Un veliero africano di plastica riciclata contro l’inquinamento da plastiche dell’oceano (VIDEO)
E gli studenti di Oxford e delle Seychelles ripuliscono l’atollo di Aldabra
[21 Febbraio 2019]
Dopo aver navigato per 500 Km dall’isola keniana di Lamu a Stone Town, a Zanzibar, in Tanzania, Flipflopi, il primo veliero dhow al mondo costruito in plastica riciclata, è riuscito a portare anche in un pezzo di africa la consapevolezza che bisogna fare immediatamente qualcosa per affrontare una delle più grandi sfide ambientali dei nostri tempi: l’inquinamento da plastica del mare.
Il progetto Flipflopi nasce nel 2016 da un’idea del viaggiatore keniano Ben Morison e dall’impegno dell’imprenditore Dipesh Pabari, l’imbarcazione è stata costruita da degli artigiani e da un team di ambientalisti volontari che per tre anni hanno raccolto 10 tonnellate di plastica sulle spiegge di Lamu e nelle strade di Nairobi, Malindi e Mombasa. La plastica è stata selezionata e poi inviata a degli impianti di riciclo locali dove è stata trasformata in “tavole” che il mastro d’ascia Ali Skanda e i volontari hanno trasformato in un veliero. Il dhow prende il nome dalle 30.000 ciabatte infradito riciclate utilizzate per decorare il suo scafo multicolore.
La campagna Clean Seas dell’United Nations evironmente programme (Unep) ha subito sostenuto Flipflopi nel suo viaggio lungo la costa dell’Africa orientale iniziato il 23 gennaio e terminato il 7 febbraio con l’obiettivo di «incitare i cittadini dell’Africa e del mondo a prendere maggiormente coscienza dei pericoli dell’inquinamento da plastica. Clean Seas ha preso il via nel 2017 per sollecitare governi. Imprese e cittadini a eliminare entro il 2022 le principali fonti di rifiuti marini: le microplastiche nei cosmetici e le plastiche monouso. L’Unep ricorda che «Ogni anno, più di 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani, distruggono la fauna marina, la pesca e il turismo, causando danni per almeno 8 miliardi di dollari agli ecosistemi marini. Fino all’80% dei rifiuti negli oceani sono plastica».
Durante il suo viaggio, Flipflopi ha fatto diversi scali per informare gli abitanti del Kenya e della Tanzania di quel che possono fare per ostacolare la diffusione dei rifiuti di plastica tossici. In Kenya il dhow in plastica riciclata ha fatto tappa nelle città costiere di Kipini, Malindi e Mombasa, dove sono stati organizzati dei laboratori per permettere alle comunità locali di comprendere meglio le conseguenze dello sversamento dei rifiuti nell’oceano e mostrare ai ragazzi come creare nuovi oggetti utili a partire dalle bottiglie di plastica buttate via.
Ma la crociera di Flipflopi è servito anche a far prendere precisi impegni ai decisori politici. Secondo L’Unep, «Uno dei più importanti è l’impegno preso a chiudere la discarica incontrollata di Kibarani a Mombasa, che rilascia un’acqua tossica che percola direttamente nell’oceano. Kibarani sta per essere bonificata e ripiantumata con alberi. I rifiuti verranno eliminati in un nuovo sito in modo più rispettoso per l’ambiente».
Un altro risultato della campagna è la decisione di 29 imprese, tra le quali 22 hotel, di ridurre i loro rifiuti di plastica vietando l’utilizzo di bottiglie e altri prodotti in plastica monouso come le cannucce.
L’iniziativa si inscriva nel quadro degli sforzi del Kenya – che ospita la sede centrale dell’Unep – di diventare un pioniere africano e mondiale della lotta contro l’inquinamento da plastica. Nell’agosto 2017 il governo di Nairobi ha approvato il divieto più severo del mondo contro i sacchetti di plastica: chiunque produca o venda un sacchetto di plastica rischia una pena detentiva fino a 4 anni o una multa di 40.000 dollari
La prossima tappa dell’equipaggio di Flipflopi sarà la capitale kenyana Nairobi, dove dall’11 al 15 marzo capi di Stato, ministri dell’ambiente, ambientalisti, ONG e amministratori delegati di multinazionali si riuniranno per la quarta Assemblea dell’Unep.
Intanto, più a nord nell’Oceano Indiano, in un altro Paese africano, le Seychelles, sta per arrivare i un team di studenti dei dipartimenti di botanica e Zoologia e di scienza dei materiali dell’università di Oxford che dal 22 febbraio daranno il via, insieme ai volontari della Seychelles Islands Foundation (Sif) al progetto Aldabra Clean-Up: 5 settimane collaborazione tra l’Università di Oxford e la Seychelles Islands Foundation (SIF).
Il team di 12 volontari britannici e seychellois hanno un obiettivo ambizioso: ripulire l’atollo di Aldabra, un paradiso gravemente colpito dall’inquinamento da plastica.
Aldabra è uno dei più grandi atolli del mondo e ospita specie uniche, tra cui 150.000 tartarughe giganti di Aldabra, ma nonostante il suo isolamento e il fatto che sia protetto, questo sito patrimonio dell’umanità dell’Unesco sperso nell’Oceano Indiano non è sfuggito alla minaccia di rifiuti marini.
All’università s di Oxford spiegano che «Grandi quantità di spazzatura si sono accumulate lungo la costa, compresi oggetti di uso quotidiano, come spazzolini da denti e infradito. Questo ostruisce i siti di nidificazione delle tartarughe marine in via di estinzione e inquina le praterie costiere dove pascolano le tartarughe giganti».
Ivan Capricieuse del Sif sottolinea che «Le persone nelle Seychelles hanno sempre visto Aldabra come intatta e sono scioccate quando mostro loro le foto e i video di quello che c’è sulle spiagge di Aldabra».
Il progetto pulirà Aldabra nel solo modo possibile; a mano, con duro lavoro e determinazione. Studenti e ambientalisti locali si sposteranno lungo la costa dell’atollo, accumulando la plastica raccolta in siti dove potranno essere caricati su una chiatta. Il team Oxford-Sif effettuerà anche indagini sistematiche sui rifiuti e tenterà di scoprire la loro origine, anche grazie ai modelli delle correnti oceaniche.
Gli organizzatori dell’ Aldabra Clean-Up non si nascondono le difficoltà: «l terreno è estremamente difficile e le condizioni saranno difficili, ma il team è ben preparato e ha trascorso l’ultimo anno a raccogliere fondi, condurre attività di sensibilizzazione e sviluppare specifici obiettivi di ricerca che informeranno la gestione di questa minaccia su Aldabra e in altre isole remote».
April Burt, la co-leader del progetto, che sta studiando al The Queen’s College ha detto che «Aldabra è la prova che con sufficiente forza di volontà possiamo salvare i posti speciali della Terra. Ma la continua minaccia della plastica ci mostra che dobbiamo agire come una vera comunità globale»
Lindsay Turnbull, amministratore fiduciario di Sif, conclude: «Il progetto offre un’incredibile opportunità agli studenti laureati a Oxford, che sono profondamente preoccupati per lo stato dell’ambiente: lavorare in collaborazione con brillanti giovani delle Seychelles, che sono ugualmente impegnati. Spero che questa collaborazione ispiri i giovani di tutto il mondo a capire che possono fare qualcosa per fare la differenza. Le sfide che affliggono il mondo naturale sono enormi, ma non possiamo ignorare la portata del problema».