La storia di Narcisa: sì al caffè, no alla miniera
Narcisa ha 36 anni, un viso dolce e soave come il caffè che produce. È la prima donna coltivatrice di caffè della valle: «Non c’è pregiudizio nei miei confronti. Mi guardano e mi considerano con un misto di sorpresa e ammirazione». Otto anni fa ha deciso di abbandonare l’università al terzo anno e tornare a vivere Cuellaje, piccolo paesino nelle montagne della Valle del Rio Intag, in Ecuador, perché al padre venne diagnosticata una malattia degenerativa.
Il padre coltiva caffè da sempre. Ha costruito una casa vicino al suo appezzamento di terreno di circa 4 ettari, che si estende per una parte al di sopra della strada principale e per una parte al di sotto, fino al fiume. Narcisa al terzo anno del corso Scienze naturali abbandona gli studi per rilevare l’attività del padre e continuare a coltivare caffè. Non rimpiange la scelta perché a lei è sempre piaciuta la terra, coltivarla, coglierne i suoi frutti ed è decisa a conservare, attraverso il suo lavoro, il fantastico ecosistema della valle.
In un sapiente equilibrio agroforestale il caffè è coltivato all’ombra di banani e piante da frutto, che consentono al terreno di mantenersi ricco di sostanze nutritive e al caffè di avere un aroma unico.
La giornata di Narcisa comincia presto: alle 5,30 del mattino si sveglia per sistemare un po’ casa, preparare la colazione al figlio e accompagnarlo a scuola per le 7. La scuola è a venti minuti a piedi dalla finca (la tenuta, ndr) e Thomas, un bambino vivace di 6 anni, è contento di andarci. La madre nel frattempo torna a casa a curare il campo, toglie le erbacce, raccoglie la frutta e le ciliegie di caffè quando sono mature e poi si reca al di là della strada verso il fiume. In quella parte di campo si trovano le attrezzature per la spolpatura delle ciliegie di caffè, l’acqua per il lavaggio e gli essiccatoi.
A mezzogiorno è già ora di andare a prendere Thomas a scuola. Quando Narcisa ha troppo lavoro nel campo sua madre l’aiuta facendo trovare a lei e al nipote il pranzo pronto. Nel pomeriggio lo aiuta con i compiti e alla fine se ne vanno nel campo insieme a finire gli ultimi lavoretti prima del tramonto. A Thomas piace la vita all’aria aperta, così come seguire la mamma nel campo e aiutarla a prendere qualche ciliegia di caffè, i frutti e a correre su e giù per il terreno scosceso.
Narcisa è appassionata del suo lavoro: cura le sue piante con dedizione, ammira i suoi frutti ed è orgogliosa di portare i suoi sacchi ad Aacri, l’associazione di cafficoltori della vicina Apuela che cura la tostatura e la commercializzazione del caffè del Rio Intag. Aacri è nata nel 1998 e oggi conta circa 150 soci. L’associazione nasce come alternativa economica all’estrazione mineraria di rame, che fino ad oggi gli abitanti della valle sono riusciti a non far partire attraverso numerose ed efficaci mobilitazioni ma che adesso, con la concessione che lo Stato ecuadoriano ha dato nel febbraio scorso alla cilena Coldelco, sembra davvero vicina all’apertura. L’azienda cilena sta già operando nell’area, e dopo aver effettuato i carotaggi sta affidando a diversi giovani della valle il compito di reperire ulteriori campioni di terreno per le analisi. Sotto una delle più belle valli dell’Ecuador, dichiarata hotspot della biodiversità dell’Unesco, c’è un ricco giacimento di rame e forse di oro che il governo ecuadoriano, nonostante le iniziali rassicurazioni e una legge costituzionale prima al mondo a riconoscere il diritto alla natura, ora ha deciso di far fruttare.
Narcisa insieme agli altri cafficoltori di Aacri lotta contro l’insediamento di questa miniera: «Nella valle produciamo la frutta, i fagioli e altri prodotti del campo per gran parte della regione di Imbabura. Il caffè è un prodotto tradizionale e di eccellenza della nostra zona. Non vogliamo rinunciare a tutto questo e per questo diciamo no alla miniera», dice Narcisa stringendo a sé il piccolo Thomas. Ha appena finito di seguire un corso di assaggio e cupping che la Fondazione Lavazza ha offerto come contributo, non solo economico, al progetto di Cospe “Cacao corretto” iniziato nel 2016, che sostiene le filiere del cacao e del caffè in 4 regioni dell’Ecuador del nord. Narcisa è entusiasta dell’esperienza, perché le permetterà di migliorare la sua produzione e perseguire il suo sogno di aprire una caffetteria insieme ad altre di donne di Cuellaje, il piccolo borgo vicino alla sua finca.
di Anna Meli, Cospe onlus per greenreport.it