Clima, ora anche la Merkel si impegna per una Germania a emissioni nette zero entro il 2050
La svolta dopo l’appello di Francia, Paesi Bassi, Svezia, Portogallo, Danimarca e Finlandia. Italia sempre più isolata
[15 Maggio 2019]
La Germania è di gran lunga la più importante economia europea e la prima potenza industriale dell’Ue: una performance che si rispecchia sul quadro delle emissioni climalteranti emesse dal Paese, che rappresentano il 22,5% di tutte quelle dell’Unione europea. Il vento però sta cambiando. Nell’ultimo anno le emissioni tedesche di CO2 legate all’impiego dei combustibili fossili sono calate del -5,4% mentre il Pil è cresciuto del +1,4% (a fronte dei ben più timidi dati italiani, pari rispettivamente a -3,5% e +0,9%), e ieri Angela Merkel ha promesso di stilare una tabella di marcia per ridurre a zero le emissioni nette di CO2 della Germania entro il 2050.
Intervenendo al Petersberg climate dialogue di Berlino, la cancelliera ha spiegato che «ciò non significa garantire che non ci saranno assolutamente emissioni di CO2, ma che se ne rimarranno di residue dovremo trovare meccanismi alternativi per immagazzinare questa CO2 o compensarla». Nel primo caso è possibile ricorrere alle controverse tecniche Ccs (cattura e stoccaggio del carbonio) o seguire la strada del Cco (cattura e reimpiego del carbonio, ad esempio nell’industria alimentare), nel secondo invece è necessario investire sulla capacità di assorbimento dei gas climalteranti da parte degli ecosistemi naturali. «Propongo quindi di discutere nel Gabinetto sul clima su come raggiungere l’obiettivo di rendere la Germania CO2-neutrale entro il 2050, e la discussione non dovrebbe riguardare il raggiungimento di tale obiettivo, ma il modo in cui raggiungerlo», ha concluso Merkel.
Viste le dimensioni dell’economia tedesca e l’influenza politica della Germania nel Vecchio continente si tratta potenzialmente di un annuncio dalla portata estremamente significativa, che arriva dopo un’iniziale rinuncia ad aderire alla richiesta lanciata alla vigilia del vertice di Sibiu da Francia, Paesi Bassi, Svezia, Portogallo, Danimarca e Finlandia per rendere l’Ue a emissioni nette zero entro il 2050 (sostenendo così di fatto la proposta arrivata dalla Commissione europea lo scorso autunno).
Né la Germania né l’Italia hanno aderito, temendo ripercussioni negative a livello economico, ma la svolta tedesca cambia le carte in tavola e rende l’obiettivo più raggiungibile; il nostro Paese – che all’interno del Piano nazionale energia e clima proposto dal Governo gialloverde neanche considera l’orizzonte 2050, fermandosi al 2030 – si trova invece ulteriormente isolato, sia a livello politico sia nella (scarsa) ambizione delle politiche climatiche. E pensare che vive proprio all’interno dei confini italiani l’unica area vasta d’Europa – e probabilmente del mondo – ad avere già raggiunto l’obiettivo della neutralità climatica certificato ISO 14064: ormai dal 2011 il territorio della provincia di Siena (composto da 3.820 kmq e 272.638 abitanti, distribuiti su 35 Comuni) è carbon neutral grazie ad interventi che hanno favorito l’impiego di risorse rinnovabili (arriva ad esempio dalla geotermia il 92% dell’elettricità prodotta sul territorio), una virtuosa gestione dei rifiuti e interventi di compensazione per le emissioni favorite dall’ampia copertura forestale presente sul territorio. Un esempio che l’Italia intera potrebbe e dovrebbe ambire a emulare, mentre invece rimane incomprensibilmente fanalino di coda nelle politiche climatiche continentali.