Energie rinnovabili marine nel Mediterraneo, ecco quali sono le opportunità e i limiti
L’Università di Siena, nell’ambito del progetto di ricerca Maestrale, sta studiando possibili soluzioni tecnologiche per lo sviluppo sostenibile della blue energy
«State rubando il futuro ai vostri figli». Questo è uno dei concetti chiave espressi da Greta Thunberg, la quindicenne svedese che durante la Cop24 – la conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico recentemente conclusasi a Katowice, in Polonia – ha parlato davanti ai leader mondiali invocando un cambiamento. Il concetto espresso da Greta non è nuovo. Nel 1992, durante la conferenza di Rio, la dodicenne canadese Severn Cullis-Suzuki esprimeva la stessa preoccupazione: «Venendo a parlare qui non ho un’agenda nascosta, sto lottando per il mio futuro. Perdere il mio futuro non è come perdere un’elezione o alcuni punti sul mercato azionario». Dal 1992 ad oggi le preoccupazioni di Severn sono le stesse di Greta, mentre si aggravano le condizioni dell’ecosistema terrestre. La lotta al cambiamento climatico è un problema globale che richiede una rivoluzione culturale, economica, politica ed energetica.
Da anni l’Unione europea è promotrice di politiche che mirano a mitigare gli effetti del cambiamento climatico, ormai già in atto. L’Ue, attraverso diversi progetti, incentiva la ricerca e lo sviluppo del settore energetico col fine di trasferire le conoscenze ottenute ai vari stati membri, e diffondere le buone pratiche.
Maestrale è un progetto Interreg-Med (un programma di cooperazione transnazionale che interessa l’area del Mediterraneo) che cerca di promuovere il settore della blue energy, ovvero le tecnologie che sfruttano le energie marine con lo scopo di produrre energia da fonti rinnovabili limitando le emissioni. Lo sviluppo di queste tecnologie richiede una ri-concettualizzazione degli spazi marini, e una rigida pianificazione per non incorrere in problematiche ambientali, economiche e sociali. Col fine di individuare i benefici ed i limiti di queste tecnologie, il gruppo di ricerca Ecodynamics Group dell’Università degli Studi di Siena, coordinatore del progetto Maestrale, ha condotto una ricerca utilizzando la metodologia Swot, acronimo di “Strenghts, Weaknesses, Opportunities, Threats”, ovvero “punti di forza, di debolezza, opportunità, minacce”. Lo scopo dell’analisi Swot è quello di individuare i fattori che possono incentivare o scoraggiare, facilitare o ostacolare lo sviluppo di soluzioni o tecnologie e i possibili impatti ambientali, economici e sociali.
Nell’articolo “Disaggregating the SWOT Analysis of Marine Renewable Energies”, comparso su Frontiers in Energy Research, vengono illustrati i principali risultati di questa ricerca, applicata a possibili progetti di produzione di energia da fonti rinnovabili marine nel Mediterraneo. I fattori sono stati investigati ponendo l’accento su cinque diverse dimensioni: sociale, economica, legale, tecnologica ed ambientale.
La partecipazione cittadina alla transizione energetica
Uno dei fattori fondamentali da considerare durante l’implementazione di queste tecnologie riguarda l’accettazione sociale (T-Threat). L’installazione di una turbina eolica o di un convertitore di onde in mare comporta un impatto visivo e può influire sul senso d’identità di una comunità. Per questo motivo, il coinvolgimento dei cittadini e delle associazioni durante il processo decisionale che porterà poi all’installazione è fondamentale. La partecipazione ai lavori, la trasparenza e il trasferimento delle informazioni da parte degli attori coinvolti, così come l’opinione degli esperti, sono fondamentali per creare coesione e accettazione.
Comprendere i benefici e i limiti di queste tecnologie, al riparo da fake news, può incentivare le comunità ad affrontare queste sfide con sguardo critico ma oggettivo. Uno degli esempi positivi più noti è quello di Samsø: in questa piccola isola danese, più del 100% dell’elettricità consumata proviene da fonti rinnovabili, prevalentemente da eolico on-shore ed offshore, mentre il calore viene fornito in larga parte da sfruttamento di biomasse residue locali e da solare termico. Cosa è accaduto? Dal 1998 al 2008, i residenti e le cooperative dell’isola si sono mobilitati per realizzare una rivoluzione energetica, diventando al tempo stesso proprietari delle tecnologie rinnovabili. Il caso di Samsø è emblematico perché mostra il ruolo trasformativo della comunità durante la transizione energetica. L’instaurazione di rapporti cooperativi, una maggiore comprensione del funzionamento della produzione energetica, una migliore distribuzione dei benefici e la proprietà o la comproprietà di una tecnologia hanno portato alla creazione di un legame tra il parco tecnologico e la società. I residenti si sono resi conto di essere passati dall’essere semplici consumatori ad essere cittadini produttori, che attraverso la cooperazione trasformano le infrastrutture energetiche del territorio. La transizione energetica di fatto è più efficiente e più sostenibile quanto più il concetto di cittadinanza supera il mero status politico ed assume invece la connotazione di comportamenti sociali e collettivi pratici che hanno un impatto nella realtà.
Se l’accettazione sociale delle tecnologie a livello locale da un lato potrebbe essere una minaccia (T- Threat), dall’altro, il supporto sociale (S-Strength) a livello nazionale nei confronti delle energie rinnovabili marine appare essere alto. Gli italiani percepiscono la necessità di una transizione energetica e la supportano. Da una ricerca preliminare svolta localmente dall’Università di Siena emerge che, su 353 intervistati, il 92,6% è favorevole o molto favorevole ad installare le tecnologie rinnovabili marine sul territorio toscano. Ovviamente il campione, seppur di piccole dimensioni, è una prima misura di supporto pubblico nei confronti di queste innovative tecnologie.
Più supporto per lanciare il settore
Gli aspetti sociali trattati brevemente qui sono sicuramente una sfida, ma non vanno tralasciate le altre dimensioni menzionate precedentemente.
Se consideriamo infatti i fattori economici, tecnologici e legislativi allo stato attuale dello sviluppo, osserviamo importanti criticità da risolvere. La dimensione legislativa, ad esempio, è fondamentale per determinare un consistente apparato regolatore in grado di aumentare la fiducia degli stakeholder circa le effettive possibilità di realizzare progetti di questo tipo evitando stalli burocratici.
Ad oggi, in Italia, non esistono leggi che, in modo chiaro e univoco, definiscano le procedure da conseguire per potere procedere ad installare le tecnologie rinnovabili marine nei nostri mari (T-Threat). Inoltre, le competenze politiche e le responsabilità in materia sono in capo a diversi attori (Ministeri, Regioni e Comuni). Questo clima di frammentazione crea incertezze nell’ambito della finanza privata, scoraggiando gli investimenti in progetti di questo tipo (T-Threat). Inoltre, il settore della blue energy è un settore giovane che richiede costante impegno nella ricerca e importanti investimenti in innovazione e sviluppo.
Le tecnologie che sfruttano le energie rinnovabili marine sono, in questo momento, meno competitive (W-Weakness) rispetto ad altri dispositivi che utilizzano fonti fossili o rinnovabili più tradizionali (come il fotovoltaico o l’eolico su terraferma). In questo scenario, i finanziamenti pubblici potrebbero fare la differenza per sviluppare miglioramenti tecnologici, ma anche in questo caso esistono degli ostacoli. Il Decreto Ministeriale 23/06/2016 prevede dei finanziamenti per le fonti rinnovabili, ma nessuno di questi fondi viene riservato o indirizzato verso le tecnologie rinnovabili marine. Qual è il risultato? La maggior parte dei fondi viene intercettata da investitori per tecnologie più competitive e progetti più sicuri, rallentando così la ricerca e lo sviluppo tecnologico, quindi la riduzione dei costi, nei settori più innovativi comequello dell’Energia Blu.
Come si può notare, i fattori legislativi, economici e tecnologici sono fortemente collegati tra loro, e lo sviluppo di questo settore richiederebbe una maggiore attenzione delle istituzioni oltre che una maggiore sensibilità ambientale. Stimolare la creazione di leggi settoriali per meglio definire i processi di installazione delle tecnologie rinnovabili marine, snellendo al tempo stesso le procedure burocratiche, aiuterebbe gli investitori a sentirsi più sicuri rispetto ai possibili ostacoli che potrebbero presentarsi lungo l’iter di realizzazione. Al tempo stesso, prevedere a livello statale dei finanziamenti pubblici per queste tecnologie garantirebbe lo sviluppo tecnologico e le opportunità di ridurre i costi.
Perché l’energia blu?
Di fronte a queste sfide, appare normale domandarsi quali potrebbero essere i benefici. In termini economici e politici investire sulle energie rinnovabili marine significa aumentare l’indipendenza energetica nazionale (O-Opportunity), slegandosi così dalle fonti fossili che, oltre ad essere responsabili dell’effetto serra antropogenico, espongono al rischio di crisi geopolitiche internazionali e sono influenzate dal progressivo aumento dei costi di produzione che caratterizza le fonti non rinnovabili. Inoltre, le comunità potrebbero avere un controllo maggiore di queste risorse indigene (O-Opportunity), aspetto rilevante nell’ambito dell’equa allocazione delle risorse e dei benefici che derivano dal loro sfruttamento.
Oltre a questi aspetti, ovviamente devono essere considerati i benefici in termini ambientali. Queste tecnologie sfruttano risorse che derivano dal moto ondoso, dal vento in mare, dalle maree e dalle correnti. In Italia i potenziali di queste fonti di energia sono ridotti rispetto al Nord Europa, ma presentano comunque dei vantaggi. La stabilità nel tempo, l’intensità moderata oltre che la prevedibilità di questi fenomeni garantiscono un buon sfruttamento dell’energia marina (S-Strength), specialmente vicino alle due grandi isole italiane, la Sicilia e la Sardegna. Essere in grado di sfruttare tecnologie che ben si adattano alle caratteristiche delle fonti di energia esistenti,implica ridurre le emissioni, l’inquinamento e, di conseguenza, migliorare la qualità dell’aria e dell’ambiente che ci circonda (O-Opportunity). Promuovere questo tipo di tecnologie vuol dire combattere il cambiamento climatico e i suoi effetti. Vuol dire gettare le basi per una rivoluzione energetica sostenibile e rispettosa nei confronti delle future generazioni.
Ovviamente questo non vuol dire costruire nuovi impianti a energie rinnovabili marine per tutto il Mediterraneo. Il nostro mare è un ecosistema fragile che riveste un ruolo fondamentale per noi e per gli altri essere viventi che lo abitano. Lo sfruttamento delle energie rinnovabili marine deve essere attentamente pianificato in modo da limitare al massimo i possibili impatti negativi su flora e fauna marina, sul paesaggio e su altre attività sviluppate lungo le coste (ad esempio il turismo).
Le sfide nel breve periodo sono quindi tante, ma i benefici che l’energia blucomporta sono fondamentali nel lungo periodo. L’Unione Europea, consapevole di questi vantaggi, elabora direttive e finanzia progetti con lo scopo di accelerare lo sviluppo tecnologico nel settore della blue energy.
Nell’ambito del progetto Maestrale vengono sviluppati i cosiddetti Blue energy lab (Bel), per testare sul campo possibili progetti o prototipi di tecnologie per la produzione di energia da fonti rinnovabili marine. Una delle sedi Toscane sarà l’Isola del Giglio, che sarà teatro di uno degli incontri previsti dal Bel del progetto. Si tratta di un’opportunità importante per il territorio e per tutto il Paese, per non rimanere indietro in un settore che sarà centrale nei sistemi energetici sostenibili del nostro futuro. Vedremo cosa succederà nei prossimi mesi.
di Giulia Goffetti e Federico Maria Pulselli
Goffetti, G., Montini, M., Volpe, F., Gigliotti, M., Pulselli, F. M., Sannino, G., &Marchettini, N. (2018). Disaggregating the SWOT Analysis of Marine Renewable Energies. Frontiers in Energy Research, 6, 138.
Islar, M., and Busch, H. (2016). “We are not in this to save the polar bears!”–the link between community renewable energy development and ecological citizenship. Innov. Eur. J. Soc. Sci. Res. 29, 303–319. doi: 10.1080/13511610.2016.1188684