e soccorso per salvare vite nel Mediterraneo centrale. Le persone riportate in Libia in questi giorni si trovano ora bloccate in sovraffollati centri di detenzione. La capacità di affrontare nuovi arrivi è al limite e questo peggiora ulteriormente le già drammatiche condizioni della detenzione. Le persone non hanno praticamente alcuna possibilità di uscire all’aria aperta e hanno scarso accesso ad acqua pulita e cibo. Il cibo è del tutto insufficiente e inadeguato a rispondere ai bisogni nutrizionali di persone in gravi condizioni mediche, donne e bambini. Tra le persone trattenute ci sono pazienti affetti da malnutrizione, ipotermia, diarrea. Alcuni raccontano che prima di tentare la traversata del Mediterraneo erano stati tenuti in cattività dai trafficanti per settimane, a volte mesi, senza cibo, sistematicamente abusati e torturati. Anche nei centri di detenzione a Tripolisi registra un aumento delle persone trattenute. La maggior parte delle strutture non ha un adeguato isolamento contro il freddo e questo provoca malattie dovute alla prolungata esposizione al clima invernale. In un centro di detenzione nella capitale, le équipe di Msf hanno osservato pazienti con pericolose perdite di peso dovute alla scarsità di cibo».
Come se non bastasse, «I recenti combattimenti a Tripoli hanno causato 14 morti e 58 feriti, secondo i rappresentanti dell’OMS in Libia. I civili più volte si sono trovati in trappola nella zona di conflitto, tra cui circa 228 rifugiati, migranti e richiedenti asilo trattenuti arbitrariamente nel centro di detenzione di Qasr Bin Gashir, sulla linea del fronte. La pompa idraulica del centro ha subito un’interruzione di corrente e le persone sono rimaste senza acqua pulita finché Msf è riuscita a realizzare una fornitura d’acqua di emergenza. Le nostre équipe hanno visitato il centro due volte nelle ultime 48 ore per fornire consultazioni e cure mediche, in particolare ai pazienti di tubercolosi.
Claudia Lodesani, presidente MSF Italia, conclude: «La Libia non è un posto sicuro dove riportare rifugiati e migranti, i livelli di violenza a cui sono esposti nel paese sono ben documentati. Sono molto oltre il cinismo l’Unione Europea e i suoi Stati membri, compresa l’Italia, che continuano a implementare politiche basate sull’intercettazione e il ritorno forzato di persone vulnerabili nella detenzione in Libia, mentre in mare ostacolano deliberatamente le navi impegnate nelle attività salvavita di ricerca e soccorso, ancora disperatamente necessarie nel Mediterraneo centrale».