Perché la conservazione compassionevole non funziona
Una teoria molto occidentale, appartenente a certi privilegiati e a un’opinione pubblica urbana
[20 Maggio 2019]
«L’idea che non si possa uccidere nessun animale è “fatalmente viziata” come concetto di conservazione. Le misure di conservazione dovrebbero concentrarsi su specie o habitat piuttosto che su singoli animali, Le specie invasive spesso richiedono l’abbattimento di massa di un animale per proteggere una specie in via di estinzione. Con la cosiddetta “conservazione compassionevole”, tale approccio non sarebbe consentito».
Sono le conclusioni alle quali è arrivato un team di scienziati e uno di loro,, Kartik Shanker dell’Indian Institute of Science, sottolinea in un’intervista a Mark Kinver su BBC News che «Il problema è che conservazione e sostenibilità richiedono una varietà di approcci: devi essere pluralista sia per gli approcci culturali che scientifici. Esiste un consenso universale sul fatto che il benessere degli animali è importante, con questo intendiamo mirare a ridurre la crudeltà verso gli animali e questo vale sia per la biodiversità selvatica che per gli animali domestici. Siamo d’accordo che la crudeltà dovrebbe essere ridotta al minimo. Penso che il problema sorga quando la conservazione compassionevole afferma che non si dovrebbero uccidere animali per nessuna ragione».
Shanker e il suo team si riferiscono a un documento pubblicato nel 2018 da un altro gruppo di scienziati che delineava il quadro della conservazione compassionevole delle specie attraverso 4 principi chiave: Non fare del male; Gli individui contano; Inclusività; Coesistenza pacifica. Ma il nuovo studio mette in dubbio la filosofia “no kill”: «Il nostro punto di vista è che la conservazione compassionevole … è fortemente imperfetta: la compassione non deve precludere l’uccisione umana di un animale se riduce la sofferenza dell’animale, migliora la sopravvivenza della specie o del suo habitat, o salvaguarda la vita umana o altre specie più minacciate».
Shanker aggiunge: «Per esempio, diamo un’occhiata alle specie invasive. La conservazione compassionevole afferma che non si dovrebbero eradicare le specie invasive perché uccidere animali è cattivo, ma ci sono centinaia di migliaia di gatti che stanno uccidendo milioni di uccelli, causando un problema dal punto di vista della conservazione. Se decidi di non uccidere i gatti, con chi sei compassionevole?»
Secondo uno studio del 2010, il ratto delle chiaviche (Rattus norvegicus) e la specie più invasiva d’Europa, e la maggior parte delle persone accetta che i numeri dei ratti debbano essere controllati, anche se in ITalia l’eradicazione dei ratti a Montecristo e in altre isole dell’Arcipelago Toscano per proteggere la nidificazione delle berte ha visto l’opposizione di animalisti e anti-parco alleati. Nella Georgia del Sud, un’isola nell’Atlantico meridionale molto più grande di Montecristo, è stata eradicata la popolazione di ratti per proteggere le specie di uccelli in via di estinzione, come l’albatro.
Ma gli scienziati non si nascondono che l’eradicazione di altre specie possono presentare un dilemma più impegnativo. BBC News fa l’esempio dell’abbattimento dei tassi (Meles meles) voluta dal governo britannico per arginare la diffusione della tubercolosi bovina tra il bestiame, che è stata criticata da animalisti, ambientalisti e molti scienziati. Nell’Asia meridionale e nell’Africa meridionale i conflitti tra gli esseri umani i grandi felini o gli elefanti e altri erbivori mettendo in pericolo vite e mezzi di sostentamento. Gli scienziati si chiedono se in questi casi, è giusto e corretto eliminare l’animale “pericoloso”.
L’approccio compassionevole alla conservazione degli animali è in gran parte visto come una teoria molto occidentale, appartenente a certi privilegiati e a un’opinione pubblica urbana che ha ormai perso il contatto con la natura selvaggia e con la sua ferocia. Shanker conclude: «E’ chiaro che ci sono numerosi episodi in cui l’adozione di un approccio compassionevole alla conservazione chiaramente non guarda agli obiettivi più ampi della conservazione della biodiversità. L’imposizione di una visione del mondo diversa a una comunità locale spesso non ha rispettato dei valori e della cultura della gente. Pertanto, imporre una tale visione, renderebbe molto difficile convincere quella comunità del valore di cambiare il loro modo di fare le cose per proteggere una specie o un habitat».