Legambiente, in Toscana «l’inquinamento atmosferico è in deciso miglioramento»
Restano però «alcune criticità» relative a Pm10, biossido di azoto e ozono, come conferma Arpat. Bisogna migliorare sul fronte della mobilità e della climatizzazione degli edifici
[29 Gennaio 2019]
Se a livello nazionale anche il 2018 è stato «un anno da codice rosso» per l’inquinamento atmosferico, in Toscana si notano miglioramenti: dal rapporto Mal’aria 2019 elaborato da Legambiente emerge infatti un bilancio fatto di luci e ombre per il territorio regionale, anche se è indubbio che il trend decennale segnala miglioramenti assai consistenti, specie sulle polveri fini. «La situazione dell’inquinamento atmosferico 2018 in Toscana è in deciso miglioramento, anche se permangono situazioni di criticità», dichiarano Fausto Ferruzza e Michele Urbano – rispettivamente presidente e responsabile del settore aria di Legambiente Toscana –, oggi in conferenza stampa a Firenze per illustrare i risultati del rapporto.
«Tali note dolenti – argomentano dal Cigno verde regionale – sono registrabili ancora nella Piana Lucchese (soprattutto per quel che concerne le polveri fini) e nella Piana fiorentina per il biossido di azoto. Rimane infine da commentare il dato sull’ozono (O3) un tipico inquinante secondario che si forma nella bassa atmosfera a seguito di reazioni fotochimiche che interessano inquinanti precursori prodotti per lo più dalle attività umane. A causa della sua natura, l’ozono raggiunge i livelli più elevati durante il periodo estivo, quando l’irraggiamento è più intenso e queste reazioni sono favorite», e ha condotto nel 2018 a sforamenti dei parametri di legge a Signa, a Settignano, a Montale, a Lucca Carignano, Grosseto.
Quello tracciato da Legambiente è un quadro coerente con i dati ufficiali messi insieme da Arpat, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana che proprio oggi ha pubblicato un report sull’inquinamento atmosferico aggiornato al 2018, in attesa che nei prossimi mesi venga resa disponibile la relazione annuale completa. I dati, ottenuti tramite la Rete regionale di monitoraggio della qualità dell’aria della Regione Toscana mostrano infatti che «permangono alcune criticità relative agli inquinanti particolato Pm10, biossido di azoto e ozono», anche se con performance in miglioramento.
Per quanto riguarda il Pm10 «la concentrazione media regionale registrata nel 2018 è pari a 21 µg/m3, leggermente inferiore rispetto alla media dell’anno precedente», e – come già da diversi anni – il valore limite relativo all’indicatore della media annuale di Pm10 «è stato ampiamente rispettato in tutte le stazioni» della Rete regionale attive; anche il limite di 35 superamenti della media giornaliera di 50 µg/m3 è stato rispettato in tutte le stazioni della rete regionale, con l’eccezione però «della stazione di fondo del comune di Capannori, presso la quale ne sono stati registrati 53». Più in generale, i superamenti nel 2018 sono stati «meno frequenti» rispetto all’anno precedente, e comunque distribuiti in modo disomogeneo, con «una maggior incidenza del fenomeno nelle zone interne di Firenze, nelle due zone di Prato e Pistoia e del Valdarno pisano e Piana lucchese. Il fenomeno dei superamenti del valore limite giornaliero è invece quasi assente nelle zone Costiera e Collinare e Montana».
Anche per il Pm2,5 la media regionale del 2018 è pari a 14,1 µg/m3, ovvero leggermente inferiore a quella degli ultimi due anni, e il limite normativo di 25 µg/m3 riferito all’indicatore della media annuale è stato rispettato in tutte le stazioni della Rete regionale; anche in questo caso però i valori più alti di Pm2,5 sono stati registrati, analogamente agli anni precedenti, dalla stazione di LU-Capannori (UF), che ha registrato 22 µg/m3 di media.
Guardando al biossido di azoto (NO2) si osserva che «la media regionale registrata è stata complessivamente pari a 21,7 µg/m3, inferiore di 2,3 µg/m3 rispetto al 2017», e in questo caso «il valore limite relativo all’indicatore della media annuale del biossido di azoto, imposto dal D.Lgs. 155/2010 e pari a 40 µg/m3, è stato superato soltanto presso la stazione di traffico di viale Gramsci (60 µg/m3), presso il comune di Firenze». Pure per l’NO2 i valori però stanno migliorando: confrontando le medie annuali degli ultimi due anni, Arpat nota infatti che «per ciascuna stazione i valori medi si sono mantenuti piuttosto costanti ma con una tendenza alla diminuzione».
Infine l’ozono, che nel 2018 conferma criticità per la Toscana: il valore obiettivo per la protezione della popolazione «è stato superato in 7 stazioni su 10 ed è stato raggiunto presso un sito», con una situazione problematica «in particolare per le zone interne toscane, ma i superamenti si sono verificati in tutte le zone della Regione».
Come migliorare? Posto che i principali attori dell’inquinamento atmosferica in Toscana – come del resto nell’Italia tutta – sono la mobilità su gomma e l’inefficiente climatizzazione degli edifici, occorre intervenire su questi fattori. Non a caso per Legambiente la sfida importante che oggi deve affrontare il Paese è quella di fare della mobilità sostenibile il motore del cambiamento e di ripensare le città per le persone, non per le auto; contemporaneamente è «fondamentale incentivare anche l’efficientamento energetico dei nostri edifici, in modo tale che il ciclo del riscaldamento/raffrescamento del patrimonio edilizio sia meno impattante sul piano delle emissioni in aria. Da questo punto di vista – osservano da Legambiente Toscana – il problema delle modalità vetuste e inquinanti per riscaldare le abitazioni concorre senz’altro a spiegare il dato sul particolato fine (Pm10 e Pm2,5) nella Piana di Capannori».