«La terra sta vomitando». Tra gli indios dopo lo tsunami minerario in Brasile (VIDEO)
I Pataxó Hã-hã-hãe di Naô Xohã non possono più pescare e fare il bagno in un fiume devastato dal fango tossico della diga della Vale
[31 Gennaio 2019]
Gli indios Pataxó Hã-hã-hãe vivono a 22 km a valle della diga mineraria di Brumadinho crollata il 25 gennaio e una spedizione del Conselho indigenista misionário (Cimi) e di Greenpeace Brasil li ha raggiunti 4 giorni dopo la tragedia. Come racconta Mariana Campos della campanha contra agrotóxicos di Greenpeace Brasil, «Siamo stati ricevuti dal Cacique Hayô Pataxó Hã-hã-hãe e dalla vice-Cacique Werymerry Pataxó Hã-hã-hãe» che hanno subito detto che la situazione delle 12 famiglie del villaggio è preoccupante: «Il tratto del Rio Paraopeba che passa accanto al villaggio è contaminato dagli sterili della Vale e quindi gli indios non possono usarlo per pescare e fare il bagno».
La vice-Cacique Werymerry ha spiegato che «Il primo momento è stato di disperazione perché un’altra tragedia di questo livello (quella di Mariana del Rio Doce del 2015, ndr) si era già verificata e tutti ne abbiamo potuto vedere le conseguenze di ciò. Così, finché non abbiamo capito quale fosse la vera situazione, abbiamo preso le persone più fragili del nostro villaggio e le abbiamo portate in cima alla collina. Mi sentivo impotente, perché le vite che ci sono nel villaggio dipendono da noi, così, come leader, mi sono sentito perso«».
Nel villaggio di Naô Xohã attualmente ci sono 7 donne incinte, 2 anziani e 19 bambini e Antonia Remunganha, 88 anni, la più vecchia della comunità, ha raccontato come ha vissuto gli ultimi eventi «E’ stata una tragedia molto dolorosa. Sono morte così tante persone che sono morte. Mangiavamo un po’ di pesce … Oggi nessuno può prendere un pesce da mangiare. Il fiume è diventato fango. Cosa ne sarà di noi?» Lungo le rive del Rio Paraopeba, l’odore del pesce morto è nauseabondo e, per mitigare il pyzzo ed evitare la proliferazione delle zanzare, gli indios stanno seppellendo i pesci. Senza la loro principale fonte di cibo e acqua, gli indios Pataxó Hã-hã-hãe dipendono totalmente dalle donazioni. Jorge Luiz de Paula, coordinatore regionale della Fundação Nacional do Índio (Funai), arrivato nel villaggio poco dopo il team di Greenpeace e Cimi, ha detto: «Siamo qui alla ricerca di alternative. Inizialmente, il volontariato, che è dove c’è già disponibilità di risorse». Ma la Campos fa notare che «Fino al giorno della nostra visita, la Vale non aveva ancora contattato la comunità. Werrymery mi ha mostrato due bottiglie di campioni d’acqua del fiume. Una l’ha raccolta non hanno saputo del crollo, quando il fango tossico non aveva ancora raggiunto il villaggio, e l’altra, due giorni dopo, quando gli sterili hanno raggiunto quel punto del fiume. Il contrasto cromatico è forte, che va da un marrone quasi cristallino a un marrone terroso».
La Werrymery ha detto: «La terra vomita, quindi non sta bene. Tutto ciò che distrugge la natura si distrugge. Quest’acqua è importante per la comunità. Il nostro rapporto con il fiume è molto speciale perché i Pataxó provengono da una goccia d’acqua caduta sulla terra».
E gli indio Pataxó Uh-uh-hae rivelano che i problemi causati da Vale erano iniziati molto prima della tragedia del 25 gennaio: 6 mesi fa c’è stata unna moria di pesci e gli indios avevano già capito che gli sterili provenienti dalle dighe minerarie della Vale stavano contaminando il fiume, perché hanno notato un piccolo moria di pesci. Avevano contattato la compagnia mineraria, che aveva minimizzato promettendo che avrebbe fatto lavare meglio i camion che passavano vicino al fiume.
«Non hanno fatto niente, è venuta giù la diga a distruggere ancora una volta», si lamenta il dal Cacique Hayô, che è anche molto preoccupato perché il nuovo governo del presidente neofascista Jair Bolsonaro ha proposto di consentire l’estrazione in territori indigeni. «Dobbiamo avere rispetto per la natura e dire no all’industria mineraria» sottolinea il capo indios. Nella lingua Pataxó, Naô Xoha significa “Spirito Guerriero” e la Campos evidenzia: «Quando abbiamo lasciato il villaggio, ero sicura che i Pataxó combatteranno fino alla fine per la salvaguardia della loro gente e del loro territorio. Perché, come mi ha detto Cacique Hayô, “Essendo un popolo Pataxó, senza natura non siamo un popolo Pataxó”».
Finora i morti provocati dal crollo della diga Córrego do Feijão della Vale a Brumadinho sono una quarantina e i dispersi che nessuno spera più di trovare sono quasi 300, 80 case non esistono più. Dopo il crollo della diga, 6 sei prefetture dei comuni del bacino del Paraopeba, hanno ordinato alla popolazione di tenersi lontana dal fiume e alcuni quartieri sono stati evacuati. Anche alle famiglie indios è stato detto di non avvicinarsi al letto del fiume o di non usare le sue acque. Secondo il cacique Háyó «E’ Madre Natura che vomita quello che sta facendo l’uomo bianco. Siamo tristi, i pesci stanno morendo … è brutto da vedere. Se tutto finirà finisce una cosa che è di sostentamento non solo per i Pataxó, ma per diverse famiglie», grazie al fiume i Pataxó-hã-hãe riuscivano a coltivare manioca, mais, banani, alberi da frutto, verdure, ora non sanno come sopravviveranno sulle rive di un fiume inquinato.
I Pataxó-hã-hãe hanno paura di fare la fine del popolo Krenak: fino al 2015, quando crollo un’altra diga mineraria della Vale, circa 126 famiglie vivevano pescando e cacciando in 7 villaggi sulle rive del Rio Doce ma, con l’inquinamento provocato da quello che è stato il più grande disastro ambientale della storia del Brasile, i Krenak dipendono ora dagli aiuti statali e dai prodotti alimentari acquistati nei supermercati: non possono più coltivare, gli animali sono scomparsi e il fiume resta inutilizzabile, visto che la bonifica richiederà più di un decennio.
Da una prima analisi fatta dal Wwf Brasil, basata su immagini satellitari del crollo della diga di Brumadinho e sulle mappe prima della tragedia, emerge che «Sono andati persi circa 125 ettari di foreste, equivalenti a più di un milione di metri quadrati, o 125 campi da calcio». L’area colpita dallo tsunami minerario di Brumadinho è particolarmente delicata: si tratta di uno degli ultimi brandelli di Mata Atlântica in transizione verso il Cerrado, che inizia a pochi chilometri a valle. Il Wwf dice che la tragedia ha ulteriormente frammentato gli habitat della foresta, ostacolando la connettività di queste aree.
Per Mauricio Voivodic, direttore esecutivo del Wwf Brasil, «L’industria mineraria deve ricercare e investire in processi a basso impatto e rischio, come nei processi a secco che non comportano dighe di scarico e promuovono un cambiamento nell’intero sistema di produzione. Questi cambiamenti urgenti devono essere guidati da forti normative ambientali», Ma è esattamente qul che non vogliono fare l’industria mineraria e il governo Bolsonaro.
Il Wwf Brasil avverte che gli effetti del nuovo tsunami minerario saranno duraturi anche sulla vita acquatica e la fauna terrestre che dipende più direttamente dal corso del fiume: «I sedimenti continueranno a spostarsi, seguendo il corso del Rio Paraopeba e probabilmente saranno per lo più trattenuti nella diga Retiro Baixo HPP. Tuttavia, i sedimenti più fini continueranno ad essere trasportati dal fiume e non è possibile stabilire come e quando questi sedimenti verranno diluiti. Sarà un lungo processo di cambiamento dell’ecosistema che potrebbe influire sulla vita acquatica anche nel fiume São Francisco perché l’acqua diventerà più torbida ogni volta che pioverà pesantemente nella zona in cui si accumula il fango. Il Rio Paraopeba è un importante affluente del fiume São Francisco, uno dei più emblematici del Brasile, che raggiunge il nord-est, il che minaccia ulteriormente la sicurezza idrica di milioni di brasiliani. Se gli sterili raggiungono il bacino idrico della centrale idroelettrica di Três Marias, uno dei più grandi del sistema energetico nazionale e di grande importanza regionale, possono influenzare la produzione di energia dell’impianto e il funzionamento di altre unità installate lungo il fiume São Francisco. Tre Marias ha ancora un’importanza strategica per il controllo del flusso del fiume, dato che regola le acque che confluiscono nel complesso idroelettrico di Sobradinho/Paulo Afonso/Xingó, il più grande nel Nord-Est, che produce circa il 95% dell’energia nella regione. Un altro impatto del volume degli sterili che raggiunge la diga dell’impianto è la riduzione della sua vita utile, che dipende direttamente dal volume dei sedimenti. Il fiume porta naturalmente sedimenti che tendono ad accumularsi nella parte inferiore dei bacini, perché in questo ambiente la velocità dell’acqua è molto bassa. Con l’aumentare della quantità di sedimenti nel fondo, la capacità di accumulare acqua e quindi di generare energia è ridotta».
Il Minas Gerais. Lo Stato brasiliano dove sono avvenute le due tragedie minerarie di Brumadinho e del Rio Doce, ha il record mondiale di incidenti alle dighe minerarie: il 25% del totale globale.
Bruno Milanez, che coordina un team ricerca sull’estrazione mineraria e l’ambiente dell’Universidad Federal de Juiz de Fora, la seconda città del Minas Gerais dopo la capitale Belo Horizonte, ha detto alla Folha de São Paulo : «Non è in discussione se ci saranno altri incidenti, ma quando avverranno. Le compagnie espandono le loro miniere quando sale il prezzo del minerale e tagliano i costi di manutenzione, poi i loro depositi di sterili esplodono». Belo Horizonte, con i suoi 2,5 milioni di abitanti, è circondata da miniere che hanno spianato le sue colline e minacciato le sue acque. Brumadinho è a 40 Km in linea d’aria e fa parte della sua regione metropolitana. Intanto, sempre nelle vicinanze di Belo Horizonte, ci sono miniere la cui scorie minacciano il Parque Rola Moça e le Sierras del Curral y de Piedade.
Gli esperti dicono che sono proprio le imprese a rendere difficile prevenire gli incidenti: «Ci sono aziende che dichiarano bancarotta dopo aver sfruttato i depositi per un po ‘di tempo, lasciandosi dietro pesanti responsabilità ambientali». Nel caso di Brumadinho, la Vale – che possiede altre 140 miniere in Brasile – aveva ottenuto l’autorizzazione per espandere la miniera, presentando la proposta insieme alla disattivazione degli sterili, ma anche nella commissione che ha dato il via libera ci sono stati astenuti perché il progetto presentava elementi positivi e negativi, come l’approfondimento dello scavo minerario che contaminerebbe la falda freatica che rifornisce la popolazione dell’intera area.
La tragedia umana e ambientale di Brumadinho è arrivata solo tre giorni dopo che il presidente del Brasile Bolsonaro si è presentato al World economic forum di Davos dicendo: «Siamo il Paese del mondo che preserva di più l’ambiente».
Ora, sui social network brasiliani in centinaia sperano che la catastrofe di Brumadinho porti il governo di destra a riconsiderare la decisione di ridurre le protezioni dell’ambiente, ma Bolsonaro e i sui generali “tirano dritto”, come diceva e direbbe qualcuno in Italia.